Chissà se è una moda o qualcosa di più concreto. Solo il tempo ce lo potrà dire.
Per adesso è una scommessa, che Oscar e i suoi collaboratori hanno fatto con il mercato: un vino pronto da bere prima di Natale, un vino rosso di undici gradi, pieno, morbido, lungo in bocca, in una parola “piacevole”. Sono stato uno dei pochissimi fortunati che lo hanno assaggiato in anteprima nella splendida cornice della Tenuta Fontanafredda. La serata è di quelle che ti restano nella memoria, per l’ambiente, le persone, le immagini, la musica, i cibi, il vino e non ultimo per la cornice scenografica e coreografica della neve che, illuminata nella sua danza dalla luce giallastra dei lampioni sulla strada, scende uniforme in piccoli fiocchi oltre le vetrate a sinistra del nuovo anfiteatro, all’interno del Palazzo dell’Orologio, nei nuovi locali della Fondazione Emanuele di Mirafiore, mentre sorseggi dal calice il vino appena versato e sulla tela bianca la veduta aerea della tenuta fa da sfondo alle calde parole in piemontese di Felice Marino, vecchio partigiano di Langa, da Cossano Belbo.
Domani, 8 dicembre 2010, Già arriva nei negozi, nei supermercati e nei ristoranti per il piacere di chi lo vuole assaggiare.
Martedì 30 Novembre 2010
Mi ha invitato Francesca a questa anteprima. Parto da Bordighera in treno perché ho tempo, perché mi voglio rilassare leggendo un paio di libri da recensire e perché le previsioni danno neve anche nel basso Piemonte. Scarto il treno che passa da Savona e scelgo il Ventimiglia Limone Cuneo Alba. Il treno risale tutta la valle del Roya, dopo circa 15 chilometri entra in Francia, tocca Breil e poi Tende e rientra in Italia circa dieci chilometri prima di Limone.
Boschi, piccoli villaggi, colori d’autunno, pochi passeggeri, qualche studente, qualche pensionato, e oggi la neve, che scende leggera in piccoli e radi fiocchi che sfiorano il vetro come le bollicine minute e sottili del perlage nel bicchiere di champagne.
Due cambi e in circa quattro ore arrivo alla stazione di Alba.
Mi aspetta sulla piazza all’esterno Gianfranco, con la sua macchina, per portarmi a destinazione a Serralunga d’Alba, alla Tenuta di Fontanafredda. I pochi chilometri dalla stazione di Alba alla Tenuta sono l’occasione per apprezzare questo luminoso paesaggio innevato, i boschetti sui versanti freddi, le viti spoglie e magre sui versanti più caldi, le villette e le cascine con gli stessi colori del bosco d’autunno, rossi, gialli, bruni, verdi più chiari e più scuri. Con Gianfranco si parla di crisi, di lavoro che manca, di campagna, di neve e di gelo, ma anche di studenti, di giovani delusi e di riforma universitaria. È davvero una persona squisita. Solo alla fine vengo a sapere che lui a Serralunga fa il sindaco e penso che forse non è poi così frequente questa partecipazione alle problematiche spicciole delle aziende del territorio e mi sembra una bella forma di collaborazione e di rispetto del lavoro degli altri.
Mi sistemo in una stanza della foresteria di Villa Contessa Rosa, all’interno della Tenuta.
Qualche minuto prima delle sette scendo verso il Palazzo dell’Orologio e incontro Francesca che mi accompagna nel salone davanti all’anfiteatro. A destra scaffali di libri, suddivisi per tematiche, quelle del Bosco dei Pensieri inaugurato quest’anno, a sinistra scaffali di bottiglie. Che bella idea quella di proporre una buona lettura mentre si sorseggia del buon vino appena stappato.
In fondo tavoli e banchi per il taglio dei salumi, dei formaggi e un luogo per ritrovare sé stessi e per ritrovarsi con amici e parenti nelle giornate speciali ma anche in un giorno qualunque per godere di ciò che la buona terra ci propone.
Intanto arrivano alla spicciolata altri giornalisti da tutta Italia e poco prima delle otto ci accomodiamo sui banchi di legno che formano l’auditorium.
Ecco Già
Un giovane versa nei calici già pronti davanti a ciascuno di noi il vino oggetto della visita. Ed ecco che si sente il profumo di Già arrivare al naso mentre Oscar Farinetti dà il benvenuto e inizia la sua breve presentazione. “Il futuro è nel passato” questo vuole essere lo spirito del nuovo vino, un ritorno ai vini da bere prima di Natale, non un novello, ma un vino maturo, magari con qualche grado di meno di quelli a cui siamo abituati. Ormai la nuova legislazione automobilistica sta trasformando in delinquente chi mangia e beve al ristorante. Un vino di undici gradi ti dà una mano a migliorare la tua soddisfazione davanti a un piatto della tradizione, magari proprio una buona bagna cauda invernale con un bel cardo gobbo o dei peperoni croccanti.
Per parlare del vino e dei suoi segreti c’è Danilo Drocco, enologo e Direttore Tecnico. Già è un uvaggio di vitigni tutti “nostri”: Barbera al 40%, Dolcetto al 40% e Nebbiolo al 20%.
Mentre Danilo racconta e la mia mano prende appunti, dal bicchiere posato sul tavolo davanti a me esce il fruttato di Già appena versato, note di ciliegia e frutti rossi maturi.
Il vero lavoro per questo vino, così fresco e gradevole, avviene nel vigneto. Dopo il diradamento e la raccolta dei grappoli, si fa una fermentazione veloce, di circa sette giorni, si lavora prima il dolcetto, che aiuta nella malolattica, poi si lavora il barbera e per ultimi i grappoli di nebbiolo.
Per poterlo bere prima di Natale non si fa affinamento ma si misura la gradazione alla fine della fermentazione e si fa una riduzione alcolica mediante una dealcolizzazione fisica di tipo meccanico mediante una tecnica di osmosi inversa a una pressione appena di poco superiore a quella atmosferica. Il vino perde il 2% dell’alcol presente mediante il passaggio dell’eccesso di alcol attraverso una membrana filtro, che lo fa scendere da 13 a 11 gradi. Così facendo il vino mantiene la sua morbidezza senza perdere né profumi né corpo.
Tutta la lavorazione avviene solo in acciaio, garantendo la massima pulizia e l’assenza di qualsiasi contaminazione indesiderata.
Ancora Oscar per evidenziare che Già deve essere “figlio della propria annata” e quindi ogni anno Già avrà caratteristiche diverse dall’anno precedente perché presumibilmente il terreno, la pioggia, il sole, i freddi e i caldi e il microclima daranno ogni volta un’impronta diversa al vino mediante le uve e la loro maturazione nel tempo.
La prima produzione sarà di duecentomila bottiglie, da vendere in maniera “bipartisan” cioè sia nei ristoranti, sia nelle enoteche ma anche nella GDO (grande distribuzione organizzata).
La bottiglia non è la classica da tre quarti ma deve essere da litro, proprio per migliorarne la convivialità e il prezzo vuole essere imposto a dieci Euro, che equivalgono ai sette euro e mezzo della bottiglia tradizionale. Ai produttori che hanno voluto fornire le loro uve è stato pagato un prezzo superiore del 20% ai massimi di mercato, se hanno rispettato i disciplinari richiesti dall’azienda. Il prezzo finale al consumatore di dieci Euro, dice sempre Oscar, è un prezzo “democratico” perché vuole remunerare nella giusta misura tutti i componenti la filiera di produzione.
Quando assaggi un vino e ti piace, ricorda Oscar, puoi dire che “il vino fa unire la terra al cielo”.
Per il lancio del prodotto l’azienda ha voluto investire una grossa fetta del fatturato in pubblicità sui principali quotidiani nazionali e in spot pubblicitari da 7, 15 e 30 secondi sulle reti televisive. Per il momento si vuole tenere lontana dalla pubblicità sulla rete internet, ritenuta non ancora matura per una promozione di largo respiro.
Più che un costo di marketing lo si è considerato un investimento in ricerca, proprio per vedere l’impatto sul mercato nazionale e mondiale. L’obiettivo finale, se la “ricerca” darà i risultati sperati, è di moltiplicare di un fattore cento il fatturato entro un numero ragionevole di anni. Altro obiettivo, ancora più importante, cui Oscar tiene molto, è quello di legare il nome del vino, nelle prossime annate, alla regione da cui proviene. Insomma gli piacerebbe che si chiamasse Già Piemonte ed è disposto a regalare l’idea alla Regione Piemonte.
Intanto che Oscar parla, Già impone la sua presenza ai nostri apparati olfattivi. Il naso riconosce quella nota vinosa di frutti rossi maturi che si alterna e spesso sovrasta l’odore gradevole ma deciso del legno fresco dei banchi nuovi su cui siamo seduti.
Intanto partono gli spot. Su uno sfondo di campagna di Langa ecco un viso di “nonno” piemontese, che in puro dialetto ricorda i vini che si bevevano una volta Già prima di natale ed erano così buoni “Um piasaria … d’na vota”. Ad accompagnare le immagini del testimonial Felice Marino, ex partigiano e produttore di ottima farina, si ascolta una suadente musica composta da Gian Maria Testa.
La mano intanto ha preso il bicchiere e il naso riconosce un bel profumo vinoso, di spezie, di frutti rossi, la memoria richiama emozioni di castagne arrosto attorno a una stufa. La bocca ne prende un sorso e sente una bella morbidezza, dei leggeri tannini e poi una sensazione di persistenza che si prolunga nel tempo, accompagnata da un’ampia salivazione e da una eccezionale e piacevole sapidità. Nel buio della sala tra uno spot e il successivo, l’occhio vola sulla neve che scende, fuori, sulla strada, illuminata dalla luce gialla dei lampioni davanti al Palazzo dell’Orologio.
Prima di lasciare la sala ancora un filmato di tre minuti su Mirafiore, come e perché nasce, con la storia di Emanuele di Mirafiore, figlio morganatico del re Vittorio Emanuele II e della “bela Rusin” e le interviste a chi rappresenta oggi l’azienda, il Direttore Generale Giovanni Minetti, ma anche i cantinieri Bruno Enrione e Andrea Cassinelli, il responsabile della gestione agricola Alberto Grasso ma anche Franco Drocco, operaio del reparto vini rossi.
La cena da Cesare
Continuiamo gli assaggi del vino nel ristorante da Cesare di Villa Contessa Rosa, a cento metri dal Palazzo dell’Orologio, con i cibi preparati da Cesare Giaccone e dai suoi ragazzi. La cena meriterebbe un racconto a parte ma non possiamo fare a meno di elencare almeno i piatti serviti, con i relativi vini.
Attorno alle due tavole rotonde siamo circa una quindicina.
Si parte con una croccante e deliziosa fritturina di acciughe diliscate, con relativo bis.
A seguire una strepitosa bagna cauda di vecchia Langa con le verdure a parte e l’aglio abbondante che sfrigola nell’olio tenuto in temperatura dalla fiammella sotto al tegame.
Ancora un delizioso antipasto con il cotechino con i sancrau, morbidissimo e saporito.
Poi come primo piatto una Panada, piatto semplicissimo fatto di buon brodo caldo, pane e rosso d’uovo immerso nel liquido, a dare vigore ai piatti poveri, ma molto sostanziosi, di una volta.
Ancora la gallina bollita, con la salsa verde, per completare la tradizione dei piatti popolari.
Un dessert di gelato su crema ai frutti di bosco e, per chi ancora se la sente, la pera cotta calda affogata nello zabaione preparato al momentoda Cesare , per il top della serata.
Ad accompagnare i piatti il Già Langhe Doc Rosso 2010 di 11 gradi dal lotto L1032701, ma anche un Langhe Doc Nebbiolo 2008 di 14 gradi dal lotto L1018702 e fascetta AAA06298255.
E ancora un eccellente Mirafiore Barolo DOCG 2004 Riserva di 14 gradi dal lotto L1018605 e fascetta AAD05394067. Non ultimo un superbo Lazzarito Barolo DOCG 1999 di 13,5 gradi dal lotto L03/210 e fascetta AAB09541860.
A questo punto non rimane che ritirarsi per una lunga e riposante dormita prima di iniziare il viaggio di ritorno a Bordighera, ancora col treno della Val Roya.
Sono nato in una torre malatestiana del 1350 sulle primissime colline del Montefeltro romagnolo, massi rotolati fino all'Adriatico...
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