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La ballata dell'anarchico Spigau, il bandito diventa re, di Enzo Zappalà

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La ballata dell'anarchico Spigau, il bandito diventa re

di Enzo Zappalà

Lui nasceva libero. Sua madre, la vigna, era sempre vissuta in quel modo. Accettava solo le carezze del vento, le lacrime del cielo, il sudore del Sole, i profumi del mare e delle sue erbe selvatiche. Avrebbe voluto essere selvatica anche lei, crescere senza regole e senza ordini, tra rocce e rovi, magari appoggiandosi a qualche contorto albero nei momenti più difficili.

Quello era il suo vero spirito, ma aveva anche capito che in tal modo non avrebbe potuto creare frutti in grado di tramandare la sua atavica voglia di libertà e di schiettezza. Aveva perciò deciso di scendere a un compromesso e si era affidata alle mani ruvide e salmastre di un uomo di poche parole e di profondi pensieri, Fausto, capace di comprenderla e di accompagnare i suoi figli verso una maturazione leale, umile e orgogliosa. Le piaceva quell’uomo: in certi momenti sembrava che anche lui avesse radici tra quelle pietre taglienti e che le sue mani sapienti assomigliassero a foglie e spine.

La vigna aveva visto giusto. Lui, il vino che ne usciva, riassumeva tutte le emozioni, le sensazioni, le sofferenze e le gioie di un’esistenza vissuta completamente nella natura più profonda. Conosceva le mille sfaccettature di quella terra arida e spigolosa, dove la vegetazione sembrava quasi urlare la sua sofferenza attraverso aromi intensi e pungenti. Conservava il nitido rumore delle onde che lo avevano cullato con una tenue e soave ninna nanna fin da quando era ancora nel grembo della madre. Era intriso del sale regalatogli dalla brezza che aveva a lungo chiacchierato con il mare.

Quell’uomo che lo aveva cresciuto e plasmato ne era contento. Era veramente il giovane che aveva desiderato e che sarebbe cresciuto senza farsi plagiare dalle banalità e dalle falsità del mondo “civile”. Era nato già adulto, consapevole dei valori della terra che lo aveva nutrito. Lo sguardo era fiero e combattivo. Non si sarebbe certo fatto piegare dalle mode e dalle false lusinghe che conquistavano i suoi fratelli più educati. No, lui era nato libero e doveva dimostrarlo, se non altro lo doveva alle ruvide tenerezze materne, alla dedizione di quell’uomo fiero e taciturno, alle erbe che lo avevano intriso della loro essenza, al sale che il mare gli aveva donato. E affrontò il mondo senza timori, orgoglioso e fiero di sé.

Purtroppo la schiettezza, la sincerità, e la semplicità sono doti che fanno paura alle regole predisposte e alla tranquillità forzata. Chi detta le leggi vuole che la “gente” segua l’ordine, la banalità, la sicurezza. Chi non lo fa è etichettato come “anarchico” e viene escluso. Sia esso un uomo o anche solo un vino.

Che cosa voleva mai quel rude personaggio pieno di idee e di ricordi e quel “bianco” che scalpitava di aromi ormai sconosciuti? Volevano entrare nel sistema, faticosamente costruito in anni di imposizioni pratiche e morali, per gettare incertezze, per far pensare, per risvegliare antichi sentori di libertà? Le commissioni degustatrici non potevano permettersi quel rischio. Mai e poi e mai. Gli anarchici vanno allontanati, combattuti, distrutti se possibile. Non si può rischiare di incrinare la banalizzazione che ha invaso le menti atrofizzate.

Il vino venne cacciato, irriso, schernito. Fausto, in fondo, se lo aspettava e cercò di lenire la delusione della sua creatura, cambiandogli il nome. Sfruttò l’arma più temuta dalle regole del vivere civile: l’ironia. Lo chiamò SPIGAU, lo declassò rispetto alle classificazioni fatte di luoghi comuni e prive di autentico significato, lo volle auto-deridere per evidenziarne ancora di più lo spirito selvaggio. Lo “schiaffo” non venne ovviamente compreso da chi faceva e seguiva le regole, ma il giovane vino ribelle capì perfettamente e trovò nuova forza. Aveva così tanta storia, cultura, rabbia e potenza dentro di sé che gli bastò lasciarle libere di agire. A mano a mano che gli anni passavano si divertiva a esprimere un caleidoscopio di nuove emozioni, di giochi di prestigio, di unioni a prima vista impossibili. Gli aromi del mare si mischiarono all’origano, al rosmarino, al timo; il sale s’intrise del succo dei limoni; la forza dell’alcol si lasciò cullare dalla luminosità del Sole; le pietre dure e taglienti riversarono le loro essenze minerali e liberarono sentori nascosti per milioni d’anni nelle viscere della terra.

Lo SPIGAU si divertiva a competere e, spesso, a superare i suoi blasonati cugini francesi e tedeschi. Per lui era facile, bastava lasciarsi andare e dare sfogo alla sua voglia di libertà e alla sapienza del suolo che si era concentrata in lui. Non aveva bisogno di tecnologie strane o di elogi secolari per raggiungere i massimi livelli. E non aveva nemmeno bisogno di messinscene pubblicitarie per essere diverso dalla normale banalità. Il suo mare era pieno di anfore romane, ma mai si sarebbe sognato di esservi rinchiuso, diventare attore di artefatte rappresentazioni teatrali. Lui poteva usare i normali contenitori, i più semplici. Era ciò che conteneva, la forza della terra e del mare che lo aveva invaso, a donargli la sua meravigliosa e unica solarità salina, la sua finta ruvidezza che si stemperava, nel tempo, in cristallina mineralità.

Lo SPIGAU, l’anarchico, il ribelle, il bandito, non aveva fretta e sapeva attendere. Dalla sua parte c’era la sincerità, la schiettezza e l’umiltà. Non sperava e non gli importava nemmeno che coloro che dettavano le leggi facessero un passo indietro. Sapeva che gli uomini liberi esistevano ancora, anche se sempre più nascosti tra i meandri della banalità. Glielo insegnava quotidianamente il suo creatore, Fausto, che lo aveva allevato rudemente da bambino e fatto crescere senza inutili fronzoli, ma con principi chiari e rigorosi. Nei momenti più critici si affidava anche ai consigli esperti, quasi materni, dell'amica Wilma che correggeva le picccole sbavature e lo coccolava come un bimbo.

Prima pochi, poi sempre di più, si accorsero di quell’oggetto misterioso, di quell’anarchico irruento e selvatico, ma anche gentile ed elegante. Che cosa importava a loro il suo nome che sembrava pesare come una condanna al confino? Che cosa importava se le varie denominazioni lo avevano abbandonato? Quello che importava era l’emozione che trasmetteva e la sua unicità sincera e commovente. Divenne un punto di riferimento e, senza volerlo, un modello da seguire.

Accidenti, proprio lui, l’anarchico! Sentì imbarazzo, forse anche un po’ d’irritazione. Stava diventando celebre, “di moda”, quella parola che aveva sempre odiato. Però, in fondo… era sempre una bella vittoria, anche perché conquistata con le sue sole forze e capacità. Infine, arrivò la ciliegina sulla torta. Forse doveva ormai aspettarselo, ma fu comunque uno shock condiviso con Fausto. Per un momento pensarono di rifiutare, di non accettare un riconoscimento che sembrava volerli inserire nel contesto della normalità che li aveva cacciati. Poi si affidarono nuovamente all’ironia e ascoltarono le voci divertite e pressanti del sale, del rosmarino, delle rocce, del mare, e accettarono.

Ma sì. Che cosa c’era di meglio per un anarchico, per chi aveva sempre lottato contro le regole e contro chi le regole le aveva create e imposte, diventare lui stesso il simbolo del potere, il signore, il capo, il re? E così accolse con un mezzo sorriso e con tanto orgoglio quella Corona dei Vini Buoni d’Italia che gli veniva calata sul capo. Un anarchico che diventava re. Assurdo, bizzarro, magnifico!

Fausto sorrideva tra sé e sé, ma già sapeva benissimo che avrebbe taciuto il suo segreto allo SPIGAU. Cosa avrebbe detto, infatti, il suo vino anarchico, ribelle, fiero di essere stato rifiutato dalla classificazione ufficiale, se avesse saputo che la prestigiosa rivista tedesca VINUM aveva appena incoronato Fausto il re del pigato? Accidenti… due corone erano veramente troppe per dei miserabili e spregevoli banditi!


Le Rocche del Gatto

Azienda vitivinicola di Crosa di Vergagni e De Andreis
Sede: Vico Fierè 1/c, Frazione Bastia - 17031 Albenga (SV)
Cantina: Regione Ruato 4, Frazione Salea – Albenga (SV)
Tel. +39 0182 21175
Fax +39 0182 21582
Web: www.lerocchedelgatto.it
E-mail......: info@lerocchedelgatto.it

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3 Commenti

Inserito da Luca Risso

il 18 ottobre 2010 alle 22:17
#1
... Penso che stapperò presto l'ultimo 2003 che mi è rimasto, dono di un amico..
Luk

Inserito da Francesco Depau

il 20 ottobre 2010 alle 00:55
#2
Caro Enzo, come conosci bene il caro Fausto.... e come hai sottolineato giustamente nella "Ballata" dello Spigau, l'umiltà è la virtù dei forti.Fausto è un romantico e anarchico che crede in quello che fà, che non sono vini, ma EMOZIONI!!!!

Inserito da Danilo Bruzzone

il 21 ottobre 2010 alle 08:20
#3
Certo che mi viene difficile ricordare come abbia potuto "sopravvivere", in tanti anni di assaggi, degustazioni e perchè no, anche di bevute..senza avere lo Spigau a portata di....mano (o meglio naso e bocca..), meno male che il Fato è benigno a volte e ha voluto che io avessi la possibilità, di conoscere l'uomo e le sue creature!

Da allora ho felicemente problemi di "dipendenza" da quei meravigliosi vini che hanno tutta quella maledetta puzza di liguria....

Invece, ormai non mi viene più difficile capire, come anche gli "altri" rimangano folgorati, quando assaporano la quintessenza del pigato..

FAUSTO sei veramente UNICO!!!

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Astrofisico per 40 anni, ho da sempre coltivato la passione per il vino e per il mondo che lo circonda. Vedo di traverso la seriosità che...

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