Un’oasi di pace e di bellezze naturali per una sontuosa verticale di un bianco di gran classe. Massimo Lupi, con papà Tommaso e mamma Giuliana, mette alla prova sé stesso su dieci annate di Vignamare, il suo Pigato di eccellenza, per un confronto su un panel di una ventina di assaggiatori, giornalisti ed esperti. Il più vecchio è il 1994, il più giovane il 2006, in anteprima, perché uscirà sul mercato solo a fine 2009. Non vogliamo anticipare nulla sui risultati e lasciare la sorpresa della scoperta leggendo avanti.
Mercoledì 27 Maggio 2009.
Dalla mattina il cielo è terso e pulito per la temperatura che si è abbassata, dopo lo sfogo di ieri sera, quel tanto che basta per portare l’umidità al punto di equilibrio.
Parto per Bordighera in tutta tranquillità essendomi tolto ogni altro impegno che non sia questa verticale. Arrivo un po’ in anticipo e allora faccio uno strappo fino a Mentone per una fetta di torta “poires et amandes” ai tavolini esterni, sotto ampi platani, della pasticceria svizzera che sta sulla piazza alle spalle del mercato coperto. È davvero “superbe”, come dicono qui.
Rientro in Italia per il lungomare attraversando Latte, Ventimiglia alta, Camporosso, Bordighera, Sant’Ampelio fino a dieci metri prima dell’imbocco della galleria sulla quale sta, come un gabbiano appollaiato, il Grand Hotel del Mare. Un cinque stelle ricco di arazzi, quadri, statue, arredi damascati, di mobili di vari stili ed epoche con prevalenza di Impero, Liberty e un po’ di Barocco.
La verticale del Vignamare, di cui quest’anno ricorre il ventennale della nascita, si tiene sotto il portico rotondo al primo piano. Tra lo spazio in cui siamo noi e il mare c’è un bel giardino con vasca rotonda.
La perfezione del cerchio è un altro elemento architettonico che caratterizza questo albergo. Persino il parcheggio all’interno davanti all’ingresso è rotondo, così pure è rotondo l’ascensore che porta dall’entrata alla Hall e alle Suites, situato al centro di una scala rotonda che lo abbraccia.
Arrivo con qualche minuto di anticipo e Massimo Lupi con i suoi collaboratori sta coordinando la preparazione dei vini per la degustazione, con il controllo della temperatura, l’apertura delle bottiglie, raggruppate per anno, e l’assaggio dei campioni aperti per escludere eventuali contaminazioni di tappo o altre sorprese sgradevoli.
Sui cinque tavoli da sei disposti in semicerchio (ritorna il concetto di “rotondo”, ideale accostamento anche con il vino buono e gradevole – conscio o inconscio?) vi sono già i dieci bicchieri per ogni assaggiatore e le schede per gli appunti e i giudizi per ogni vino.
Si valutano Colore, Armonia, Profumi, Evoluzione, Equilibrio, Impressioni generali.
Intanto la televisione è accesa sull’arrivo della diciassettesima tappa del Giro d’Italia numero cento, ai duemila metri del Blockhaus della Maiella o montagna madre degli abruzzesi. Dal boschetto sul mare arrivano i cinguettii dei passerotti e il canto più variegato degli usignoli, quasi a coprire il vociare dei ragazzi che sistemano la sala e il commento alla televisione. Ampie specchiere ai lati dell’emiciclo riflettono le sagome degli assaggiatori e le decine di bicchieri che si alzano e si abbassano. La luce che viene dal giardino si riflette sui calici di cristallo e sul Vignamare dorato e brillante dai riflessi verdognoli più o meno accentuati tra le varie annate, in un caleidoscopio di luci e di colori che accompagnano nell’aria il profumo di agrumi, di miele, di essenze balsamiche e di frutti bianchi maturi che il Vignamare di Lupi ci regala.
La verticale
Due parole di Massimo Lupi, prima di iniziare gli assaggi, per ricordare che questo vino è nato nel 1989 grazie a un’idea di papà Tommaso e di Donato Lanati. Oggi è presente la Dottoressa Dora Marchi, di Enosys Meraviglia, praticamente alter ego di Donato.
Inizieremo gli assaggi con il 1994 e arriveremo fino all’anteprima del 2006, che uscirà a fine anno.
Due parole anche da parte di Dora che illustra con ulteriori dettagli la storia del vino. Negli anni il sistema di vinificazione è rimasto pressoché invariato a parte qualche piccolo particolare, dovuto essenzialmente a nuove possibilità tecnologiche.
Le uve Pigato del Vignamare si raccolgono nella piena maturità aromatica proprio perché il primo desiderio di Tommaso era stato quello di avere un bianco capace di durare nel tempo, come gli Chablis dei cugini francesi. Si fa una prima lavorazione a bassa temperatura, per un tempo limitato, in protezione dall’ossigeno con la tecnica della macerazione pellicolare, a contatto con le bucce.
Poi si va in pressa, si fa decantazione statica e fermentazione a circa 17 – 18 gradi.
Dopo che si sono formati uno, massimo due gradi di alcol, una parte del mosto viene separata e messa in legno, dove non avviene il controllo della temperatura. L’altra parte prosegue e completa la fermentazione in acciaio.
In entrambi i gruppi si continua a fare il battonage per un continuo rimescolamento delle masse liquide.
Pochi mesi prima dell’imbottigliamento, quando ormai sono passati circa due anni dalla vendemmia, si riassemblano i due liquidi. Il vino così ottenuto si passa al filtro e infine si imbottiglia.
I lieviti sono acquistati all’esterno, dice Dora, ma dopo un’attenta selezione operata negli anni, in modo da usare solo quei lieviti che si sono mostrati più efficaci, vale a dire quelli che possiedono il corredo enzimatico più adatto alla varietà di uva che viene trattata, in questo caso il Pigato.
A metà degustazione arriva finalmente papà Tommaso, in compagnia della Signora Giuliana, sua moglie. Tommaso riempie la sala con i suoi numerosi aneddoti di vita sul Pigato di Lupi, sul Presidente Scalfaro che ne andava, e ne va ancora, matto, e poi sulle vigne, sui tappi, sugli assaggi e si vede proprio che va giustamente fiero di questo suo “AMORE”.
La tabella che segue riporta i campioni di Vignamare assaggiati con la gradazione e l’anno.
Numero Anno Gradi Giudizio
1 1994 12,5 ☺☺☺
2 1996 12,5 ☺
3 1998 12,5 ☺
4 2000 13 ☺☺☺
5 2001 13 ☺
6 2002 13,5 ☺☺
7 2003 14 ☺
8 2004 13 ☺
9 2005 12,5 ☺
10 2006 13,5 ☺☺☺
Il giudizio esprime una valutazione personale delle caratteristiche del vino assaggiato, che tiene conto della valutazione organolettica del campione e del gradimento.
In sintesi si può affermare che la prima caratteristica che desta una piacevole sorpresa è il fatto che il colore è sempre luminoso, brillante, di un giallo paglierino più o meno intenso, ma in genere molto equilibrato, con riflessi sul verde più o meno marcati, in funzione dell’annata.
Al naso quasi tutti i campioni presentano un fruttato piuttosto intenso, solo un campione sembra piuttosto spento rispetto agli altri. La nota prevalente è quella minerale in genere assai marcata, poi di agrumi con quella balsamica e infine note di miele, di albicocca, di fiori e frutti maturi, molto più tenui e comunque piacevoli e tali da conferire, quando ci sono, una finezza non comune.
In bocca emerge in tutti i campioni l’armonia e l’equilibrio. In alcuni prevale la freschezza, in altri la pienezza della bevuta, in altri ancora la sapidità e la complessità gustativa, ma in tutti c’è sempre una assoluta pulizia e lunga persistenza. Al retrogusto si può avvertire, oltre alla nota agrumata e minerale, anche una bella mandorla verde fresca.
Alle diciannove circa la degustazione si conclude e inizia una fase di discussione tra assaggiatori e produttori per tirare le fila dell’incontro e con apprezzamenti sulle diverse annate , tutte di ottimo livello. Tra gli assaggiatori anche Piero Sattanino che nel 1971 era stato campione mondiale dei Sommeliers, che qui è di casa con la sua “Reserve”.
Al nostro tavolo invitiamo anche Dora, per uno scambio di impressioni più puntuali e per una chiacchierata su vini, oli (insieme a noi c’è anche Fabrizio Vignolini, Direttore di ONAOO e a fianco a lui Marino Giordani, professore di chimica e grande esperto di vini, di oli … e di altro) e normativa nazionale e internazionale, su cui ci sarebbe tanto da dire e da fare per migliorare la qualità, i controlli e la redditività per gli agricoltori, troppo spesso non solo trascurati, ma quasi ignorati da troppi politici.
Ecco infine un piccolo spuntino che è in realtà una cena. Il personale dell’Hotel serve dei raviolini verdi al formaggio delicato e un sostanzioso arrosto con patate al forno, davvero eccellente e ben accompagnato dai Vignamare più vecchi presenti sul tavolo dagli assaggi.
Alle venti circa si riparte per Genova con l’occhio alla strada praticamente deserta e l’orecchio alla finale della Coppa dei Campioni 2009 tra gli inglesi del Manchester United e gli spagnoli del Barcellona. Vincono i “Rosso-blu” catalani con un gol per tempo mentre sto per prendere la sopraelevata. Guardando in alto sulle facciate dei palazzi davanti al porto noto qualche bandiera rossoblu sventolare su balconi e terrazze e mi viene in mente che sarebbe proprio bello se fra qualche anno potesse toccare la stessa sorte ai Rosso-blu genovesi … e penso che Gianni Brera, se fosse ancora tra noi, avrebbe forse avuto lo stesso pensiero, lui che era un grande tifoso del Grifone.
Fotocredit Sito Lupi
Sono nato in una torre malatestiana del 1350 sulle primissime colline del Montefeltro romagnolo, massi rotolati fino all'Adriatico...
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