Dopo Monleale (prima parte), torniamo verso Tortona, percorrendo strade secondarie ricche di boschi e scorci meravigliosi. Arriviamo a Vho, già nella periferia della storica cittadina piemontese, ma ancora in piena e rigogliosa campagna. Superiamo un cancello e andiamo verso la grande e calda sala degustazione di Claudio Mariotto. Non aspettatevi però la “solita” sala degustazione. Qui vi è di tutto e di più in un caos di simpatia struggente. Sembrerà di essere a casa e sarete sempre accolti come vecchi amici di famiglia.
Ogni volta, però, Claudio e il fratello Mauro riescono a sorprenderti! Siamo in ritardo e ci stanno aspettando da un po’, ma siamo accolti con un vero tripudio di abbracci e di sorrisi. Ci aspettavamo un boccone di salame e formaggio per accompagnare i grandi vini di casa e invece c’è una tavola imbandita con antipasti vari in bella mostra su un tavolo a fianco. Sì, è un vero pranzo con tanto di chef da antologia. Un robusto amico di famiglia che si diletta di cucina (e molto bene!) con una bandana a coprirgli i capelli, un grembiule colorato e una parlata che mischia veramente le quattro regioni che si schiacciano l’una contro l’altra. Ma la simpatia è unica, travolgente.
I due amici americani sono commossi e non sanno cosa dire. Come potevano aspettarsi un’accoglienza di questo genere, fatta di semplicità, di professionalità e di vero spirito d’amicizia? Non siamo ancora entrati e già abbiamo un bicchiere in mano, con un timorasso che Claudio guarda quasi con sufficienza: troppo giovane. Dopo il 2005 sono bambini impreparati al mondo. Ma tanto vale provarlo… per poi fare il confronto con i signori più attempati. E le bottiglie si aprono a ritmo incalzante, sia di Derthona che di Pitasso, mentre gli anni scalano: 2004, 2003, 2001, 2000. Mamma mia! Che vino il 2000! Sembra il più fresco di tutti. “Per forza”, dice Claudio, “comincia a capire di essere un grande vino…”. E ride di gusto e chi non lo conosce lo potrebbe prendere per un personaggio un po’ fuori dalle righe, superficiale e magari troppo spensierato. Niente di più sbagliato. Claudio è uomo di pensiero e di riflessione. Ha scelto di mascherare il suo vero spirito razionale e lucido dietro una specie di coperta che lo protegga dal mondo esterno. Un velo che gli permette di leggere gli altri e giudicare, senza uscire allo scoperto. Ma quando decide di aprirsi veramente e di scoprire il suo vero volto è amicizia pura, intelligenza ricercata. D’altra parte come potrebbe fare quei fantastici vini se quella non fosse la sua vera natura?
Il fratello Mauro non è da meno. Sprizza simpatia e condivisione da tutti i pori. Quando il nostro chef porta in tavola due risotti prelibati, uno al timorasso e l’altro alla barbera, i due amici d’oltreoceano sono già pienamente integrati: si parla, inglese, francese, italiano, ligure, piemontese, emiliano, o magari tutti insieme. Ma ci si capisce benissimo. Parlano i sorrisi, i bicchieri, le pacche sulle spalle, le risate sincere e semplici. E’ una lotta bellissima tra bianchi superlativi. Walter ha ovviamente portato qualche bottiglia da casa ed esse si inseriscono tra quelle che Mauro e Claudio continuano ad aprire. Nessuno cerca di valutare quale sia la migliore… Non ha senso. Si rasenta comunque la perfezione e forse la si supera anche come emozione totale e profonda. E’ una vera festa di sensazioni e di pensiero.
Poi arrivano i “pisarei di Natale”. Sono la tipica pasta fatta in casa del piacentino, dalla forma a conchiglia, normalmente serviti con i fasò, i fagioli. Ma per la festa di Natale si fanno con un ricco sugo di pomodoro. E oggi è una vera festa. Arriva anche Elisa de La Colombera e aggiunge anche il suo Montino alla baraonda (oggi non abbiamo più tempo per andare da lei, ma la visita è solo rimandata). Si aprono le barbere… e che barbere: la Bigolla 1997 di Walter e il Poggio del Rosso di Claudio e Mauro. E’ un delirio di profumi e di sensazioni cangianti, ma l’occhio mi cade sulla retro etichetta del vino di casa.
Quel “rosso” non sta per il vino o l’uva. No, è un ricordo del papà, grande uomo di vigna, soprannominato “il rosso”. Poche parole commosse e sentite ne compongono la dedica, quasi nascoste e timorose. Claudio sta scherzando animatamente con un occhio di riguardo alle signore che sono presenti al banchetto. Sembra un bambino scatenato, senza freni e senza controllo. Prendo in mano la bottiglia, lo guardo negli occhi e gli indico la dedica. Si fa per un attimo serio e mi sussurra: “I valori profondi non si possono dimenticare e io ho tanti ricordi…”. Poi scoppia in una risata allegra e spensierata strizzandomi un occhio, come per dire: “Ma sì. Viva l’allegria e la spensieratezza. Per la commozione c’è sempre tempo. E poi chi mi vuol capire mi capisce.” Ed è vero. La mia stima per lui, già enorme, sale ancora di più. Anche il vino sembra ancora più buono. In fondo il vino non è emozione? E allora diamogli spazio!
E’ ora di andare… che peccato. La promessa è ovviamente di trovarci al più presto. O da loro o in qualsiasi altro posto. Gli americani hanno gli occhi lucidi, ma non sono ubriachi, sanno come bere. Fanno anche loro una promessa che viene dal profondo e che verrà sicuramente mantenuta. Saranno ambasciatori del timorasso a Portland, in Oregon, terra di grandi appassionati. Conoscono molto bene i famosi bianchi d’oltralpe, ma non hanno dubbi: il timorasso non teme paragoni. Alla prossima grandi Walter, Claudio, Mauro, Elisa… e grazie di cuore. Viva lo spirito del vino e dell’amicizia!
Claudio Mariotto Azienda Agricola
Strada per Sarazzano 29
Loc. Vho, 15057 Tortona (AL)
Tel. 0131 868500
email: [email protected]
Sito Web: http://www.claudiomariotto.it
Astrofisico per 40 anni, ho da sempre coltivato la passione per il vino e per il mondo che lo circonda. Vedo di traverso la seriosità che...
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Inserito da Luciano Pavesio
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