Cari amici, avrete notato (sicuramente sì) che spesso e volentieri scarico bordate pesanti contro i degustatori di vino, siano essi giornalisti o pseudo tali o quelli che io chiamo, all’italiana, “camerieri del vino”. Non risparmio nemmeno le guide, i punteggi e tutto ciò che riguarda le valutazioni e i giudizi su vini singoli o annate in generale. Il motivo di questa mia presa di posizione è abbastanza semplice, ma sembra veramente difficile da comprendere. Questa volta, cercherò di spiegarlo, parlando seriamente e senza ironia e sarcasmo. Scusatemi se ripeterò cose già dette.
Il vino non è una merce qualsiasi. Non è una bottiglietta di aranciata fatta con le bustine o una gomma da masticare. Esso è un prodotto che proviene da uno dei processi chimici più antichi e geniali della Natura. L’uva è il “cibo” che i vignaioli devono donare a microscopici organismi unicellulari (lieviti) affinché ne traggano energia e regalino l’alcol etilico. Nel frattempo, nella buccia dell’uva, nei raspi, nei vinaccioli, nella polpa, ecc., si scatenano centinaia e centinaia di trasformazioni chimiche che decideranno il colore, i profumi, l’aroma, la struttura e mille altre qualità del vino.
Un’opera meravigliosa della Natura a cui si affianca l’opera altrettanto prodigiosa dell’uomo. Egli deve saper presentare al lievito un frutto perfetto (ecco perché si dice che il vino si fa in vigna), tenendo conto della situazione climatica, pedologica, geologica del terreno su cui sorge la vigna. E’ una specie di lavoro d’equipe, che deve essere continuamente controllato sia prima che dopo la vendemmia.
Chi ne parla, chi ne scrive, chi pretenderebbe di giudicarlo dovrebbe avere una cultura delle materie precedenti ben più elevata di quella degli stessi vignaioli. Oltretutto nessun “vero” vignaiolo ha mai pensato di giudicare pubblicamente i vini degli altri. Chi valuta un dipinto di Giotto deve conoscere la storia dell’arte, le tradizioni, la scienza dei colori, la situazione umana ai tempi della stesura dell’opera, la geometria, la matematica e mille altre variabili. Solo dopo aver immagazzinato tutte queste conoscenze fondamentali potrà accingersi a dare una valutazione critica dell’opera d’arte.
Non basta avere acquisito ESPERIENZA per sentirsi in diritto di valutare e giudicare. Nessun grande studioso penserebbe mai di interpretare, spiegare, contestare, una reazione chimica o un fenomeno celeste o un fossile o una forma di vita o una malattia, SOLO e SOLTANTO perché ha osservato migliaia di volte il RISULTATO di un processo estremamente complesso.
Aver guardato centinaia e centinaia di quadri non crea di certo un VERO critico d’arte. E nemmeno aver sentito un milione di volte una sinfonia di Beethoven forma un professionista musicale. Ci vuol ben altro. Ci vogliono studi approfonditi, talento, ragionamento, modestia, ecc., ecc. Non fatevi ingannare dai “tuttologi” televisivi: loro sanno tutto di tutto, ma in realtà sono dei perfetti ignoranti! Sono un frutto squallido dei nostri tempi, come non mai intrisi di miseria etica e culturale.
Il vino non è dissimile da un opera d’arte, sia naturale che umana. Come tale va interpretato. Non certo solo con una “sniffata”, quattro salti in bocca, e qualche strano risucchio finale. No, cari amici, troppo facile e troppo simile ai tuttologi televisivi. Chi vorrebbe valutare un vino o un’annata dovrebbe almeno conoscere perfettamente la maturazione dell’uva, il terreno e il microclima, la composizione del suolo, l’andamento delle malattie e degli eventi atmosferici, il controllo delle reazioni chimiche susseguenti alla vendemmia, e mille altre cose, almeno quanto le ha seguite il vignaiolo.
Tuttavia, non basta ancora, perché in tale modo riuscirà -forse- a valutare una parte dell’intero processo, quello umano. Certamente non potrà mai valutare l’opera della Natura, quella operata per miliardi di anni dai lieviti e dagli altri infiniti microrganismi. E chi può dire dove finisce l’opera del lievito e dove comincia quella del vignaiolo che gli prepara il cibo migliore? Basta un cosiddetto professionista del vino? E chi decide che qualcuno è un professionista del vino? Esiste forse un titolo di studio in degustazione enoica? L’esperienza? Lasciamo perdere, ne abbiamo già parlato prima… E poi, chi giudica i giudici? I loro compagni di merenda?
Chi parla quotidianamente di vino, esprimendo giudizi severi, definitivi, seriosi è normalmente un “ignorante” (nel significato puro del termine: ignorare = non conoscere) in moltissime delle materie citate prima. Magari nemmeno conosce le dieci tappe della glicolisi. Sbaglio? Non credo proprio. Spesso, allora, le valutazioni seguono schemi banali e ripetono frasi fatte. Se vi è stato caldo durante l’estate il vino sarà sicuramente troppo “cotto”, evoluto. Se invece ha fatto freddo, via libera ai tannini verdi. Basta leggere le valutazioni dopo le gradi adunate organizzate per assaggiare, in anteprima, i nuovi prodotti. Un coro di sciocchezze, banalità, luoghi comuni. Un’accozzaglia di tuttologi che non parlano mai dei veri valori del vino, dell’uva, del terreno, del clima, della chimica e dello straordinario connubio uomo-Natura. Al limite parlano di profumi assurdi e insulsi. Li buttano lì tanto per fare scena e cercare di acquistare rispetto e salire su un piedistallo di carta pesta. O, peggio ancora, si limitano a fare “gossip” sui problemi dei consorzi, delle DOC, DOCG, ecc., ecc. Seguono, in altre parole, l’andazzo della spaventosa mediocrità televisiva.
Tuttavia, proprio come i tuttologi di bassa lega, vengono riveriti, ascoltati, pagati, ospitati, ed è meglio non andare oltre… Spesso urlano e insultano, proprio seguendo le regole imparate sul piccolo schermo. Agiscono spesso verso l’artefice del vino attraverso una specie di ricatto pratico e morale.
Questa è, ovviamente, una mia visione ed è per questo che malgrado io ami profondamente il nettare di Bacco, così come i loro creatori, mi guardo bene dal valutarlo, al limite lo posso descrivere attraverso emozioni e sensazioni del tutto personali.
Guardandomi intorno, comunque, non riesco a vedere nessuno che ne sappia di più, soprattutto leggendo le riviste, i blog, i bla-bla che nascono come i funghi. Anche il lievito è un fungo, ma i nostri esperti normalmente conoscono solo i porcini e gli ovuli, soprattutto se assaporati durante una delle tante cene offerte per il loro ben poco “professionale” lavoro…
Astrofisico per 40 anni, ho da sempre coltivato la passione per il vino e per il mondo che lo circonda. Vedo di traverso la seriosità che...
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Inserito da Filippo Ronco
il 27 agosto 2011 alle 09:51Capisco quel che vuoi dire e a chi ti riferisci ma i *soloni* ci sono un po' in ogni campo, il mondo del vino non fa eccezione. Un conto però è chi scrive per raccontare un'esperienza personale, un'altro è colui che scrive con la pretesa di fare da riferimento, sono due responsabilità diverse in contesti presumibilmente diversi.
Invito alla lettura di questo mio commento sul blog di Luciano Pignataro:
http://www.lucianopignataro.it/a/tripadvisor-i-dieci-ristoranti-piu-popolari-ditalia-recensiti-dai-lettori/28588/comment-page-1/#comment-23789
e di questo articolo dell'amico Stefano Caffarri (uno dei potenziali *tuttologi* in base al tuo generico j'accuse ma a mio avviso degno di considerazione e rispetto):
http://www.appuntidigola.it/2010/11/27/il-sabato-del-villaggio-la-lunga-morte-del-signor-blog/
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