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Le varie facce del Vinitaly, di Enzo Zappalà

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Le varie facce del Vinitaly

di Enzo Zappalà

Quest’anno, a causa della presentazione di un libro e della rappresentazione teatrale di cui vi ho già parlato, sono stato per tre giorni al Vinitaly. Che strane sensazioni. La prima è quella di un caos assoluto, di un rumore di fondo quasi insostenibile, bel lontano dal silenzio che sarebbe necessario per apprezzare giustamente un vino. Tuttavia, questo è un problema che non si può superare.

Più interessanti sono i diversi aspetti che la grande manifestazione assume agli occhi di un curioso come me, inserito al suo interno con motivazioni diverse da quelle della maggioranza dei partecipanti.

Il primo aspetto, quello fondamentale per il quale dovrebbe essere nata la manifestazione, è quello commerciale. I produttori sono in perenne attesa della visita che “conta”, di quella capace di far muovere le bottiglie che aspettano in cantina. A volte sono solo conferme, altre volte arriva la novità, l’importatore inaspettato, il ristornate o l’enoteca mai contattati, il distributore inatteso. Gli occhi si illuminano e si vorrebbe che il tempo si fermasse per un attimo e che il frastuono cessasse.

Nel frattempo, però scorre il fiume inarrestabile degli “appassionati”. Essi offrono il secondo aspetto, quello più vario e sfaccettato. Si va da coloro che cercano solo un bicchiere il più pieno possibile ai ricercatori di figurine da collezione. I primi esistono ancora, ma forse in misura minore di un tempo; i secondi sono numerosissimi e quasi patetici. Braccia stese verso il banco, nella disperata ricerca di una goccia del nettare tanto a lungo atteso. E più alto è stato il premio delle guide, più spasmodico è il gesto del braccio.

Quando finalmente arriva la “figurina” che mancava alla collezione, il loro sguardo raggiunge l’estasi. Non vi è nemmeno bisogno di assaggiare il vino, anche perché dopo decine e decine di assaggi, il naso e la bocca si rifiutano di parlare al cervello. E’ pero la conquista che permette di dire agli amici e rivali. “Ce l’ho, finalmente!”. Le loro facce scorrono davanti al produttore come fantasmi. Un rumore di fondo in attesa di un volto che indichi un ben altro tipo di interesse.

Mentre passeggiate tra i corridoi, sarete spesso spinti, a volte travolti da questa massa di “appassionati” in preda al delirio della figurina più rara e famosa da accaparrarsi. I loro occhi non vedono se non il marchio dell’azienda da “colpire”. Lo stesso produttore è solo un’ombra indistinta rispetto al vino e all’annata agognata da mesi. I cinque grappoli, i tre bicchieri, le cinque bottiglie, le tre stelle, o quello che volete, sembrano una preda da abbattere a tutti i costi, magari con le armi in pugno.

Vi è poi l’aspetto legato a “quelli che se la tirano”. Si avvicinano con aria sprezzante e superiore, commentando duramente quel caos infantile. Cercano di parlare col produttore, di far capire che loro sono diversi, preparati, conoscitori e che cercano solo una conferma a ciò che ormai conoscono molto bene. Il tremolio della mano, l’inflessione della voce, però, li identificano molto bene. Non traggono certo in inganno il produttore, che li riconosce perfettamente e che li ha già classificati da lontano.

Poi c’è l’aspetto legato a coloro che sono convinti di essere esperti veri e che cercano l’adorazione del produttore. Sono loro che, in fondo, ne hanno fatto la fortuna e che hanno saputo divulgare la qualità di quel prodotto che sarebbe rimasto altrimenti anonimo. Sono gli esperti del vino parlato e scritto. Forse non sono mai riusciti veramente a berlo. Il sorriso riverente dei produttori suona falso da chilometri di distanza, ma questi esperti non sanno e non vogliono accorgersene.

Poi c’è l’aspetto legato alle autorità più o meno importanti. Il loro valore si misura con il numero di persone che li seguono come cani da guardia, pestandosi i piedi tra loro. Normalmente vestono di un nero funereo. Per loro si creano improvvisi vuoti nella folla. Nei loro sorrisi compiaciuti vi è chiaro il segno che sono loro a offrire qualcosa al produttore e non il viceversa.

Vi è poi ancora l’aspetto legato ai produttori che non sono famosi. I loro banchi sono spesso vuoti e i loro occhi cercano l’apparizione di un miracolo straniero, magari con gli occhi a mandorla. Forse si rattristano di essere snobbati dalla calca dei cacciatori di “griffe”, forse invece sorridono e possono valutare a che livelli è sceso il vino, simbolo dimenticato della cultura e della storia di secoli. O forse esprimono solo una frase a lungo pensata: “Ma chi me lo ha fatto fare di spendere tanti soldi per questi giorni inutili e stancanti?”.

Ho dimenticato sicuramente aspetti altrettanto interessanti. Tuttavia, lasciatemi dire che chi vuole assaporare l’Universo racchiuso in un bicchiere e cercare il calore dell’amicizia, che solo il vino sa esprimere a certi livelli, è meglio che non vada al Vinitaly. Conviene lasciare in pace chi il vino lo fa davvero e deve venderlo. Vi sono altri momenti e occasioni per concedere libertà al cuore e alla mente.

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Astrofisico per 40 anni, ho da sempre coltivato la passione per il vino e per il mondo che lo circonda. Vedo di traverso la seriosità che...

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