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Strade del Vino

Strada del Prosciutto e dei Vini dei Colli di Parma

di Iole Piscolla

MappaArticolo georeferenziato

È sulla pedemontana, questo nastro di asfalto, che accarezzando le prime colline che uniscono il territorio parmense al crinale ligure toscano, che si colloca la Strada del Prosciutto e dei Vini dei Colli di Parma. La sua porta di ingresso a pochi chilometri dalla città è presso Corte Ciato, dove nelle antiche cantine stagiona, come nel quattrocento, il principe dei salumi del territorio, il dolce di Parma.
Un areale che si apre a ventaglio, disegnato dalla caparbietà dei valligini, custodisce quei must dell’enogastronomia che hanno fatto di questo fortunato anfratto di terra la valle del cibo.

Un percorso accattivante e pieno di sorprese paesaggistiche, storiche, archittettoniche, culturali, integrate da un arte gastronomica che si perde nella notte dei tempi. E’ qui che maestri artigiani da un maiale o dal latte di una vaccina, con l’ausilio di pochissime cose quali sale, fuoco, e aria, e tempo, come ci racconta il coordinatore delle strade dei sapori Mario Schianchi, riescono ancora a fare di ogni forma di formaggio, di prosciutto o di salame un opera d’arte, che bene si accosta ai piatti ed ai vini del territorio.

Da un punto di vista enogastronomico la vera carta d’identità di questa zona esclusiva è il Parma DOP (celebrato dalla Strada del prosciutto e dei vini dei colli di Parma, geograficamente parente di quella del Fungo Porcino di Borgotaro e quella del Culatello di Zibello) il prezioso prosciutto severamente controllato in tutte le fasi di produzione, che prevede l’utilizzo esclusivo di suini di razza Large White, Landrace o Duroc, pesanti almeno 150 chili e macellati rigorosamente dopo i 9 mesi di età. Il successo di questo prosciutto è dovuto al microclima del territorio, impossibile da ricreare altrove, oltre ovviamente alle modalità di trasformazione che prevedono una stagionatura variabile dai dieci ai dodici mesi, a seconda del peso del prosciutto.

Nelle valli comprese fra l’Enza e lo Stirone, i rossi Barbera, Bonarda o Croatina si mischiano nei tini del Rosso Colli di Parma e concludono così quella parabola iniziata nelle terre dell’Oltrepò Pavese. Un territorio di sicuro interesse anche per le emergenze storico architettoniche presenti. L’areale parmense è stato infatti sempre assai particolare, confine naturale tra civiltà, popoli, regnanti, che hanno abbondantemente fortificato questa area strategica soprattutto con torri di avvistamento, castelli e rocche.
Alcuni dei quali assai imponenti: la Rocca cinquecentesca di Sala Baganza, il Castello di Fornivo Torrechiara, la Torre dei Boriani, Villa del Ferlaro, la Pieve di Malignano Talignano, splendidi esempi visitabili di architettura locale, in cui i rimaneggiamenti avvenuti in epoche successive e le varie ristrutturazioni li hanno trasformati senza modificarne l’aspetto esterno.

La pianura padana è uno di quei luoghi in cui le condizioni ambientali hanno fatto evolvere i primitivi assetti naturali conformandoli allo sviluppo sociale ed economico del territorio.
Resistono però numerose isole di grande naturalità che si coordinano in una rete di promozione in difesa della biodiversità e della salvaguardia del patrimonio genetico e culturale del territorio.
E’ il caso dei Parchi che insistono nella provincia di Parma: il Parco Regionale Fluviale dello Stirone, quello dei Boschi di Carrega e quello Fluviale Regionale del Taro, l’uno con sede a Salsomaggiore Terme, l’altro a Sala Baganza e l’altro ancora a Collecchio piuttosto che quello dei cento laghi sul crinale tosco emiliano.

I Boschi del Carrega, in particolare, hanno segnato la storia di questi luoghi. Questi facevano parte infatti della antica riserva di caccia dei Farnese, successivamente ceduta ai Borboni e poi a Maria Luigia d’Austria. Custodiscono piccoli specchi d’acqua, in cui si riflettono le chiome monumentali di vecchi esemplari arborei. Si tratta di otto laghi artificiali, costruiti dalla famiglia Carrega, ultima proprietaria dei territori, con lo sbarramento di piccoli corsi d’acqua sia per l’irrigazione che per la ricchezza del paesaggio e quell’atmosfera un po’ ombrosa.

In questi sentieri poco soleggiati si possono contare all’appello più di settanta specie di uccelli che forniscono una rassegna completa delle specie tipiche degli ambienti che vanno dalla pianura alla media montagna appenninica, con una nutrita rappresentanza delle specie acquatiche. E’ quindi in questi luoghi che si possono gustare il Prosciutto di Parma, i Vini dei Colli, Il Tartufo Nero di Fragno, il Parmigiano Reggiano, il Salame di Felino, ma anche i sapori dimenticati come le conserve o le erbe aromatiche.

La tavola presenta una cucina di grande tradizione, come il sovrano agnolino, nato probabilmente dalla grande fantasia di un cuoco di corte che volle riprodurre l’ombelico di Venere o da quel tortello di erbette nato dalla povertà di mezzi e di cose di una presunta pastora. Non possiamo nemmeno dimenticare che uno dei condimenti più usati dalla cucina, il pomodoro trasformato in prelibate passate o sughi, ebbe la sua evoluzione a meta del 1800 proprio a Panocchia, come riportava la stampa locale agli inizi del secolo XIX: “ora vi fuman decine di ciminiere che fabbricano milioni di milioni”.


Strada del Prosciutto e dei Vini dei Colli di Parma
Associazione Strada del Prosciutto e dei Vini dei Colli di Parma
C/o Parma Turismi
Str. Repubblica 45 - 43100 Parma
Tel. 0521386329 - Fax. 0521223161
[email protected]
www.stradadelprosciutto.it

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Iole Piscolla scrive da anni di turismo ed enogastronomia. E’ un tecnico di Strade del vino e da tre anni dirige il Centro Studi e Servizi alle...

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