Abbiamo passato da poco il periodo delle degustazioni frenetiche che hanno portato alla stesura delle guide vinicole che stanno uscendo sul mercato. Soggettività e oggettività, esperienza e prosopopea, passione e guadagno hanno come al solito lottato tra loro e nessuno saprà mai chi è stato il vincitore.
Il Vino comunque rimane sempre un po’ in disparte e ancor di più la sua essenza profonda, ormai quasi dimenticata. Il Vino perde la “V” maiuscola e diventa soltanto vino, prodotto di cui parlare, discutere e/o mostrare come vessillo. Solo un altro dei già infiniti "beni" mediatici.
Insieme ad alcuni veri amici ho pensato di organizzare anch’io una degustazione, molto speciale però…
Luogo: Agriturismo Castel del Piano in Lunigiana (di cui avevo già parlato qui), dei simpaticissimi Sabina e Andrea, produttori ingiustamente poco conosciuti rispetto ai mostri sacri acclamati dalle guide, ma sorretti da grande e vero amore per il nettare di Bacco. Il posto è meraviglioso così come lo è l’ambiente umano.
La sera del 25 settembre mia moglie ed io siamo sul posto pieni di entusiasmo. Veniamo presto raggiunti da due fraterni amici americani di Portland (Oregon), Cheryl e Andrew, grandi esperti e appassionati di vino, che vengono in Italia ogni anno. Nella loro cantina i nomi dei più famosi produttori di Francia si abbracciano a quelli italiani e non hanno paura a mescolarsi a bottiglie semi-sconosciute. Tutte insieme, senza voler dimostrare niente, solo per sollevare emozioni e sensazioni sempre nuove. Di lì a poco, ecco arrivare anche Tonino e Graziella, produttori del Roero, ben noti a livello italiano e non solo (Deltetto). Ma lì sono solo in veste di carissimi amici, niente di più.
Siamo tutti pronti, alle sette di sera, per degustare dieci esemplari di pinot nero, scelti senza nessuna regola accademica e senza curarsi dell’anno. In fondo poco importa. Tre sono “signori” di Borgogna, uno dell’Oregon, tre dei padroni di casa (tre annate diverse), uno dell’azienda Il Rio, uno del Castello di Potentino, uno di Deltetto. Insomma, una vera sfida tra i Golia campioni del mondo e i piccoli Davide italiani. Con l’aggiunta di un intruso americano.
Facciamo le cose per bene. Ogni bottiglia viene versata in una caraffa e poi numerata due volte da due diversi partecipanti in completa solitudine in modo che l’anonimità sia assicurata: il bello sta proprio lì, almeno per noi. Un foglio di carta, tante chiacchiere, commenti, risate, senza timori reverenziali e senza paura di esprimere assurdità tecniche. L’atmosfera si riscalda, anche se la maggior parte del vino finisce nella “cassa da morto” in mezzo alla tavola. Il vino è tornato Vino. Siamo allegri, spensierati, un po’ come bambini.
Qualcuno azzarda ipotesi, annate, produttore, quasi con paura di togliere ai grandi di Francia la loro giusta autorità. Andrew che chiaramente esprime la speranza che i Borgogna trionfino (li ha portati lui…) e noi che lo prendiamo in giro. Si ritorna a ridere, a scherzare. Chi se ne frega se se si sbaglia o se si dicono “cavolate”! Siamo otto amici, anzi nove, Vino compreso. Non si deve dimostrare niente. Che bello, che divertimento, che emozioni! Poi tutti a cena con gli “avanzi” ormai svelati. Una serata meravigliosa.
Ah… dimenticavo… a qualcuno interesseranno, forse, i risultati, anche se provengono da dilettanti coinvolti solo dai valori veri del Vino: gioia, partecipazione, condivisione, umiltà, sincerità, amicizia. Insomma, sensazioni normalmente inutili. Comunque, presto detto. Ognuno di noi ha indicato i tre vini che gli sono parsi migliori, utilizzando punteggi, asterischi, crocette o anche solo parole (buono, molto buono, ottimo). Poi si sono contati quelli che avevano ottenuto più voti.
Primo, da solo, con 5 preferenze, è stato un Charmes-Chambertin, Gran Cru del 2003 . Secondi a pari merito (4 voti) un Nuit-St- Georges, Premier Cru del 2007 e - udite, udite! – il Melampo 2008 di Sabina e Andrea, scambiato da molti come uno dei più varietali.
Siamo proprio ignoranti? Probabilmente sì, ma è strano che 5 su 8 abbiano scelto lo stesso vino. Un risultato abbastanza anomalo se si vanno a confrontare fra loro i risultati delle guide (a parte gli intoccabili). Però, devo dirvi anche che nei riassaggi avuti tra una portata e l’altra, molti valori sembravano essere cambiati. Il Vino è fantasioso, si trasforma da un momento all’altro, è cosa viva e mutevole. Qualsiasi tentativo di oggettività si scardina in pochi minuti. Ed è giusto e bello che sia così.
Il vero scopo della serata è stato raggiunto in pieno: grandi vini (tutti buoni, dal primo all’ultimo), simpatia che si tagliava col coltello, rilassamento e nessun timore di sbagliare. E’ bastata una frase di Graziella, che normalmente si annoia parecchio durante le degustazioni ufficiali: “Che bello! Quand’è che giochiamo di nuovo?”.
A buon intenditor, poche parole…
Astrofisico per 40 anni, ho da sempre coltivato la passione per il vino e per il mondo che lo circonda. Vedo di traverso la seriosità che...
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