Che cosa mi rispondereste se vi dicessi che il Po non è il fiume più lungo d’Italia? Probabilmente, vi fareste una risata o mi considerereste un ignorante in geografia. Nel caso migliore, direste che sono impazzito. E invece sto parlando seriamente.
Sapete perché il Mississippi-Missouri si chiama così e non solo Mississippi? Presto detto: “Perché all’atto della confluenza dei due fiumi, il tratto del Missouri fino alla sua sorgente è più lungo di quello del Mississippi”. Insomma, ciò che conta è la lunghezza. Ebbene, rechiamoci nei pressi del paese di Bassignana, vicino ad Alessandria, e ammiriamo la confluenza del Po e del Tanaro. Noteremo che le acque di colore diverso faticano a mischiarsi, quasi esistesse veramente una competizione tra i due corsi d’acqua.
Non fermiamoci, però, a immagini poetiche e suggestive e seguiamo le regole della matematica e della geografia. Un misuratore prenderà la via del Po verso il Monviso e l’altro quella del Tanaro fino alla sua sorgente alla confluenza del Tanarello e del Negrone (così è scritto nei testi ufficiali). Quando i misuratori si incontreranno di nuovo resteranno alquanto sgomenti. Il primo ha ottenuto un valore di soli 270 km, mentre il secondo di ben 276. Forse qualcuno ha sbagliato? No, sembrerebbe proprio di no. Basterebbe leggere quello che è scritto sul sito ufficiale dell’Autorità di bacino del fiume Po: i numeri sono esattamente gli stessi.
Non basta, però. Da quando in qua un fiume nasce dalla confluenza di due corsi d’acqua? Si cerca sempre di proseguire il più possibile per allungare il percorso. L’importante è che il torrente che si sceglie abbia un flusso continuo, senza periodi di secca completa. Nessun problema. Il Negrone non li ha di sicuro e si spinge, ricco di trote, fino al Monte Marguareis e poi sprofonda in grotte dove probabilmente continua a scorrere indisturbato.
Fermandoci alla parte “visibile”, al Tanaro dobbiamo, quindi, aggiungere almeno 12 km. Totale: 288 km per il Tanaro contro i 270 del Po. Una vera enormità. Eppure il Po rimane l’indiscutibile padrone della pianura più grande dell’Italia del nord. Se si seguisse la regola dei fiumi del resto del mondo, al limite si dovrebbe chiamarlo Po-Tanaro, o -ancora più giustamente- Po-Tanaro-Negrone, come Mississippi-Missouri o Nilo-Kagera e via dicendo.
Perché questa offesa al fiume del vino? Ricordiamo infatti che il Tanaro bagna le colline del barolo, del barbaresco, del dolcetto, della barbera, del grignolino,del timorasso e via dicendo. Anzi, 80 000 anni fa, circa, ha lasciato il suo antico percorso (occupatogli oggi dal suo vecchio piccolo affluente Po), proprio per accudire da vicino quelle colline straordinarie (la cattura del Tanaro). E il Po ne ha approfittato, solo per il fatto che nasceva dal monte considerato dai romani (erroneamente) il più alto delle Alpi e bagnava la futura prima capitale d’Italia. La storia e la geografia hanno voluto dimenticare il Tanaro e hanno preferito seguire ragioni politiche.
Lo stesso nome del Tanaro ha probabilmente origini liguri (Bodincus) e questo era proprio il nome che veniva dato al fiume che poi avrebbe proseguito come Padus fino alla foce. Il Monviso non è mai stato nel territorio dei liguri e quindi in tempi pre-romani era il Bodincus, ossia il Tanaro, il fiume che dominava la pianura oggi padana ed era lui a cambiare il proprio nome in Padus. Insomma, storicamente e geograficamente sarebbe giunta l’ora di dare a Cesare quel che è di Cesare.: il fiume più lungo d’Italia non è il Po, ma il Tanaro, con i suoi 670 km complessivi (destinati però ad aumentare). E invece ci teniamo un fiumiciattolo di solo 652 km. Gli italiani cercano sempre di sminuirsi. O forse i geografi sono tutti astemi e vogliano stare lontani dai vini più prestigiosi d’Italia (la Toscana non si offenda…).
In attesa di questa dovuta promozione, l’alta valle del Tanaro è in fermento e attende gli sviluppi del “giallo”. Il Politecnico di Torino si è già detto disposto a rifare le misurazioni e dare una risposta definitiva. Nel frattempo, studi effettuati sugli argini del Tanaro hanno già recuperato reperti importantissimi sulle antiche coltivazioni che il popolo della Tanaria (molti la chiamano ormai così) aveva sviluppato in tempi preistorici. Tra queste una vera “bomba”, in attesa di una nuova collocazione: il “tomaticus tanaricus”, il pomodoro autoctono della Tanaria, già presente ben prima della scoperta dell’America.
Forse Cristoforo Colombo era stato lautamente finanziato a patto che distruggesse le velleità più che giustificate del Tanaro o Bodincus che dir si voglia? Il pomodoro americano è stato uno stratagemma politico ideato allo scopo? O, forse, sia al grande navigatore genovese che ai reali di Spagna non piaceva il vino, almeno quello coccolato dal Tanaro? Ai posteri l’ardua sentenza.
Noi aspettiamo trepidamente che la giustizia geografica e storica faccia il suo corso. Viva la Tanaria, il suo popolo e il suo vino!
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Astrofisico per 40 anni, ho da sempre coltivato la passione per il vino e per il mondo che lo circonda. Vedo di traverso la seriosità che...
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