Quando non hai le parole, quando non sei all'altezza, l'unica via è affidare il compito a qualcun altro, qualcuno di cui hai profonda stima e che possa fare quella cosa così difficile con naturalezza, semplicemente perchè è la persona giusta. Enrico Paternoster, è la persona a cui ho chiesto di salutare Bruno Gottardi, anima di un vino che ho nel più profondo del cuore, interpretazione cristallina di un modo di essere e di concepire le cose della vita che ammiro. Ringrazio il destino per avermi fatto incontrare negli ultimi mesi queste due persone straordinarie. La parola ad Enrico, che ringrazio dal profondo del cuore.
Di una persona, quando ci lascia, non resta solo un grande vuoto. Rimangono le impronte che ci consegnano un cammino, una direzione. Amabili resti. Di Bruno Gottardi amo un’immagine fra tutte. Quella di un signore, elegante nel suo sarner grigio, la camicia bianca perfettamente stirata, i pantaloni di velluto, gli occhi furbi e intelligenti. Lavorare con lui ha significato innanzitutto condividere la passione per questo grande vino, il Pinot nero, di cui Bruno è stato un raffinato interprete.
Del fare vino amava soprattutto la misura artigianale, fatta di dedizione, attenzione, premura e curiosità. “Così mi sembra sia il Pinot nero “ diceva. E in quel “mi sembra” apriva lo spazio del possibile, il fascino per ciò che scontato non è, ma pure la profonda saggezza di chi sa riconoscere nel proprio operare il sapore del tentativo.
Basta entrare nella sua cantina per cogliere quest’ idea semplice ma severa del mestiere del vignaiolo. “Lo scopo della cantina è quello di produrre il vino, e non ha bisogno di eccessi per essere grande.”
In una società votata al culto dell’immagine, dell’apparire, Bruno Gottardi si è distinto per il suo essere uomo di sostanza. La sua è stata una ricerca rigorosa dell’essenziale, di ciò che veramente conta. Una lezione di stile. Dentro e fuori dalla cantina. Ricordo pomeriggi interi passati a ragionare di vigneto, di tecnica. Prima dell’imbottigliamento erano di rito le considerazioni finali sull’annata, sul lavoro svolto, accompagnate spesso da bottiglie dei più grandi cru di Borgogna, testimoni eccellenti ed emozionanti della nostra comune passione per il buon vino e la buona conversazione. “Non ti fare troppe domande“ mi diceva. “Il più grande nemico del buono è il meglio”. E quando questo meglio diventa stimolo per non fermarsi e andare avanti ancora, allora è forse il più grande alleato del buono.
Questo Bruno non me lo ha mai detto, ma verso tale direzione sono orientate le sue impronte.
Enrico Paternoster
Fotografia © Jörg Wilczek
Tratta dal libro:
Vignaioli dell’Alto Adige. Protagonisti di una viticoltura eroica. Folio Editore (Vienna/Bolzano) ISBN 978-88-6299-012-7
Laureato alla Facoltà di Giurisprudenza di Genova nel 2003, ho fatto pratica legale in uno studio per circa 2 anni ma non ho mai provato a dare...
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Inserito da Mattia Filippi
il 29 novembre 2010 alle 11:39riflettono la grande semplicità di Bruno Gottardi;
semplicità che, per chi ha avuto la fortuna di conoscerlo, è la prima di una serie di valori veri e nobili che Bruno rappresentava.
Il silenzio e la capacità di osservazione mi hanno colpito di lui, l'entusiasmo e la luce dei suoi occhi quando si parlava di vino...
Un caro saluto a Bruno...
Filippi Mattia