Nei primi anni dell'800 il naturalista francese Emanuele Repetti descriveva quel golfo ligure ammantato da una vegetazione lussureggiante, fatto di rocce, grotte e alte coste, e oggi nominato "Golfo di Portovenere", come "la più bella e la più vasta cala del Golfo della Spezia, difesa ad ostro dall'Isola di Palmaria e circoscritta a levante dalla punta della Castagna, a occidente dal promontorio su cui risiede il Castello di Portovenere…".
E così prosegue il noto studioso raffigurando quello che oggi risulta essere uno degli areali più interessanti e rigogliosi d'Italia, sia per le peculiarità ambientali ivi presenti (il geologo e paleontologo Giovanni Capellini sottolineava che studiosi naturalisti giunti qui da tutto il mondo avevano riconosciuto il golfo di Porto Venere e l'areale circostante come una delle più importanti stazioni zoologiche attraverso la quale approfondire bene le varie scienze della botanica, della ornitologia e della geologia) sia per le ricchezze enogastronomiche concentrate in uno spazio geografico tanto angusto.
L'istituzione del Parco Naturale Regionale di Portovenere e del suo arcipelago costituito dalle tre isole Palmaria, Tino e Tinetto, avvenuta con la Legge Regionale n.30 del settembre del 2001, prevede anche il riconoscimento di un'Area di Tutela Marina di assoluto rilievo, area nata per proteggere le peculiarità dell'habitat e le emergenze biologiche presenti, incommensurabili, che hanno valso a questo territorio la dichiarazione dall'UNESCO di Patrimonio Mondiale dell'Umanità.
Qui si trovano antichissime testimonianze della coltivazione dell'olivo, della vite e del fico. Quella dell'olivo, in particolare, viene fatta risalire al periodo compreso fra il 1° e il 6° secolo d.c. in concomitanza con la felice epoca di Villa di Varignano, villa marittima che aveva annessa un'azienda agricola olearia di enorme successo. Questa felice stagione prosegue e viene alimentata con il tempo dai monaci benedettini che implementano in tutta la Liguria la cultura dell'olivo e diventano, con il tempo, proprietari delle tre isole dell'arcipelago, Palmaria, Tino e Tinetto, e di grandi propretà terriere intorno a Porto Venere, la cui organizzazione rimane nei segni lasciati dai terrazzamenti a fasce e definiti da muri a secco digradanti verso il mare.
Oltre alla olivicoltura anche la mitilicoltura ha lasciato il segno nella tradizione di questi luoghi: i ritrovamenti di depositi in grotte preistoriche, gli scavi archeologici, le testimonianze letterarie nelle parole di Plinio il Vecchio, Omero e Virgilio, gli impianti nelle aree cd. dei Seni dell'Olivo (Porto Venere) e del Terrizzo (Isola Palmaria) scelte da sempre per la purezza delle acque, testimoniano che la seconda città dopo Taranto in cui è stata intrapresa l'attività di mitilicoltura è sicuramente La Spezia. L'areale intorno al centro cittadino, infatti, era stato considerato particolarmente idoneo a questa particolare attività e a pronunciarsi in tal senso era stato proprio il naturalista David Carazzi che alla fine dell''800, insieme al mitilicoltore tarantino Emanuele Albano, impiantava i primi vivai nel Golfo di La Spezia gettando le basi di quello che sarebbe stato uno dei rami più interessanti da affiancare alla tradizionale attività di pesca.
Parco Naturale Regionale di Porto Venere
Via Garibaldi 19025 Porto Venere (SP)
Tel. 0187.794885 Fax 0187.794846
Web : www.comunediportovenere.it
E-mail: [email protected]
Iole Piscolla scrive da anni di turismo ed enogastronomia. E’ un tecnico di Strade del vino e da tre anni dirige il Centro Studi e Servizi alle...
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