Il ragioniere Paolo Sbrindellini era sicuramente un uomo perfettamente inserito nella società mediatica dell’inizio del 21° secolo. Guardava due volte alla settimana un reality show e si inchiodava al video quando era in programma una fiction con nuovissimi e bravissimi attori reperiti negli stessi reality. All’età di 35 anni si considerava – giustamente – giovanissimo e non poteva mancare ad almeno due notti di sballo settimanali presso una discoteca. Fortunatamente all’ora di apertura dei locali da ballo, le fiction e i reality erano già terminati.
Il ragioniere odiava il vino fin da giovanissima età, ma non poteva certo andare in discoteca e bere una gassosa. Tanto valeva dedicarsi a qualche bell’intruglio di superalcolici profumati al tamarindo, all’ananas o alla pesca che riuscivano a mascherare con il sapore dolciastro la presenza dell’alcol. E poi era un suo dovere seguire la moda, quella che la sua adorata TV imponeva a tutti come modello “moderno” e “giovane”. Ovviamente il numero notevole di superalcolici che ingurgitava serviva anche per mandare giù tutte quelle pasticche che circolavano allegramente nel locale, ma che probabilmente erano trasparenti, dato che nessuno del personale sembrava vederle.
Purtroppo il ragioniere Paolo non era un Adone: piccolo, grassoccio e con quella vocina flebile flebile riusciva benissimo a passare inosservato tra le ragazze che frequentavano la discoteca. E non bastava l’euforia e il rimbambimento dello splendido connubio alcol-droga per renderlo più appetibile. I suoi balli da spiritato e invasato apparivano solo come pietose sceneggiate. Accidenti! E pensare che si intruppava di superalcolici e pasticche per quell’unico scopo e invece tutto ciò che otteneva era un tragico mal di stomaco che gli durava tutto il lunedì mattina quand’era al lavoro e gli donava un impressionante colorito da Nosferatu.
Era veramente depresso per quella vita così faticosa e poco remunerativa. Si nutriva, perciò, di psicofarmaci che andavano dagli anti-depressivi agli ansiolitici, per finire con i sonniferi. Infatti il ragioniere dormiva pochissimo, sia per i suoi problemi psico-fisici, sia per i turni di lavoro spesso pesanti, sia – ovviamente – per le notti passate con poca soddisfazione in discoteca. A volte, ben prima di lasciare i locali da ballo (soprattutto il sabato) faceva il pieno delle “sue” medicine, sperando che facessero effetto già prima di giungere a casa, per poi buttarsi direttamente sul letto vestito e sperare di passare il più lungo tempo possibile nelle braccia di Morfeo. Ovviamente non ci riusciva mai e – per colmo di sfortuna – il sonno gli veniva sempre durante le ore di ufficio costringendolo a subire continui e duri rimproveri dai suoi capi. Si può immaginare quindi lo stress che il povero ragioniere viveva quotidianamente, ben poco alleviato dalla tanto attesa serata televisiva, dove oltretutto le urla e gli insulti dei partecipanti ai reality lo rendeva – inconsciamente - ancora più isterico.
Quella volta, alle 4:30 del mattino, stava tornando dalla discoteca con il morale sotto le scarpe, rimbambito dalla dose forse un po’ troppo alta di pasticche e con la bocca amara per quella tragica serie di pastiglie per l’insonnia, la depressione e l’ansia che aveva da poco ingurgitato. Fortunatamente il dolciastro ignobile dei cocktail era già un ricordo, non avendo più bevuto da almeno tre ore. Se ne era proprio dimenticato e forse proprio per quello anche quella notte non aveva “caricato” nessuna. Sapeva benissimo che non era vero e aveva un nervosismo e una rabbia da tagliarsi con il coltello. Non riusciva nemmeno a tenere il volante dritto e le ruote sembravano portarlo verso il centro della strada. In preda a un’invidia mortale, decise di telefonare a Gianni, quel suo maledetto “amico”, che pur senza sballare e frequentando ben poco le discoteche, aveva sempre delle magnifiche ragazze per le mani. Con una qualsiasi scusa lo avrebbe svegliato e si sarebbe preso una piccola rivincita.
Proprio in un tratto di strada parecchio sconnesso si era sistemata la pattuglia della Polizia. Gli agenti videro arrivare una vecchia e sgangherata automobile che sembrava procedere come una serpe, con al volante una persona livida in volto che stava urlando al cellulare. Non ci pensarono un attimo e riuscirono a fermarlo, anche se con un po’ di ritardo perché Paolo non si era subito accorto di loro, a causa degli occhi che gli si stavano lentamente chiudendo. Le condizioni di quell’individuo erano veramente impressionanti e non riusciva nemmeno a parlare. Senza proferire parola gli agenti estrassero l’etilometro e imposero al ragioniere la legge perfetta della magica macchina, il giudice più equo e spietato della strada.
Ci vollero vari tentativi prima che Paolo riuscisse nell’impresa. Aveva il fiato corto, la testa gli girava, la tensione era alle stelle e l’effetto della droga non ancora sopito. Alla fine ci riuscì e il valore risultante lasciò leggermente interdetti gli agenti: 0,18 g/l. Rifecero la misura, in accordo con il giusto intervallo di tempo dettato dalla legge, e trovarono 0,06 g/l. Accidenti. Il conducente era sobrio, perfettamente sobrio. Gli fecero una leggera multa per l’uso del cellulare e gli consigliarono di andare subito a letto e di effettuare una revisione dello sterzo dell’automezzo.
Mentre Paolo si allontanava in preda a uno stress micidiale, ma estremamente contento, gli agenti commentarono con una certa dose di compassione. “Poverino, deve avere qualche problema. Meno male che non beve!”. Il ragioniere si stava tranquillizzando sempre di più e aumentò sensibilmente la velocità. “Chi mai aveva messo quel muro proprio lì, al posto della solita curva a destra?” Furono queste le sue ultime parole prima di schiantarsi a 180 km/h e lasciare quella vita che in fondo gli aveva dato ben poco.
Nello stesso momento, parecchi chilometri prima, la pattuglia della Polizia fermò un’altra vettura che procedeva tranquillamente a 70 km/h. Al volante c’era l’operario Michele Squallucci. Aveva fatto il turno di notte, come sempre pesantissimo. Per cercare di riprendersi un poco si era fermato nel bar di Antonio, che apriva già alle cinque. Non aveva fatto cena, ovviamente, e mangiò un panino bevendoci sopra tre bicchieri di quel magnifico rosso che il padrone del bar teneva a posta per lui. Era ridicolo bere a quell’ora del mattino, ma per Michele le ore avevano un significato del tutto particolare e il lavoro gli aveva scombinato tutti gli orari. Salutò con gentilezza gli agenti che passarono subito all’esame del fiato. Vi era un forte e nitido odore di alcol. E infatti avevano ragione. L’etilometro non ebbe pietà dell’operaio: 0.53 e 0.61 g/l. Ecco un altro “mostro” del sabato sera.
La punizione fu severa e leale come sempre in quei casi e poco poteva importare alla sicurezza stradale che un certo Michele Squallucci perse il lavoro a 52 anni e dopo pochi mesi si impiccò in cantina per la vergogna e la disperazione.
Il racconto precedente è frutto solo e soltanto della mia contorta fantasia e non ha alcun riferimento a cose e persone reali.
Quelle che seguono sono invece le dieci domande sollevate dall’ex ministro Zaia a cui ancora nessuno ha voluto dare risposta e seguito. Non mi interessa assolutamente il colore politico del suddetto onorevole, ma penso che sia utile riportarle per coloro che non le hanno ancora lette.
1. A partire dagli stessi centri di ricerca, sono rari i casi di diffusione di dati relativi alle altre cause di incidenti, in primis l’abuso di farmaci. Perché nessuno dice che il consumo di farmaci è aumentato vertiginosamente, come evidenzia la stessa Federfarma? Perché non si denuncia che solo nel 2007 sono cresciuti del 7,9% i consumi di antidepressivi e del 7,8% di farmaci come gli antistaminici, i sedativi e i tranquillanti?
2. Perché non si inizia a considerare che guidare per ore e ore determina uno stress psicofisico che è causa di molti incidenti?
3. Perché non si è molto più severi sull’uso del cellulare alla guida?
4. Perché, quelle stesse persone che, nel 2007, a proposito del divieto di somministrare dopo le due di notte alcol nei locali notturni, dove si servono soprattutto superalcolici, si fecero paladine delle imprese di intrattenimento notturno, bollando la misura “come inefficace e penalizzante”, oggi puntano il dito contro le imprese vitivinicole?
5. Perché non dicono che le cause principali di incidenti, come confermano i dati Aci-Istat del 2007, sono il mancato rispetto delle regole di precedenza, del semaforo e dello stop (17,59%); la guida distratta e l’andamento indeciso (15,25%); il mancato rispetto dei limiti di velocità (12,20%); il mancato rispetto della distanza di sicurezza (9,83%)?
6. Perché viene ignorato il fatto che, dal 1991 al 2007, la percentuale di quanti consumano cocaina, droga che dà sensazione di onnipotenza e falsa incolumità, è passata dall’ 1,3% al 14,2%?
7. Perché nessuno si interroga sul fatto che manchi, in Italia, un divieto di fumo in auto, causa di grande distrazione, e già proibito dal Codice britannico?
8. Perché non si considera che il cattivo stato di manutenzione dell’auto e il mancato uso delle cinture di sicurezza sono causa di esiti particolarmente gravi negli incidenti stradali?
9. Perché, invece di demonizzare il vino, nessuno interviene mai per sollecitare una maggiore attenzione, da parte degli enti locali, alle infrastrutture e alla segnaletica stradale, il miglioramento delle quali, in Germania, ha dato risultati notevoli?
10. I detrattori del vino sostengono che l’alcol, vino compreso, sia la prima causa di incidenti stradali. Perché volutamente tacciono buona parte delle affermazioni dell’Oms, secondo la quale «ci sono diversi fattori che possono contribuire al fenomeno degli incidenti stradali: il comportamento e lo stato psicofisico del conducente, l’uso inappropriato di bevande superalcoliche e di farmaci, le condizioni di sicurezza dei veicoli e delle strade, l’uso di sostanze psicotrope, l’uso di telefoni cellulari alla guida e il mancato rispetto delle norme del codice della strada»?
Astrofisico per 40 anni, ho da sempre coltivato la passione per il vino e per il mondo che lo circonda. Vedo di traverso la seriosità che...
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Inserito da Mario Crosta
il 22 settembre 2010 alle 09:3611) Poiche' ad una certa eta' ed in presenza di alcune malattie croniche i riflessi vengono meno in maniera anche notevole, tanto da causare incidenti, perche' non si prevedono visite mediche periodiche di abilitazione alla guida biennali dopo i 65 anni e annuali sia dopo i 75 che dopo l'accertamento di malattie disabilitanti di cui fornire ed aggiornare l'elenco ai medici di ogni genere e specializzazione?