3.117 ettari di parco e 1.727 ettari di pre-parco contraddistinguono quell'ultimo avamposto di Appennino bolognese in cui i gessi messiniani (i calanchi tipici di queste zone articolati in doline, valli cieche ed altipiani) si sciolgono in naturali "bellosguardo" sulla città e sulla sconfinata pianura, circondando Bologna nella sua parte meridionale. Correndo lungo l'autostrada del sole non si direbbe che a pochi passi si nascondono rupi rocciose, conche e grotte dall'aspetto aspro, che interrompono improvvisamente la dolcezza dei pendii argillosi. Luoghi in cui il limite dovuto alla elevata franosità del terreno ha permesso alcune produzioni di qualità anche in settori difficili come l'orticoltura, mentre una intensa viticoltura abita comodamente sui modesti rilievi.
Anche se in questo contesto l'agricoltura (intesa anche come risorsa per l'ambiente locale) e in particolare la viticoltura (intesa come sviluppo razionale del territorio del vino, motore di una crescita integrata per il territorio) devono ancora maturare un sistema di pluriservizi da turismo rurale per avviare in maniera compiuta un circolo virtuoso tra viticoltura, territorio e turismo.
Intensa comunque l'attività vitivinicola che lo stesso Ente Parco promuove: qui si coltivano Albana, Barbera, Cabernet Sauvignon, Chardonnay, Sangiovese, Trebbiano di Romagna, ma soprattutto Pignoletto, quel vitigno autoctono che dopo aver migliorato le sue origini caratteriali e in certo qual modo produttive, si è ambientato in questa area ottimizzando con il tempo il rapporto fra la qualità produttiva, il sito di produzione e la rispondenza sul mercato, diventando infine il Re dei Colli bolognesi, simbolo di una identità culturale fortissima che sta riscoprendo in queste terre la sua forza.
Al vino si affianca la produzione storica di farine di grano tenero di eccellente qualità, da cui una grande varietà di pani, nonchè la tradizionale Crescentina, più comunemente detta tigella, antico pane montanaro cotto in forme tonde di terra refrattaria, ottenuto dal sapiente impasto di farina, acqua e sale (ma si possono aggiungere anche latte, lievito e uova) e preparato su caratteristici dischi.
Ciò che contraddistingue oggi questi luoghi è l'attento recupero degli edifici rurali che vengono saggiamente riconvertiti in ecomusei e per i quali (visto l'ingente numero di interventi in atto in questa direzione) occorrerebbe, secondo il parere della provincia, una specifica legge regionale al fine di una chiara identificazione del ruolo di queste strutture e degli standard richiesti per il confronto con le similari europee.
La motivazione è che esse svolgono un importante ruolo di salvaguardia del patrimonio culturale locale e promuovono l'identità del territorio, in vista di un rinnovo dei servizi ambientali ed enoturistici. In questi termini "se la ricerca delle identità - ha sostenuto di recente Riccardo Pastore in un convegno promosso dalla Strada del Vino che attraversa queste terre, Città Castelli Ciliegi Colline fra Modena e Bologna - diventa strumento di chiusura a riccio dentro il proprio "particolare", e quindi di esclusione/distanza e non di inclusione/apertura, essa svolge un ruolo assolutamente negativo per le possibilità di crescita culturale e sociale ma anche per lo stesso sviluppo economico locale sono evidenti le ripercussioni sul sistema turistico, dell'ospitalità e sulla stessa cultura dell'accoglienza".
Una visione riduttiva insomma dell'identità culturale non dovrebbe mai soppiantare l'affermazione di un territorio come laboratorio per la sperimentazione di un nuovo modello di valorizzazione e di conduzione della terra e del turismo.
Parco Regionale dei Gessi Bolognesi e Calanchi dell'Abbadessa
Via Jussi 171 Località Farneto San Lazzaro di Savena (BO)
Tel. 051.6251934 Fax 051.6254521
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Iole Piscolla scrive da anni di turismo ed enogastronomia. E’ un tecnico di Strade del vino e da tre anni dirige il Centro Studi e Servizi alle...
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