Una confraternita enoica di intelligenti ed estroverse signore del buon gusto, l'Imperial Castellania di Suavia, suscita ogni anno la curiosità del veronese con le nomine di Castellane e Spadarini, personalità prescelte fra donne e uomini che si sono distinti nel loro campo solo ed esclusivamente per le virtù dell'intelletto. E così sfilano annualmente nel Castello di Soave attori, personaggi della cultura, del giornalismo, dello sport e dello spettacolo; ed è curioso, ma poi non così tanto se vi si partecipa, vedere Carla Fracci o Katia Ricciarelli farsi bagnare il viso dalle "consorelle" Castellane con il magico vino Soave mentre Nenè Lovat, presidentessa dell'Imperial Castellania, consegna la simbolica chiave e pronuncia la formula rituale "Siete Castellana delle antiche terre del Vin Bianco di Suavia".
Con queste singolari nomine, che hanno del suggestivo oltre che del folcloristico, le Castellane vestite con manto dorato, celebrano le qualità del vino Soave dedite come sono - ricorda la tradizione - alla "sapiente e dosata degustazione del soavissimo vin bianco di Suavia, da esse ritenuto sovrana panacea capace di vellutar la pelle del viso, degli eburnei seni e dei morbidi, bianchi, glutei".
Il Soave tanto amato già da Dante e nel Purgatorio decantato ("guarda il color del sol che si fa vino/giunto all'umor che dalla vite sale…") ha una lunga storia di successi e soprattutto non conosce crisi consolidandosi come prodotto di punta del vino italiano all'estero e proponendosi oggi come immagine di un territorio unico ed altamente evocativo per lo stesso.
Dagli anni '60, infatti, con un'arte che è fatta anche di dedizione e caparbietà, i produttori del Soave scandiscono il successo di questo distretto, con l'obiettivo, di creare un vino sempre più qualitativamente definito e sempre più territorialmente identificato ed identificabile dal turista, ovvero legato in maniera forte ed indissolubile al luogo di produzione, che è l'area circoscritta nel territorio comunale di Soave e Monteforte d'Alpone per la zona Classica (situata tra la Val d'Alpone e la Val Tramigna, storicamente la zona più vocata alla produzione di vini di alta qualità) e quella dei restanti 11 comuni limitrofi dell'Est Veronese per la denominazione.
Le aziende interessate sono 3.300 in una superficie di oltre 6.000 ettari (il più grande vigneto d'Europa), estesa nella zona collinare e pedecollinare ad Est di Verona e comprendente i comuni di Soave, Monteforte d'Alpone e in parte Cazzano di Tramigna, Colognola ai Colli, Illasi, Calmiero, Lavagno, San Bonifacio, Roncà, San Giovanni Ilarione, Montecchia di Corsara, Mezzane di Sotto e San Martino Buon Albergo.
Nelle ondulazioni magiche si coltiva per il 70% Garganega e per il restante 30% Trebbiano di Soave, vitigni unici sia per il Soave che per il Recioto. Il clima è ottimale, mite e generoso. I terreni di origine basaltica, favorevolmente strutturati da un punto di vista granulometrico, con una rilevante componente sabbiosa così da facilitare l'assorbimento dei principi alimentari.
La Strada del Vino promuove questi territori. Con un itinerario che muove da Soave, la cittadina medioevale racchiusa nella caratteristica cinta muraria, intatta, che risale fino alla cima del colle sovrastante, dove con una ripida strada in salita si giunge al Castello Scaligero. Soave è il centro nevralgico di tutte le attività, e sede del dinamico Consorzio di Tutela diretto da Aldo Lorenzoni nonché dell'Associazione Strada del Vino di cui è Presidente Paolo Menapace, oltre che delle cantine storiche di questo territorio.
Nella parte sottostante il Castello è di recente ristrutturazione il Palazzo dei Conti Sanbonifacio (dopo il Castello Scaligero l'edificio più antico del paese) oggi adibito a azienda vitivinicola, la Cantina del Castello, appunto, con un appellativo derivato dall'antico utilizzo del cunicolo esistente nei sotterranei del palazzo come passaggio di collegamento con il Castello stesso. E nella cantina, davvero suggestiva, utilizzata per il processo di affinamento del Recioto di Soave Classico, è possibile ancora vedere una parte di questo leggendario, fabuloso passato.
Tutti i vigneti del Soave sono scrupolosamente curati. Ed è proprio dalla diversità e varietà delle piante che si è rivelata una grandissima ricchezza: un teatro di colline a circa 200 metri sul livello del mare, e che a ogni curva mutano il paesaggio di questo complesso areale apparentemente uniforme ma in realtà articolato e con varie esposizioni, microclimi e età delle piante stesse.
Fra i produttori Gino Magnabosco, artigiano del vino, è personaggio fra i più tenaci e lungimiranti, che passo dopo passo segue i suoi vigneti, da quando spuntano i primi germogli delle viti, alla vendemmia manuale alla pigiatura soffice, alla vinificazione fino all'imbottigliamento. La sua azienda nasce da una grande passione per la viticoltura, coltivata in anni di tenace lavoro della terra, investimento in un futuro incerto e un lavoro fisso notturno. E' testimone oggi di una esperienza riuscita assai frequente in questi luoghi.
Oggi è il Consorzio di Tutela (neopresidente Arturo Stocchetti) a seguire il rinnovamento costante di questo distretto del vino. Registra una crescita di cinque aziende nuove all'anno, a dispetto della riconosciuta e generalizzata crisi dei bianchi e punta sulla piramide qualitativa nella complessiva riorganizzazione della denominazione in senso qualitativo, che ha già portato al riconoscimento del Soave Superiore, la terza Docg del Veneto dopo la prima regionale, assegnata proprio al Recioto di Soave.
Il teatro di vigneti di Soave prosegue verso Colognola ai Colli, che annuncia l'ingresso nella Valle d'Illasi. Qui, ancor prima della vigna, la coltivazione principe era quella dei bisi (che ritroviamo nella maggior parte dei piatti e delle ricette locali), tenerissimi piselli della varietà "verdone nano" (pisum satinum L.), di gran successo al di là anche dei confini regionali, capace di far divenire la coltivazione intensiva in tutto il territorio limitrofo, fino alla decadenza degli anni Settanta, dovuta all'investimento sulla più remunerativa coltura della vite, e poi alla rinascita odierna, grazie al programma di valorizzazione dei prodotti di nicchia portato avanti dal comune di Colognola ai Colli.
Della origine romana di questo paese agricolo sono testimoni i numerosi reperti archeologici ed i resti di Villa Spinola, con il suo bel parco oltre alla seicentesca Villa Peverelli. Da qui è possibile proseguire verso Pieve e visitare la romanica Pieve di San Maria, anche questa circondata dalla visione dei vigneti, in direzione San Pietro di Lavagno, verso le cinquecentesche Ville (merita la Verità Montanari, detta "Il Boschetto"). Laddove invece la Strada volge verso la Valle del Tramigna si percorrono i filari di alberi che ne danno il soprannome di "Valle dei Ciliegi". In giugno a Cazzano di Tramigna, Montecchia di Corsara e San Giovanni Ilarione, nelle caratteristiche mostre mercato, si celebrano proprio queste ciliegie, tra le più apprezzate in Italia, ed in particolare la "mora di Cazzano".
Percorrendo da Montecchia di Corsara la strada che attraversa il comune di Monteforte d'Alpone (per l'esattezza quella sterrata del Castellaro verso Brognoligo) si possono apprezzare alcuni dei cru più famosi del Soave, quali Monte Pressioni, Monte Foscarino, Castellaro, Rugate, Ronchetto, con a sinistra la Val d'Alpone da Roncà a Bolca.
Le Valli di Mezzane, d'Illasi e d'Alpone proseguono naturalmente in uno dei Parchi più belli e meno conosciuti d'Italia: il Parco Naturale Regionale della Lessinia. Le colline del Soave vanno quindi sciogliendosi in quell'area protetta che alle spalle di Verona prosegue fino al confine con la provincia di Trento. Quella attraversata dalla storica Via Visentina, chiamata in certi tratti anche Strada Cavallara, Strada Carezzadora e Gassa, pista montana tra le più antiche delle Prealpi Venete. Il territorio è segnato da cinque profonde valli che si aprono a ventaglio, sui cui declivi viene coltivata la vite e presenta numerosissime testimonianze di architettura spontanea (baite, malghe, ghiacciaie) collegate alla presenza dei Cimbri, popolazioni di origine bavarese dedite all'agricoltura di montagna, stabilitesi in queste malghe a partire dal II secolo.
Il parco custodisce gelosamente un piccolo Museo, che ha reso celeberrimo in tutto il mondo il paese che lo ospita: Bolca, piccolissimo centro nell'Alta Val d'Alpone, sulla Lessinia Orientale. Dalle rocce dei suoi Monti infatti vengono estratti da secoli i più eccezionali e spettacolari fossili conosciuti nella storia della paleontologia. Sono decine di migliaia ed hanno permesso di comprendere meglio la storia della vita sul nostro pianeta. L'età di questi giacimenti (prevalentemente di origine marina) è di circa 50 milioni di anni. Esistono inoltre, sempre nelle vicinanze dell'abitato di Bolca, altri giacimenti fossiliferi di ambiente sub-aereo, che hanno un'età ancora più antica rispetto a quella dei classici a pesce: 53 milioni di anni. Qui, all'interno di vulcaniti basaltiche con strati di lignite, sono stati trovati resti di tartarughe, coccodrilli, molluschi di acqua dolce e numerose palme.
Sulla parte più alta delle colline del Soave, sui terreni più impervi e i terrazzamenti più angusti, viene coltivato l'olivo con cultivar autoctone: Grignano, Favarol, Casaliva e delle tipiche comunemente in uso in tutta Italia: Frantoio, Leccino e Moraiolo. E tra i fondatori del Consorzio di Tutela dell'Olio extra vergine di oliva del Veneto c'è proprio Stefano Bonamini, titolare dell'azienda omonima con sede in Illasi, che ancora oggi, con l'aiuto del figlio Giancarlo, si occupa della lavorazione delle olive nel rispetto della qualità del prodotto e delle modalità di trasformazione. L'azienda firma anche la sua linea cosmetica, rigorosamente a base di olio.
Polenta con fonduta di Monte Veronese al Soave
Ingredienti:
200 g di polenta gialla, 350 g di Monte Veronese Dop stagionato, 350 g di Monte Veronese Dop giovane, 1 l di vino Soave Doc Classico, 1 spicchio d'aglio, 1 cucchiaio di maizena, 1 bicchiere di grappa di Soave, 4 fette di pancetta affumicata, pepe, sale
Preparazione
In un paiolo di rame mettere a bollire 800 dl d'acqua, cui aggiungere una presa di sale. Quando l'acqua avrà raggiunto la temperatura convenuta, versare lentamente a pioggia, la farina di mais e portare a cottura, rimestando continuamente, fino ad ottenere una polenta abbastanza morbida. Togliere il paiolo dal fuoco e lasciare ancora la polenta all'interno, per mantenerla al caldo. Preparare la fonduta iniziando col prendere una pentola di coccio dai bordi alti, strofinando bene sul fondo e le pareti uno spicchio d'aglio, privato della camicia. Versare il soave e la fecola di mais, facendo attenzione ad evitare i grumi. Adagiare sul fuoco di cottura la retina spargifiamma e sopra portare a bollore il vino. Nel frattempo tagliare a pezzetti le due quantità di Monte Veronese e gettarle nella pentola quando il vino inizia a bollire. Mescolare il tutto con un cucchiaio di legno sciogliendo i formaggi e attendendo che si formi la fonduta. Rosolare a fiamma vivace la pancetta e, una volta divenuta croccante, salarla e tenerla in caldo. Pepare la fonduta, versare la grappa e rimescerla. A questo punto disporre velocemente in ciotole la polenta calda, ponendovi sopra la fonduta e per ultima la pancetta.
Strada del Vino Soave
Associazione Strada del Vino Soave
Vicolo A. Mattielli, 11 37038 Soave (VR)
Tel: 045 - 7681578 - Fax: 045 - 6190306
www.ilsoave.com
[email protected]
Iole Piscolla scrive da anni di turismo ed enogastronomia. E’ un tecnico di Strade del vino e da tre anni dirige il Centro Studi e Servizi alle...
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