Tutta questa cosa di Schwazer mi ha fatto molta tenerezza, non tanto per lo sportivo, che pure porterà la croce più grossa, quanto per l'uomo. Siamo in una società fatta di molta forma e poca sostanza dove conta di più una condanna esemplare ad uno che la sua vita non la vive affatto (almeno nel senso pieno del termine) per raggiungere e regalare risultati sportivi di massimo livello e dove prosciolti per prescrizione prosperano nelle camere della legge (sic!) da cui il fetore sale sempre più forte. E' un paese di soubrette, tette e culi, dove il gossip è entrato prepotentemente anche nel mondo dello sport (o viceversa, non importa).
No, non mi sento di condannare un ragazzo che spendeva la propria vita ad allenarsi, mangiare e dormire solo perchè sotto uno stress indotto da aspettative eccessive di pubblico, colleghi, entourage, compaesani e familiari non se l'è sentita di tirarsi indietro, di voltare pagina. Lo capisco molto invece. Se la lunga conferenza stampa che ho ascoltato per intero oggi è tutta sincera - e a me lo sembra, almeno in gran parte - siamo di fronte a qualcuno che è arrivato a doparsi come estremo gesto, laddove le pressioni psicologiche si sono fatte più forti e insostenibili, l'estremo tentativo di far felice chi credeva in lui a tal punto da non vederlo ormai logorato dentro.
Del resto, ha ammesso lui stesso che ormai era questione di puro agonismo, nessuna passione - questo mi ha colpito molto - puri gesti automatizzati forzati da un business dello sport che ci ha portato probabilmente ad arrivare al limite dell'umano agonismo. L'errore sta tutto qui, nel non saper accettare i nostri limiti e soprattutto quelli degli altri. Il limite c'è. Se il doping esiste è perché questi limiti non si vogliono accettare è perchè la società richiede sempre un po' più del massimo che puoi dare e perchè comunque se devi confrontarti agonisticamente con altri che ne fanno uso la lotta sarebbe impari. E' un loop catastrofico.
Mi è piaciuto molto quando Schwazer ha detto di volere soltanto essere un uomo normale, avere un lavoro semplice, tornare la sera a casa dalla mia famiglia e staccare la spina, magari dopo una birretta con gli amici. Alla fine la serenità è l'anticamera della felicità e non pretendere poi molto dalla vita rende tutto più semplice. A Schwazer si è chiesto troppo, lui stesso si è chiesto troppo.
Ma quando hai già dato tutto, porti un nuovo limite, più alto, forse è un meccanismo automatico indotto, che se non ci sei non lo capisci. Io nelle sue parole ho letto un grido d'aiuto e forse questo gesto sconsiderato, in cui fondamentalmente non credeva, gli è anche servito per uscire da un vicolo che vedeva ormai cieco.
Un cin alla nuova vita, siamo uomini non umanoidi.
Laureato alla Facoltà di Giurisprudenza di Genova nel 2003, ho fatto pratica legale in uno studio per circa 2 anni ma non ho mai provato a dare...
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Inserito da Enzo Zappalà
il 10 agosto 2012 alle 08:04I perdoni e le assoluzioni con la lacrimuccia lasciamola magari per chi non ha da mangiare e lotta tutti i giorni per sopravviveree e poi viene magari ricacciato in mare...