Tra le altre cose, gestisco un network pubblicitario italiano esclusivamente dedicato al settore wine & food, si chiama VinoClic. Di tanto in tanto, capita che qualche editore del network, in modo del tutto lecito, rifiuti la pubblicazione di una campagna pubblicitaria per ragioni diciamo così "etiche" o di "conflitto d'interesse" tuttavia mi capita spesso di chiedermi dove questo conflitto d'interesse possa effettivamente risiedere dal momento che l'attività editoriale di ciascun editore è completamente separata da quella di vendita pubblicitaria condotta dalla concessionaria.
E' il banner a creare il conflitto d'interesse oppure l'editore, il publisher, il blogger con le proprie decisioni e le proprie scelte? E' la mera forma a stabilire chi deve essere considerato etico o non etico oppure - e più seriamente - è la coerenza con gli obiettivi e le finalità di trasparenza perseguite nei confronti dei propri lettori a fare la differenza?
No perchè questa cosa mi manda in corto circuito.
Al contrario di quel che avviene normalmente nel settore della carta stampata, per esempio, dove il rapporto tra concessionaria di pubblicità e testata è spesso molto stretto e in alcuni casi arriva perfino a prevedere momenti di confronto comuni se non addirittura pianificazioni editoriali congiunte a quelle pubblicitarie, nel rapporto tra VinoClic e i propri editori non esiste alcuna possibilità di interferenza editoriale e/o pubblicitaria tra editore e concessionaria e viceversa dal momento che:
a) i due soggetti operano in modo completamente indipendente e senza quindi che sia possibile pianificare di parlar bene o male di qualcuno in funzione della pubblicità ospitata
b) una delle regole del network è proprio quella del divieto di commistione tra pubblicità da noi venduta e contenuto. Alcuni editori del network sono stati perfino allontanati per comportamenti in questo senso scorretti.
Per restare sul pratico, un banner che visualizza una pubblicità di una bottiglia in vendita - quelle rare volte che capita - così, solo e per sé stesso, può compromettere la libertà di giudizio di un giornalista, di un blogger, di un editore? Può compromettere la fiducia tra publisher e lettore financo indebolirne l'immagine oppure, più verosimilmente, tutto dipende da quello che in realtà dici e scrivi e dall'opinione che il lettore, indipendentemente dal banner, è ben in grado di farsi su di te?
La smetteremo mai di occuparci di forma per pensare alla sostanza? Daremo mai il giusto credito alle possibilità cognitive e critiche dei nostri lettori?
Mi vorrete scusare poi, per l'eccesso di retorica.
Laureato alla Facoltà di Giurisprudenza di Genova nel 2003, ho fatto pratica legale in uno studio per circa 2 anni ma non ho mai provato a dare...
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