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Gli "archetti" del vino: lo spazio ci dà una mano, di Enzo Zappalà

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Gli "archetti" del vino: lo spazio ci dà una mano

di Enzo Zappalà

Marangoni… chi era costui? Potrei dirvi semplicemente che è stato un fisico italiano che nel 1865 si è laureato all’Università di Pavia con una tesi in cui  spiegava una particolare caratteristica dei liquidi, che dal quel momento ha preso proprio il suo nome: effetto Marangoni.

In sintesi esso dice: “La presenza di una differenza di tensione superficiale fa sì che un liquido scorra lontano dalle regioni dove essa è più bassa”. Provate a far cadere una goccia di un liquido a bassa tensione superficiale in un recipiente pieno d’acqua. Vedrete che, immediatamente, l’acqua in superficie si ritirerà, quasi scappando dalla presenza “aliena”. La cosa sembrerebbe interessare ben poco, se non ricordassimo che questa peculiarità era stata scoperta circa dieci anni prima studiando i celeberrimi “archetti” del vino. Marangoni ne spiegò scientificamente il motivo.

Poche parole per richiamare il concetto. Tutto comincia, nuovamente, dalla rotazione del bicchiere. No, no, state tranquilli non sto inventando una nuova storia legata alla forza di “Coriolis”. Questa volta sto dicendo la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità. Continuiamo, quindi, a far ruotare il nostro bicchiere. Come tutti possono facilmente osservare, si forma uno strato sottile di vino che aderisce al bordo del bicchiere. Questo fatto è dovuto alla tendenza che hanno i liquidi a rimanere “attaccati” alle superfici solide, in particolare il vetro. Il vino è una miscela di acqua e alcol (le altre sostanze poco importano per questa spiegazione) ed essi possiedono valori diversi della tensione superficiale (alta per l’acqua e bassa per l’alcol). Per “tensione superficiale” s’intende la forza con cui le molecole superficiali di un liquido si attirano l’un l’altra. E’ la stessa che causa le bolle di sapone, le gocce d’acqua su una foglia, le sferette di mercurio, ecc.

Il vino ha una sua tensione superficiale uniforme, legata alla quantità di alcol. A questo punto entra in gioco l'evaporazione dell'alcol che avviene in maniera molto più rapida di quella dell'acqua, dato che la sua temperatura di evaporazione è molto più bassa. L'evaporazione è maggiore lungo il bordo superiore dello strato, dove è a contatto con l’aria (questa evaporazione è quella che ci regala i profumi). Diminuendo l’alcol, aumenta la tensione superficiale del liquido. Ed ecco entrare in gioco l’effetto Marangoni che lo allontana da quello con tensione minore e lo accumula verso l’alto, facendogli assumere una forma ad anello. La densità di questo anello cresce fino a ché la tensione superficiale non riesce più a sostenere il peso del liquido che, in alcuni punti, comincia a scendere lentamente come se lacrimasse, dando luogo alla struttura ad archetti.

L'effetto è ovviamente più evidente nei vini molto alcoolici a causa della maggior differenza di tensione superficiale tra il vino allo stato iniziale e quello che ha subito il processo di evaporazione.

Questa spiegazione scientifica distrugge una volta per tutte l’idea, ancora abbastanza diffusa, che il fenomeno dipenda dalla quantità di glicerina. Assolutamente no. La glicerina può aumentare la viscosità del liquido, ma non può certo causare l’effetto Marangoni e quindi gli “archetti” tanto ammirati dagli intenditori.

Più in generale, l’effetto del fisico di Pavia permette di studiare il movimento dei liquidi lungo varie superfici, per valori diversi della differenza di tensione superficiale. Dato che questi movimenti sono ben descrivibili dalla teoria, è facile analizzare la loro dipendenza dalle caratteristiche del vetro o del materiale in cui può scorrere il liquido.

Ed eccoci, allora, alla parte “spaziale” del titolo. Nel nostro bicchiere ciò che causa gli archetti dipende dall’effetto Marangoni sovrapposto, però, alla preponderante gravità terrestre (quella che fa “cadere” le gocce lungo il vetro). Una bellissima rappresentazione visiva ed emotiva, ma poco utile dal punto di vista strettamente fisico. Bisognerebbe studiare il fenomeno senza la scomoda intrusione della gravità. Presto detto e presto fatto: l’Agenzia Spaziale giapponese ha deciso di sfruttare la Stazione Spaziale Internazionale per eseguire esperimenti direttamente nello spazio, in assenza quasi totale di gravità. Solo cosi l’effetto Marangoni potrà essere analizzato nei dettagli e senza interferenze.

Lo scopo non è certo quello di valutare o roteare un bel bicchiere di nebbiolo o di sangiovese, bensì quello (forse più importante) di studiare le caratteristiche dei materiali su cui differenti liquidi avranno la possibilità di scorrere sotto l’effetto delle sole differenze di tensione superficiale. Ciò permetterà non solo di conoscere meglio le caratteristiche dei fluidi, ma anche - e soprattutto - di nuovi materiali semiconduttori utili per i computer di prossima generazione e per la bio tecnologia.

Eh, sì, la scienza è proprio affascinante e sempre più sconvolgente. Però, a volte, è un po’ fredda e insensibile. I liquidi e il vino vengono utilizzati solo per “squallidi” miglioramenti tecnologici.

Mi è, però, venuta un’idea… Perché non proporre anche noi, amanti del vino non come un miscuglio di diverse tensioni superficiali, bensì come un insieme armonioso di emozioni, raffinatezze, sensazioni ancora più complesse e nascoste, un esperimento da eseguire sulla Stazione Spaziale? Lo studio degli “archetti” in condizioni di microgravità permetterà sicuramente di apprezzare meglio e con maggiore oggettività le qualità organolettiche della bevanda di Dioniso. Altro che le degustazioni terrestri, limitate dalle maligne forze di Coriolis e di marea lunare. Lassù, nello spazio, i giudizi saranno ben più spassionati, precisi e inequivocabili.

Perché, allora, non mandare sulla Stazione Spaziale con il prossimo “Shuttle”, o chi per lui, un ben nutrito gruppo scelto attentamente tra i tantissimi degustatori, professionisti e non, per compiere, nelle migliori condizioni, il proprio fondamentale mestiere? Con la splendida vista del nostro azzurro pianeta, in un cielo nero trapuntato di stelle, avranno tutto il tempo per stilare giudizi, dare voti, sollevare polemiche e perfino produrre nuove e insostituibile guide.

Potrebbero anche fermarsi a lungo in quel confortevole e lontanissimo luogo e aspettare direttamente l’invio dei campioni senza massacrarci… (ops!), dilettarci con la miriade di commenti e di valutazioni che riempiono blog, blig e blag. Sono convinto che molti produttori glieli invierebbero ben volentieri. Che ne dite?

Oltretutto, lassù, a 350 km di distanza dalla superficie terrestre, potranno deglutire completamente il contenuto dei loro bicchieri dato che a quelle altezze non esistono ancora gli etilometri!

E poi mi si accusa di non apprezzare i seriosi soloni della degustazione!

Per chi volesse saperne di più: http://www.nasa.gov/multimedia/videogallery/index.html?media_id=70739551

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Astrofisico per 40 anni, ho da sempre coltivato la passione per il vino e per il mondo che lo circonda. Vedo di traverso la seriosità che...

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