Accusatemi pure di essere “nebbiolizzato”, ma non mi stancherò mai di ripetere che questo vitigno è il vero Re indiscusso dell’aristocrazia enologica mondiale. Chiamatemi pure ignorante, approssimativo, inesperto, incapace di cogliere sensazioni a volte troppo latenti e a volte di dubbio risultato (vedi sentori animali e cose del genere), ma non c’è Pinot Nero o Cabernet o Merlot che tengano. Il più grande vitigno resta solo e soltanto lui. Sua Eccellenza il Nebbiolo.
Farò anche scontenti molti, ma aggiungo che la sua massima espressione era e rimane, per me ovviamente, quella che si ottiene ai due lati del Tanaro, leggi Langhe e Roero. Forse per parecchi di voi ho detto solo una banalità. In questo caso, meglio ancora. I suoi tannini ruvidi, arcigni, spigolosi sanno trasformarsi nel tempo in un caleidoscopio di eleganza e di suggestioni così complesse da sembrare irraggiungibili. Nessuno, tra i produttori di barbaresco, barolo, roero o anche solo nebbiolo, si sognerebbe mai di non lasciare libero sfogo ai tannini. Chi si avvicina per la prima volta al grande vitigno può rimanerne turbato e interdetto. Il palato sembra respingere la sua audacia e asprezza gustativa, a prima vista nemiche del senso di facile piacere. Bisogna provare e riprovare fino a che le mucose ne siano conquistate e nasca un idillio meraviglioso.
Il nebbiolo è l’unico vino che sale con forza e sicurezza su per il naso, senza timore di inondarlo di profumi balsamici. Non può certo limitarsi a quella piacevolezza rilassata e senza energia che in troppi vini (spesso celebrati e glorificati oltre misura) si ferma e si addormenta nella bocca. Chi supera il primo momento di incertezza e di stupore, è pronto a capirlo. A quel punto il nebbiolo diventa una droga: non puoi più farne a meno.
Il nebbiolo è come un opera artistica del Rinascimento: severa, equilibrata, rigorosa, matematicamente e geometricamente perfetta, che non può essere compresa al primo sguardo. Su cento persone che ammirano la Gioconda, solo una o due riescono a capirne la vera essenza che va al di là della fisionomia umana. Là, dove si cerca troppo facilmente la somiglianza e la tecnica, quasi fosse una meravigliosa “foto”, vi è la natura stessa, sia reale che concettuale, che aspetta di essere assorbita fin nei suoi più piccoli risvolti etici, estetici e razionali. Senza sconti o aiuti. Si offre misteriosa e complessa e dona un tripudio di sensazioni solo a chi si sforza di comprendere l’interezza dell’opera e non solo la sua veste esteriore.
Così è il nebbiolo. E’ quello è il suo coraggio, la sua forza e la sua grandezza. Tuttavia, le possibilità del nebbiolo vanno ben oltre quelle ormai classiche di vino rosso fermo, secco, potente. Quel grappolo “nebbioso” e seducente nei suoi riflessi quasi argentati dell’autunno, sa fare sicuramente di più e aprirsi alle novità. Molti l’hanno capito e hanno cominciato a fare versioni rosate o - ancora più audacemente – spumanti con metodo classico. I risultati sono stati più che apprezzabili e interessanti.
Tuttavia, sembra che vi sia ancora paura e timore di lasciare libero un cavallo di razza. I suoi tannini sono spesso ammorbiditi e addolciti eccessivamente. Si cerca di diluire la potenza e il vigore che freme al suo interno. E’ come costringere ad andare al trotto un purosangue che vorrebbe scatenarsi al galoppo. Paura del gusto internazionale e della novità ? Timore che i tannini stravolgano la visione stereotipata dei grandi spumanti ? Cari amici “nebbiolisti”, non abbiate paura! Non frenate le potenzialità di un vitigno che ha già dato ampiamente prova di non temere le prove più ardite e di camminare imperioso e sicuro attraverso gli anni. Scaricate nello spumante di nebbiolo tutta la sua energia.
Qualcuno l’ha già fatto. Magari non è l'unico, ma io -al momento- ho assaggiato solo un nebbiolo spumante degno di tale nome. Per adesso, non posso dire di più, anche se il primo assaggio è stato sublime. Yes, we can! Sì, si può fare! I tannini posso tranquillamente scatenarsi e seguire con sicurezza la nuova avventura. Il nebbiolo che ha dato origine a questo nuovo purosangue lanciato al galoppo proviene da Neive, un luogo in cui il nebbiolo regala un barbaresco indiscutibilmente da leggenda. Poi è subentrata l’esperta e sapiente mano di Franco (per adesso ci deve bastare questo nome), enologo senza ombra e senza paura che si è lanciato in questa impresa con ardore e dedizione.
Non ci resta che aspettare che il nostro serio e competente amico reputi che sia arrivato il momento di uscire allo scoperto. Da quanto ho potuto “gustare” in anteprima, non ci vorrà molto. Scopriremo anche come - non certo casualmente - la sua vita professionale (e non solo) si sia legata a un altro maestro di vino, che ha fatto della verità e del coraggio la sua arma vincente.
Abbiate ancora un po’ di pazienza e aspettate la seconda puntata di questa storia di vino, di coraggio e di sincerità. A presto…
Astrofisico per 40 anni, ho da sempre coltivato la passione per il vino e per il mondo che lo circonda. Vedo di traverso la seriosità che...
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Inserito da Luigi Bellucci
il 22 luglio 2011 alle 14:45