Cari amici, questa volta vorrei riportarvi pari pari la conversazione che ho avuto con un amico molto simpatico e anche molto esperto, anche se un po’ irascibile. Soprattutto, però, molto professionale nel suo lavoro, dato che lo compie da miliardi di anni. Come si chiama. Beh… ha un nome un po’ difficile, ma lo dovreste conoscere tutti: il saccharomyces cerevisiae.
Non ditemi che il nome vi giunge nuovo! Non potrei crederlo. Comunque, chiamiamolo pure lievito di birra, lui non si offende: ne ha viste di cotte e di crude nella sua lunga storia. Saprete allora anche che è grazie a lui che nasce il vino e il pane, talmente importanti nella nostra cultura da diventare simboli religiosi. Il lievito, da buon genitore, non ha preferenze per nessuno dei due: i figli so’ piezz’e core.
Si discuteva appunto di loro e il caro saccharomyces era molto contrariato a riguardo. Iniziò col chiedermi: “Tu che hai a che fare spesso con articoli sul vino, mi puoi spiegare perché su di lui si sprecano fiumi e fiumi d’inchiostro, mentre il pane (tranne da chi lo fa) viene ricordato solo se cresce di prezzo?”. Rimasi un po’ interdetto. Non c’avevo mai pensato. Farfugliai un po’ e risposi di getto: “Beh, ecco… è ovvio, il vino dona allegria e fa dimenticare i dispiaceri. Insomma… ubriaca”. “Eh no!” rispose lui. E continuò: “Li ho letti sai tutti quegli articoli che escono ogni giorno sui giornali, i siti web, i blog, e via dicendo. Non lo ammirano perché fa ubriacare, ma -tanto per cominciare- per un mucchio di odori e di gusti strani che ci trovano dentro. Cose che oltretutto io non ho mai pensato di creare. E se ce l’ha il vino sono convinto che deve averle anche il pane”.
“Sì, forse hai ragione”. Risposi, e poi aggiunsi: “Si vede che il naso e il palato dell’uomo moderno trovano maggiori soddisfazioni ed emozioni bevendo quel liquido bianco, rosso o rosè che sia”. Mi guardò quasi con compassione e disse pacatamente: “Ed è per questo che nascono ogni giorno nuovi libri che sprecano le loro pagine solo per dare dei punteggi al mio figlio liquido e non a quello solido? Guarda che il secondo ha salvato, salva e salverà molte più vite del primo! Meriterebbe maggior rispetto. Dai, non farmi ridere!” Mi aveva messo all’angolo, accidenti. Ma non mi feci aggredire e risposi: “Beh, sai, vi sono stati molti esimi ricercatori che hanno studiato il vino e la sua essenza non solo materiale, ma anche etica ed estetica. Ora sono in grado di afferrare anche la più piccola vibrazione che scaturisce da esso. Ne conoscono tutti i segreti”.
Accidenti, mi ero dato la zappa sui piedi. Infatti rispose quasi con veemenza: “Ricercatori? Esperienza? Studio? Solo perché ne hanno assaggiati molti, accomunandoli ai punteggi di quei libri di prima, sono degli esperti? E cosa dovrebbero dire i contadini che hanno avuto l’uva tra le mani per migliaia e migliaia di anni? L’uva, proprio il cibo che si deve consegnare a me per compiere il miracolo. Perché certi personaggi che vanno vestiti in divisa dovrebbero saperne di più? Che studi profondi hanno fatto su di me e sulla mia opera? Hanno frequentato studi superiori come la fisica per i fisici, il corpo umano per i medici, gli astri per gli astronomi, la musica per i compositori, ecc., ecc. Hanno fatto forse tutti un’università enoica? Temo proprio di no, caro mio. Chi gli regala questa conoscenza? Oppure è un dono del Cielo?”
Mi sentivo leggermente sudato e risposi: “Dai, non fare così, non scaldarti. In fondo sono solo camerieri che fanno il loro mestiere. Cercano di esternare la loro esperienza…”. “Non dire stupidaggini!”, mi fermò e continuò: “Non ho mai visto o sentito un cameriere che descriva le qualità più recondite di un piatto. Questo, se mai, lo potrebbe fare il cuoco. I camerieri del vino devono solo vedere se il prodotto è a posto e servirlo nel modo giusto, come i camerieri dei piatti devono portare il formaggio per i primi, l’olio per l’insalata e via dicendo”. Beh, sì, in fondo aveva ragione, anche perché spesso questi “camerieri” non si limitano a parlare di vino solo quando servono al ristorante, ma lo fanno anche in mille altre sedi e -chissà perché- i migliori vini sono sovente i più cari e osannati.
Non dissi, però, niente alla cellula, che mi sembrava già abbastanza adirata. In ogni modo lei riprese, con maggior vigore: “Ma, in fondo, questi esperti dai mille profumi “inventati” sono il male minore. Ben più dannosi sono gli avvoltoi”. “Avvoltoi?”, dissi io, “cosa c’entrano gli avvoltoi? Al limite preferiscono il pane che è commestibile, non certo il vino…”. “Mamma mia, voi umani moderni avete ben poca fantasia”, disse ridendo e continuò: “Per avvoltoi intendo coloro che aspettano sui rami che esca la nuova annata o anche solo un nuovo vino e poi si scagliano su di lui degustandolo seriosamente, descrivendolo, giudicandolo e -spesso e volentieri- osannando o distruggendo con estrema facilità e senza tanti scrupoli. Si accaniscono, comunque, sempre su chi non può difendersi”.
Io risposi molto più convinto: “Questi che tu nomini sono i veri esperti, che si sono costruiti l’esperienza attraverso migliaia di assaggi e di confronti. Loro sono in grado di capire la qualità”. “Ma fammi il piacere! Forse che un abile muratore (con tutto il rispetto per il suo prezioso lavoro) diventa un architetto solo perché ha passato la sua vita a toccare i mattoni? O uno che ha ascoltato milioni di dischi diventa un compositore o un grande musicista? E mille altri esempi del genere. Al limite potrebbero esprimere una migliore opinione coloro che il vino lo fanno, non certo coloro che lo assaggiano soltanto e magari nemmeno conoscono me, il mio cibo e nemmeno i miei processi metabolici. Ben pochi di loro, stai sicuro, hanno studiato geologia, pedologia, biologia, medicina, ecc. Sono quasi tutti privi di questi titoli di studio o -peggio ancora- di qualcosa di ufficiale che certifichi la loro conoscenza del vino. Parlano soltanto, scrivono senza alcun controllo “super partes”, discutono, litigano fra loro per dimostrare la loro sapienza, criticano chi il vino lo fa (faticando realmente) e creano “gossip” per stimolare interesse verso loro stessi. Assomigliano ai tuttologi televisivi e sarebbero strafelici di partecipare a spettacoli tipo “Il Grande Vinello” o “L’Isola dei Vinosi”. Stanne sicuro!”.
“No, no, non ti permetto di parlare così dei grandi Maestri del vino, dei sapienti, di coloro che ci indirizzano verso la spesa giusta e verso le emozioni più vere. Perché mai dovrebbero essere come dici tu se non avessero amore infinito verso la “tua” bevanda sacra?” Ancora una volta mi sarei morso la lingua. Il lievito sembrò essere invitato a nozze e riprese con maggior foga: “Te lo spiego con un’allegoria, sperando che tu riesca a comprenderla. Hai mai visto un arcobaleno? Uno spettacolo fantastico della Natura. Non solo per l’aspetto esteriore, ma anche per tutta la scienza che sta dietro alla sua prodigiosa formazione. Bene,il vino è come un arcobaleno: una meraviglia della Natura, tutta da gustare e comprendere sia con i sensi che attraverso la sua scienza, la sua cultura e i suoi artefici. Un concentrato di valori concreti e mentali, tra i quali l’amicizia, la comprensione e la partecipazione. Non molto diverso dall’altro mio figlio, in fondo. Certi personaggi, invece, non lo guardano nemmeno, ma cercano soltanto la pentola piena d’oro che si trova alla sua estremità. E se non è oro, basta che sia qualche cassetta di vino costoso, inviti ripetuti a ristoranti stellati (con libera scelta dei vini), sudditanza psicologica, timore reverenziale per le loro parole che potrebbero anche stravolgere l’economia di una piccola azienda (non quelle grandi, di solito), senso di potere (per piccolo che sia). Come ricompensa, chi il vino lo fa, può ambire a una riconoscenza (limitata) se ha seguito le regole del gioco, oppure dure stroncature se si è ribellato anche solo parzialmente. Purtroppo il pane passa in secondo piano, perché la sua pentola è poco redditizia. Tutto qui. Sono finiti, e caduti in misere mani, i tempi di Soldati e Veronelli”.
Accidenti a me che sono un povero ignorante in fatto di vino scritto e parlato e che cerco sempre di vedere un arcobaleno. Il lievito mi salutò con un cenno della mano e se ne andò facendo ondeggiare la sua piccola forma quasi sferica. Mi aveva dato scacco e non sapevo più come fronteggiare quell’astuto e abile organismo unicellulare. Che vergogna per i miliardi di cellule che compongono la mia struttura corporea e mentale!
Ovviamente la responsabilità di quanto detto dal saccaromyces cervisiae è sua e solamente sua. Io ho cercato di controbattere come meglio potevo, ma con ben scarsi risultati. Il mio contributo si ferma alla traduzione della lingua dei lieviti che ho studiato tanto tempo fa. Estraneo completamente a tutto ciò è, ovviamente, il sito che mi ospita. Può anche darsi che cancelli le ingiuste frasi proferite dalla cellula e -forse- non avrebbe nemmeno torto.
Vi prego, comunque, amici esperti e ben più saggi e preparati, datemi argomentazioni valide per potere riprendere il discorso e conseguire la vittoria che meritate. Sono ansioso di avere i vostri illuminati commenti e poter replicare adeguatamente. Anche se in fondo, quella minuscola cellula mi è sinceramente simpatica.
Astrofisico per 40 anni, ho da sempre coltivato la passione per il vino e per il mondo che lo circonda. Vedo di traverso la seriosità che...
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Inserito da Danilo Bruzzone
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