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La musica del vino, di Enzo Zappalà

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La musica del vino

di Enzo Zappalà

Pochi giorni fa ho letto un’interessantissima notizia riguardante una ricerca svolta presso l’Istituto Neurologico di Montreal e ho subito percepito che una sua applicazione al mondo del vino sarebbe veramente sconvolgente, oltre che estremamente positiva per la sicurezza stradale.

Non posso certamente entrare nei particolari di uno studio d’avanguardia eseguito da eminenti studiosi del cervello umano. Non ne sarei assolutamente in grado. Tuttavia, chi volesse saperne di più può andare a leggere il lavoro originale qui: http://dx.doi.org/10.1007/s00221-010-2178-6. Vi assicuro che è scientificamente ineccepibile.
Per i nostri interessi più immediati, però, basterà farne una breve sintesi. Cercate di seguirmi.
La forma di un oggetto è solitamente percepita dagli esseri umani attraverso due soli sensi: la vista e il tatto. Lo stesso non capita ad altri esseri viventi, come ad esempio il pipistrello e il delfino. Essi utilizzano soprattutto i segnali acustici. Il loro cervello riesce perfettamente a riconoscere le forme di ostacoli o di altri oggetti che hanno interagito con il suono. L’Istituto canadese ha proprio cercato di analizzare questa capacità che potrebbe essere latente anche nell’uomo, benché non ancora utilizzata. La capacità di riconoscere la forma di un oggetto anche attraverso la modulazione che essa causa al suono avrebbe riscontri eccezionali soprattutto per quanto riguarda i ciechi.
L’idea generale è però ancora più ampia e articolata. In parole semplici, si basa sull’ipotesi che ogni oggetto potrebbe essere in grado di far percepire la propria struttura attraverso tutti i sensi. In altre parole, ogni entità fisica produrrebbe un’informazione diversa, modulata per ogni senso, che poi il cervello sarebbe in grado di unificare in una singola struttura. Noi già sapevamo che ciò era vero per la vista e per il tatto, ma la nuova ricerca ha trovato forti indizi che essa possa essere applicata anche all’udito. Gli scienziati hanno già identificato la parte del cervello preposta a questa straordinaria opera di sintesi e lo studio sta andando verso applicazioni che coinvolgano tutti i cinque sensi. Il risultato sarebbe già più che sufficiente a farci stupire. Voi, però, mi conoscete. Ho pensato parecchio alle future applicazioni di questa straordinaria capacità latente del cervello e non ho potuto escludere anche la nostra grande passione: il vino.
Seguitemi, allora, in questa mia estrapolazione, di una semplicità a dir poco sconcertante. Così come tutti i sensi sarebbero in grado di descrivere con diverse informazioni la stessa forma, unificate poi dal cervello, lo stesso dovrebbe essere vero anche per il vino. Esso in fondo è un liquido fisicamente reale e concreto. Tuttavia, noi sappiamo benissimo che anche una serie parziale di informazioni riesce già a dare una visione completa dell’oggetto in questione. Ad esempio, come già detto precedentemente, per riconoscere una casa, un mobile o un bicchiere ci basta la vista e il tatto. Non abbiamo bisogno di avere anche le informazioni provenienti dagli altri tre sensi, anche se queste in realtà vengono trasmesse. Ma, allora, perché non applicare la nuova scoperta anche al vino? Noi siamo in grado di percepire le sue meravigliose sensazioni attraverso l’olfatto, il gusto, la vista e in parte il tatto. Non usiamo assolutamente l’udito. Tuttavia, non sembra che questo fatto mortifichi il piacere finale. Potremmo, allora, agire in controtendenza e fare a meno del gusto o dell’olfatto e inserire al suo posto l’udito. O magari usare solo quest’ultimo: secondo la ricerca canadese il risultato non cambierebbe.
Voi mi direte: “Ma che bisogno abbiamo di fare tutto ciò?”. La risposta è ovvia e addirittura banale. Uno dei sensi coinvolti nella degustazione è estremamente pericoloso e mi riferisco proprio al gusto. Il volere utilizzarlo porta alla deglutizione del liquido che attraverso complesse azioni biologiche termina nel sangue e causa l’ebbrezza tanto vituperata ai giorni nostri. Anche se in realtà non ne sono capaci, gli etilometri vogliono sfruttare l’informazione dovuta al gusto per penalizzare severamente i guidatori. Per distruggere questa forma di accanito proibizionismo basterebbe allora abolire il gusto e magari escludere anche l’olfatto (vuoi mai che anche i profumi che entrano nel naso vengano un giorno duramente perseguitati?).
A questo punto potremo lasciare anche solo l’udito. E non ci sarebbe etilometro in grado di punirci solo perché abbiamo “sentito” un bicchiere o anche due, quattro, dieci di un ottimo vino! Alla fine sarà il cervello a trasformare il suono del vino nella sua meravigliosa essenza finale. Non vi sarebbero più problemi per gli appassionati, per i vignaioli, i ristoratori, ecc. Forse sarebbe un po’ più difficile per i giornalisti e per i vari esperti del settore il doversi riciclare e diventare grandi intenditori della buona musica.
Cerchiamo di immaginare la nuova situazione: le più grandi bottiglie darebbero probabilmente sensazioni come quelle innescate da una sinfonia di Beethoven e quelle più dozzinali l’emozione ripetitiva di qualche “pezzo” da discoteca. Non sarebbe meraviglioso? In ogni modo, la via per uscire dalla tirannia dei controlli alcolici sulle strade è ormai chiara e nitida. E’ solo questione di tempo.
Domani stesso scriverò ai ricercatori di Montreal e chiederò questa preziosa aggiunta alla loro fantastica ricerca. Sono convinto che tutti i produttori di vino sarebbero ben lieti di regalare agli scienziati canadesi una delle loro bottiglie più prestigiose!

Nota dell’autore: la ricerca neurologica è assolutamente reale e anche i suoi scopi. Magari un po’ meno la mia applicazione. Almeno per il momento…

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Astrofisico per 40 anni, ho da sempre coltivato la passione per il vino e per il mondo che lo circonda. Vedo di traverso la seriosità che...

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