Una recente ricerca scientifica condotta in Nuova Zelanda ha rivoluzionato il mondo dei “profumi”, analizzando in dettaglio le differenze genetiche delle varie persone. La conclusione è sconvolgente: ognuno sente gli odori in modo diverso, a seconda del proprio DNA. In poche parole, un odore piacevole per uno può diventare oltremodo sgradevole per un altro. Gli studi sono stati pubblicati sulla rivista Current Biology e identificano accuratamente le differenze nella sensitività e nella percezione degli odori, in base alle differenze genetiche degli individui sottoposti alle analisi.
I composti chimici analizzati sono stati dieci, comunemente presenti nel cibo e nelle bevande. Si è trovato che un nutrito numero di persone è del tutto insensibile ad alcuni di questi profumi. Per quanto riguarda il vino e, in particolare, il nebbiolo, la scoperta fondamentale riguarda il beta-ionone, di netto sentore floreale. Ci torneremo presto.
Gli odori, quando non vengono recepiti, sono interpretati dal cervello come sgradevoli. Purtroppo, essi sono associati a un enorme numero di cibi e di liquidi di uso comunissimo. In altre parole, quando ci sediamo a tavola con un gruppo di amici, possiamo essere certi che ognuno di loro riceve sensazioni ben diverse di ciò che mangia e beve. L’abitudine e la moda impongono, a volte, risposte standard, ma esse sembrano essere solo forzature indipendenti dalla reale sensazione della singola persona. Una risposta menzognera, più o meno inconscia.
Oltretutto, questa diversa ricezione degli odori non è minimamente influenzata dall’appartenenza a popolazioni o a ceppi diversi. A questo punto, diventa praticamente assurdo definire qualcosa come “profumato”. Ciò che è armonico e piacevole per uno, diventa sgradevole, pungente e fastidioso per un altro.
Fortunatamente, l’analisi dei ricettori sensoriali del naso è in grado di individuare le caratteristiche genetiche e quindi scoprire chi mente e chi è sincero nel dire “splendido profumo” o “sentore sgradevole”. Ricordiamo che il senso dell’odorato parte dalle cellule sensoriali nervose presenti nel naso che catturano il composto chimico e, sulla base dei geni che le caratterizzano, inviano segnali codificati al cervello che sintetizza la percezione dell’odore. Tuttavia, il cervello, è condizionato dalle caratteristiche delle cellule del naso: se inviano segnali di un certo tipo il cervello li valuterà gradevoli oppure sgradevoli. Quest’ultimo caso è associato soprattutto alla scarsa sensibilità verso un certo composto. Questa risposta non dipende dall’elemento chimico in sé, ma dal tipo di DNA dell’individuo. In parole veramente povere: qualcuno può trovare infame l’odore della mela e qualcuno la può trovare fantastico. A parità di mela, ovviamente.
Torniamo al nostro beta-ionone. Esso ha un odore assimilabile quasi perfettamente a quello delle violette (anzi, è meglio dire che il profumo delle violette è dato proprio dal beta-ionone). Il gene OR5A1 del ricettore olfattivo è incaricato di assimilare questo tipo di composto e di inviare il messaggio al cervello. Le persone che riescono a recepire perfettamente il composto ne mandano un segnale che sarà interpretato come positivo e piacevole. Le persone che hanno scarsa sensibilità a questo elemento (a causa della differenza genetica) mandano un segnale imperfetto, o quasi inesistente, che il cervello traduce come fastidio o addirittura disgusto.
Se leggete nelle guide e nelle recensioni fatte da quasi tutti i degustatori, più o meno esperti, troverete sempre che al nebbiolo si associa costantemente il profumo di violetta. A questo punto è ovvio che dire violetta vuol dire beta-ionone, ossia qualcosa che può dare sia sensazioni sgradevoli sia piacevoli, a seconda dell’informazione sensoriale, più o meno frammentaria, trasmetta al cervello. Un bel problema! Chi può fidarsi dei giudizi di un qualsiasi degustatore? Un individuo, con un gene insensibile alla violetta, come può considerare gradevole un nebbiolo e sgradevole un altro, quando per entrambi chi domina la situazione è un gene che glielo fa considerare SEMPRE sgradevole? In modo ancora più drastico: dovrebbero essere ammessi alle degustazioni di nebbiolo (e ai giudizi conseguenti) solo gli esperti con il giusto OR5A1. Gli altri darebbero sicuramente valutazioni false e/o ipocrite. Quando sarà resa obbligatoria l’analisi del DNA per i recensori di guide e cose affini?
L’unica speranza è che il profumo di violetta così costantemente richiamato da tutti sia solo un luogo comune, usato perché “fa fine e non impegna”. Lo spero di cuore. Io, personalmente, non lo trovo così evidente (e per me le violette sono profumate, ve lo assicuro!) e il nebbiolo mi piace, con beta-ionone o senza. Sicuramente ciò è dovuto solo alla mia ignoranza degustativa e al mio gene OR5A1 particolarmente sensibile.
Più in generale, però, vi consiglierei di stare bene attenti a regalare violette alla vostra fidanzata. Quello che per voi è un gesto d’affetto dolce e profumato, può essere considerato da lei una specie di insulto. Magari vi farà un sorriso, ma sappiate che potreste averle causato un fastidio non indifferente. Dato che le violette devono essere profumate “per definizione”, starà zitta per non sembrare “diversa”, ma qualcosa si sarà irrimediabilmente rotto nel vostro rapporto.
Mi gira in testa un’altra tragica riflessione: “Chissà quanti altri ipotetici profumi, vinosi e no, subiscono una sorte simile”. Forse sarebbe meglio non lanciarsi in descrizioni olfattive troppo elaborate. Lo studio scientifico dei geni olfattivi potrebbe smontarle facilmente. Chi non si fida della mia sintesi può trovare, qui di seguito, i lavori originari scaricabili da tutti (a pagamento, purtroppo, tranne l’abstract). Ne consiglio vivamente la lettura agli amanti dei profumi strani e inconsueti.
Note e Fonti:
http://www.cell.com/current-biology/retrieve/pii/S0960982213008531
http://www.cell.com/current-biology/retrieve/pii/S0960982213008543
Astrofisico per 40 anni, ho da sempre coltivato la passione per il vino e per il mondo che lo circonda. Vedo di traverso la seriosità che...
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