Siamo a Pasqua. Ed allora cosa c’è di meglio di una bella sorpresa?
Devo dire la verità. Mi hanno sempre affascinato quei profumi di spezie orientali, di liquerizia diversificata tra caramelle, bastone, grezza, elaborata, la frutta seccata al Sole, i tartufi, i minerali più strani, ecc., ecc. Mi chiedo sempre: “ma come fanno a cogliere quelle sfumature così raffinate e sottili? E non due, tre, cinque, ma dieci, cento, mille”. Una bottiglia di vino sembra veramente la biblioteca di Alessandria d’Egitto o l’otre del simpatico Eolo. Dentro c’è proprio di tutto e peccato che io sia così limitato. Ma c’è una cosa in particolare che mi crea un grande scoramento e mi fa soffrire per la palese incapacità che dimostro: il “profumo” di animale! Accidenti, a me piacciono gli animali, a volte anche al forno, allo spiedo, al civet, ma soprattutto vivi e vegeti mentre scorazzano tra i boschi e i prati. Non spesso, ma talvolta accarezzo gatti e cani. Più raramente un riccio. Tuttavia, (che tristezza!) io non riesco a sentire profumi trasparire dal loro pelo, soprattutto dopo una giornata di pioggia. Mi vergogno quasi a dirlo: a me sembrano “puzze”, squallide e mefitiche puzze! Eppure, i grandi degustatori sanno andare oltre ed inebriarsi di quegli olezzi. Devo anche ammettere che sarei molto contento di poter accarezzare una volpe, ad esempio, ma sono stato a malapena capace di vederne qualcuna da lontano. Ma mai, dico mai, così vicino da sentirne la puzza, pardon …, il profumo del suo pelo fulvo. Forse bisogna scovarne la tana ed andare a quattro zampe a odorare il terreno segnato dalle sue secrezioni? Può darsi, ma non l’ho mai fatto e quindi rimango con questo tragico dubbio nella mia limitata memoria gustativa.
Recentemente un amico, un misero mortale come me, mi ha raccontato di una grande degustazione fatta da un nucleo di grandi professionisti, una vera “task force”, un manipolo di mostruosi e preparatissimi individui che passano il loro tempo a comprare ed a bere le bottiglie più care e poi a raccontarle a tutti gli altri. Potrebbe sembrare che le acquistino e le bevano solo per far invidia agli altri. No, no! Lo fanno con spirito da missionari, da pionieri delle sensazioni estreme. E non è un caso che quindi ognuno cerchi di superare il collega nella descrizione più sottile, preziosa e raffinata delle centinaia di profumi che si celano ai comuni mortali. Io le leggo con invidia e gelosia. E poi arrivo perfino ad arrossire di me stesso, quando sento nominare, quasi come fosse la cosa più ovvia e banale del mondo, il profumo di animale. Si, ma quale, accidenti! Volpe, cane, gatto, maiale, cavallo, dromedario, tirannosaurus rex ? Niente da fare, la mia ignoranza mi guarda negli occhi e ride di me. Ed io mi sento veramente nessuno.
Ebbene quel gruppo di eletti ogni tanto si riunisce ed assaggia insieme. E’ un momento di estasi pura, dove le capacità dei singoli si uniscono in un coro inebriante di aggettivi, di frutta, di idrocarburi saturi e non, di ciprie della Parigi anni ’20, di spezie di cui si era persa notizia fin dall’ultima guerra cino-giapponese. Come dicevo, uno di questi sublimi momenti di incantevole ebbrezza sensoriale mi è stata raccontata da un “intruso”, da uno che sfortunatamente non riesce a fare il salto qualitativo fondamentale, uno come me, insomma, un “paria” del vino. Aveva avuto la fortuna di essere stato invitato in quel consesso di saggi. Con occhi illuminati e sognanti mi ha raccontato di sublimi paragoni, di confronti simili agli esercizi stupefacenti degli acrobati da circo, di sfumature svelate con una sicurezza ed una chiarezza sublimi. Ma poi, ecco il momento topico, il punto focale di tutta la serata: un borgogna del 1937, reperito in una famosissima cantina di un ancor più celebre “chateau”. L’emozione era palpabile anche tra gli stessi smaliziati ed espertissimi professionisti. Si erano seguite tutte le regole di decantazione necessarie per un gioiello di tale importanza. E con gesto di suprema democrazia l’avevano fatta eseguire proprio al mio amico inesperto, che si era sentito talmente importante e fortunato da scoppiare in un pianto dirotto. Poi finalmente l’assaggio. Un attimo di silenzio e poi un tripudio di emozioni e sensazioni sconvolgenti. Ma fra tutte, quella più ricorrente, da loro spesso e volentieri usata con precisa maestria: “profumo di animale”. Qualcuno tentò con semplice pelo di gatto. Fu zittito. No, no era volpe delle Ardenne. Nemmeno quello, accidenti, era nutria del Rodano. “Ma state zitti, cari colleghi”, disse il più anziano “ è chiaramente furetto di sottobosco di querceto”. Il più sapiente, giovane, aitante, quasi con l’aria da spiritato per quegli occhi persi nel vuoto, ma già con un’aria da “guru” centenario, disse finalmente la sua, atteggiando la bocca ad un sorriso simile ad una smorfia beffarda: “trovato! Profumo di secrezione di procione lavatore durante la stagione degli amori!”. E lo disse quasi urlando, con gioia e convinzione. Ne furono tutti conquistati e tuffarono nuovamente il loro prezioso naso all’interno del calice. “E’ vero!” dissero in coro e si inebriarono di quel profumo penetrante, coinvolgente, sublime. Che grande borgogna! Che stupendo pinot noir! Un capolavoro, un simbolo perfetto di quel terroir così prodigioso! Avevano speso una fortuna, ma ne era valsa la pena. L’intruso fu colto da commozione e da estasi mistica che cancellò in fretta quella sensazione di “puzza” che aveva invaso le sue narici ingenue ed impreparate. Prese con delicatezza il decanter che conservava ancora una discreta dose di quel liquido stratosferico. Ne vide il colore “antico”, quel granata che ormai sfumava in toni marroni, spenti, ma quasi sacri. Se ne versò ancora un poco. Doveva approfittarne. Quando mai avrebbe potuto ripetere un’esperienza del genere? Forse mai nella sua monotona ed insulsa vita. Ma non venne giù soltanto quella divina poesia liquida. Le lacrime che gli erano scese copiose mentre svolgeva la sacrale opera di travaso glielo avevano nascosto alla vista. Ancora ben conservato, con il suo pelo irto e bagnato, un bel topo di media stazza scivolò nel suo ampio bicchiere. Non si dimenticò mai di quella mitica esperienza!
Astrofisico per 40 anni, ho da sempre coltivato la passione per il vino e per il mondo che lo circonda. Vedo di traverso la seriosità che...
ArchivioOVERTIME FESTIVAL 2020: DEGUSTAZIONI GRATUITE DI VINI AZIENDA NEVIO SCALA
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4 Ristoranti Borghese, domani si va sul Conero
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A cena con il Drago della Focaccia !
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Inserito da Renzo Besso
il 11 aprile 2009 alle 19:21visto che ho dato lo spunto a questo suo "ironico" articolo e che è un esperto di vino su questo blog (anche se in altri siti dice di non intendertene) pongo alcune questioni.
Visto che si parla di vino facciamolo fino in fondo.
I sentori animali esistono nei vini e possono essere di varia natura; come tutti i profumi se ben integrati e se non sono pelo di spinone bagnato dopo una giornata di caccia (provi a salirci insiemerovi a salirci...o pensa che sia impossibile sentire il pelo di cane da caccia bagnato su una macchina? C' è gente normalissima che lo fa alcuni mesi l' anno...) possono arricchire il vino.
In fin dei conti fior di enologi e di produttori dicono che comunque il blasfemo acetico in proporzioni giuste dà vita a precursori del frutto...
I vini del Rodano, se li conosce, sono sempe un po' border line.
Vorrei parlare con lei di sentori di oliva nera o salamoia, carne grigliata, sangue e carne cruda...di Rodano se gradisce... di Jaboulet, Chapouitier, Chave, Clape, Allemand, Graillot,Vieux Telegraphe, Rayas, Beaucastel...sempre se li conosce...ma da esperto qual' è, scrivendo articoli di vino e ristoranti, non ne dubito. Produttori citati in modo sparso rispetto alle zone di appartenenza; ma cosa lo dico a fare, lei è un esperto...
O di certi odori animali di grandi Pinot nero e di certi Bordeaux invecchiati...o di Monfortino e di certi Barolo...
Gradirei sapere se i suoi amici produttori del circolo o tutti quanti vogliono vini presumibilmente puliti pensano che quelli che ho citato sono sporchi e imbevibili
Ultima domanda: meglio un vino che ha un po' di sentoti animali o di chiusure che vanno via nel bicchiee o vini perfettini, snaturati, smaltati...pulitissimi per carità...sanno di legno e basta, più puliti di così...e di vitigno d' origine e di terroir nemmeno l' ombra...
Cosa che in questi ultimi anni sta succedendo.
Attendo risposte...
Presumibilmente le spezie le conoscono tutti, quelle oriantali e quelle africane; si trovano in commercio, basta acquistarle Così come si può annusare la carne cruda, quella grigliata o il sangue della stessa...o le olive...o la pelliccia di certi animali, per carità non sporca o bagnata...basta un po' di buona volontà...
E mettersi d' accordo su cosa si intende con certi descrittori specialmente se sfumati; o non parlare quando non si conosce il produttore e la bottiglia di cui parla l' altro interlocutore (quale interlocutore?).
Un po' di buona volontà, un po' di applicazione e qualche sentore in più lo si potrà descrivere .
Sono ironico...e attendo risposte.