La rezdora era la reggitrice che governava i lavori di casa, quella figura femminile che aggregava nuclei familiari compositi, intere famiglie estese intorno ad una unica e baricentrica logica produttiva. Sotto l’egida di questa imponente figura, nascevano e si sviluppavano le corti, intese come nuclei produttivi territoriali, ovvero nella duplice accezione di aggregazioni familiari e in quella di vere e proprie signorie rinascimentali.
Da qui nascono le corti padane dei Gonzaga, dei Bentivoglio, dei Da Correggio, dei Roberti, degli Estensi, immortalati nei dipinti del Correggio, di Lelio Orsi, dei maestri di scuola bolognese o ferrarese, quelle corti che lasciarono tracce visibili nei palazzi, nelle piazze con i carrateristici portici e in tutti quegli elementi caratterizzanti le architetture della “bassa” emiliana. Queslla stessa “bassa” resa celebre dai racconti di Don Camillo e Peppone.
In quesi luoghi nasce l’aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia, ottenuto per fermentazione zuccherina e acetica del mosto d’uva cotto e per affinamento dello stesso, un lungo periodo di invecchiamento all’interno di una batteria di piccole botticelle di legni (vengono utilizzate principalmente botticelle di legno di rovere, castagno, gelso, ciliegio, frassino, robinia e ginepro) differenti a grandezza scalare. Da cui i travasi annuali e i periodici rabbocchi. Affinamento favorito dalle particolari condizioni climatiche e ambientali dei sottotetti delle vecchie abitazioni di luoghi caratterizzati da inverni rigidi e estati calde e ventilate.
Un prodotto largamente amato anche in passato, basti pensare che Ludovico Ariosto, nella terza delle sue Satire, scriveva “in casa mia mi fa meglio una rapa c’io coco, e cotta s’uno stecco inforco e mondo e spargo poi d’aceto e sapa” o Fausto Sestini che nel 1863 affermava che “nelle province di Modena e Reggio Emilia si prepara da tempo antichissimo una particolare qualità di aceto a cui le fisiche apparenze e la eccellenza dell’aroma fecero acquistare il nome di Aceto Balsamico”.
Un prodotto tutelato dal marchio a Denominazione d’Origine Protetta e regolamentato dalla presenza di un disciplinare rigoroso e restrittivo, che prevede mosto d’uva cotto proveniente esclusivamente dalla provincia di Reggio Emilia. Prodotto che ha conosciuto una accelerazione velocissima in termini di riconoscibilità presso il grande pubblico e collocabilità sul mercato della stessa grande distribuzione.
A prezzi ovviamenti sostenuti, trattandosi di produzioni comunque limitate e modalità di lavorazione che non possono essere né industriali né su larga scala. Secondo il disciplinare di produzione della DOP (riconosciuta, dopo una tradizione millenaria, nel 2000 da parte della Comunità Europea) esistono due tipologie produttive denominate “affinato”, ovvero da barili in produzione da almeno 12 anni, ed “extravecchio”, ovvero da barili in produzione da almeno 25 anni.
L’aceto è certificato nelle vendite dalla presenza del caratteristico tappo in sughero legato con dello spago e sigillato con ceralacca rossa su cui è impresso il marchio della DOP. Diversi sono gli organismi di promozione di questo straordinario prodotto, a partire dal “Consorzio fra Produttori di Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia” e la “Confraternita dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia” che organizza ogni anno il “Palio Matildico” che attarverso l’assaggio di molti campioni, decreta il migliore Aceto balsamico della provincia di Reggio Emilia e le migliori batterie.
Altra gemma è il Parmigiano-Reggiano, il formaggio a pasta dura, semigrasso, cotto, a lenta stagionatura, prodotto ancora con tecniche artigianali e maturato per due anni, con un contenuto proteico così elevato da essere entrato in maniera prepotente nella nostra alimentazione.
Un formaggio unico al mondo, per qualità e valore alimentare, conosciuto già nel 1350, quando il Boccaccio ne testimoniava, nel suo Decamerone, l’esistenza. Nato nella media vallata dell’Enza, a cavallo delle province di Parma e Reggio Emilia, la denominazione si è estesa, in termini di comprensorio di produzione, anche ai territori delle province di Bologna (zona a sinistra del Reno), Mantova (zona a destra del Po) e Modena.
Si tratta della zona cosiddetta “tipica”, tutelata da una specifica legge che impone anche la totale assenza di conservanti, coloranti e antifermentativi. Da non dimenticare, se si viene a mangiare da queste parti, lo gnocco fritto, ovvero quella pasta che si gonfia a contatto con lo strutto bollente, da accompagnare ai tipici salumi locali.
Strada dei Vini e dei Sapori delle Corti Reggiane
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Tel. 338 4788058\0522 272320
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Iole Piscolla scrive da anni di turismo ed enogastronomia. E’ un tecnico di Strade del vino e da tre anni dirige il Centro Studi e Servizi alle...
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