Caro Roero. Parlo direttamente a te (con la R maiuscola) e non solo al tuo vino rosso più importante che porta lo stesso nome. Poi ne discuterete assieme.
Quando ti si nomina, si accenna soprattutto all’arneis, alle pesche, alle fragole, al miele. Giustissimo, ma essi sono simboli stessi di un turismo mordi e fuggi, che subisce l’impari confronto con i cugini dell’altra sponda del Tanaro: le Langhe del barbaresco e del barolo, dei tartufi di Alba, delle nocciole e del silenzio dei rilievi più alti. Giocando su questo piano ne puoi uscire solo sconfitto.
Il turismo intelligente di oggi, soprattutto quello degli stranieri che si riversano sempre più numerosi in questa zona del Piemonte, vuole qualcosa di diverso che il solito connubio cibo e vino. La crescita di esercizi alberghieri e commerciali non può avvenire richiamando solo avventori dalle aree geografiche vicine. E’ indubbio che il cibo sia ottimo e il vino di gran pregio, ma è un delitto sfruttare solo una piccola parte di un enorme patrimonio culturale, in continua attesa di essere scoperto.
Vai a vedere i “depliant” che le aziende vinicole della regione del Bordeaux e della Borgogna offrono ai clienti. Troverai ovviamente ristoranti e alberghi, ma anche chiese, castelli, centri medievali sapientemente restaurati, grotte, punti panoramici, fiumi puliti e suggestivi, escursioni nella Natura e nell’arte, e via dicendo. Un caleidoscopio di emozioni che invogliano il turista a fermarsi più del previsto. Basta un piccolo esempio: i castagni secolari vicino a Montà. Chi li conosce al di fuori del Roero? Eppure ho visto, per molto meno, decine e decine di turisti muniti di macchine fotografiche in altre zone d’Italia e, soprattutto, del mondo.
In generale, sembri quasi nascondere la tua peculiarità geologica più appariscente (le Rocche) che si unisce a quella degli insediamenti urbani sorti esattamente sul suo bordo superiore e che si mostrano allineati da Pocapaglia fino a Montà (Sommariva Perno, Baldissero d’Alba, Montaldo Roero, Monteu Roero, Santo Stefano Roero). Sette magnifici borghi che se visti dall’alto sembrano sospesi al bordo dello strapiombo e tenuti insieme da una catena immaginaria perfettamente rettilinea. La stessa catena che dovrebbe legare il tuo intero territorio, al di là di inutili campanilismi locali.
Non basta però. Tu non sei solo terra di prodotti agricoli e meraviglie naturali, ma anche terra di storia antica che -malgrado il degrado dei secoli- ha ancora una potenzialità non indifferente. Sì, d’accordo, non siamo in Toscana o in Umbria, non vi sono cattedrali gotiche o romaniche e nemmeno borghi come Assisi, Volterra, Gubbio o San Gimignano. Tuttavia, qualcosa c’è e se combinata con le eccellenze alimentari potrebbe servire al decisivo salto di qualità.
Innanzitutto, il periodo romano. L’antica e importantissima Via Fulvia passava per Asti e si dirigeva verso Torino. Una sua deviazione portava da Asti a Pollenzo per poi dirigersi nuovamente verso Torino. L’importanza di Pollenzo (anche se oggi è al bordo del Roero) era formidabile e ne restano chiari segni. Lo stesso villaggio è costruito sopra l’antico anfiteatro e ne mantiene la forma. Le fondamenta delle case moderne poggiano sulle antiche mura. Eh sì, caro amico, a Pollenzo non vi è solo quell’orribile edificio neogotico che ospita la celebre Università del Gusto, ma di più, molto di più e di ben maggiore interesse per un turista straniero e non solo.
E chi sa che poco prima di salire verso San Vittoria d’Alba sorge il Turriglio, monumento di incerta classificazione, ma sicuramente segno dell’importanza del centro romano poco distante? Anche in questo caso, una semi nascosta freccia e nessuna divulgazione. Perché non ricostruire con cartelli e spiegazioni, attraverso le vigne e le colline, l’antico percorso della via romana? Sono sicuro che turisti con scarpe da montagna e cappellino in testa lo affollerebbero, cercando, di tanto in tanto, un ristoro per la sete e per la fame.
Su, coraggio! Anche tu ha i tuoi pregi architettonici e artistici. Una splendida crocifissione di Giovanni Spanzotti, seguace illustre di Piero della Francesca. Basterebbe sapere la sua esatta ubicazione, dato che viene spesso spostata come una valigia. E poi la chiesetta romanica di Priocca, con le suggestive absidi bicolori. E che dire degli affreschi di San Francesco a Santa Vittoria d’Alba, un “unicum” nelle rappresentazioni parietali sacre piemontesi, che potrebbero richiamare turisti a frotte, tra un piatto di ravioli del plin e un bicchiere del tuo roero? E degli affreschi pre-romanici di San Ponzio di Monticello? E dei tuoi castelli, veri gioielli di pura eleganza barocca?
Ma la serie non finisce certo qui.
Ecco, allora, la mia proposta: la natura eccezionale delle Rocche, dei suoi fiori e dei suoi alberi, l’ambiente urbano dei paesi arroccati su di esse e sospesi nel vuoto, la via romana che attraversava le colline per tenersi lontana dalle sponde paludose del Tanaro, le opere d’arte architettoniche e pittoriche ancora rintracciabili nelle chiese minori, le eccellenze della ristorazione e del vino, potrebbero creare un insieme turisticamente vincente e di grande richiamo non solo nazionale.
Basterebbe preparare degli itinerari artistici e naturalistici da pubblicizzare in ogni modo. La foto all’inizio dell’articolo ne rappresenta un semplice esempio. Una "tre giorni" a spasso tra le tue meraviglie. Sono convinto che i giorni diventerebbero presto molti di più. Nell’appendice finale elenco velocemente i luoghi da me prescelti, identificati dai numeri progressivi.
Inoltre, spenderesti molto meno che invitare personaggi di effimera fama che, dopo aver lasciato il territorio con qualche tartufo in omaggio, si dimenticano immediatamente del luogo dove sono stati ospitati con tutti gli onori. Non è quella la pubblicità che ti serve.
Forza Roero e roero, avete tutte le carte in regola per diventare principi e per entrare a pieno titolo tra i patrimoni dell’Unesco, non solo con le parole ma anche con i fatti.
(continua)
Astrofisico per 40 anni, ho da sempre coltivato la passione per il vino e per il mondo che lo circonda. Vedo di traverso la seriosità che...
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