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Viaggi enogastronomici

Recioto: Picai della Garganega e Museo Zonin (Prima Parte)

di Luigi Bellucci

MappaArticolo georeferenziato

Fra Verona e Vicenza scorre un pezzo di Adige sotto la A4, che arriva fino a Venezia. A metà strada c’è Gambellara e lì vicino, nella valle del Chiampo, Montorso Vicentino e la sua bella villa Da Porto – Barbaran. È qui che si tiene la cerimonia di consegna delle bottiglie numerate della vendemmia 2005, e di firma di quelle dell’ultima vendemmia, seguita dalla prima pigiatura pubblica dei Picai di Garganega della vendemmia 2007 da cui uscirà il Recioto Gambellara Doc. Ancora una volta una presentazione di valori del territorio di questa nostra infinita Italia delle cose buone da divulgare e far sapere in luoghi storici, particolari, ma prima di tutto belli, da vedere, da conoscere, da vivere intimamente. Per cornice la Villa sotto la Fratta e il suo Parco e per bellezza quella del fiore più pregiato: la Claudia di Pergine Valsugana, Miss Italia 2006. L’organizzazione è stata curata dalla brava Alessandra Canella dello Studio P.R.P. per conto della giovanissima “Strada del Recioto e dei vini Gambellara D.O.C.” e del “Consorzio Tutela Vini D.O.C. Gambellara” in collaborazione con l’Agenzia Vicenza Qualità della Camera di Commercio di Vicenza.

Vedi anche Recioto: Palazzetto Ardi (Seconda Parte)

Vedi anche Recioto: Villa Da Porto Barbaran (Terza Parte)

Sabato 12 Gennaio 2008.

Palazzo Cera, nel Consorzio

Da un po’ di giorni l’Italia del Nord è sotto una cappa di nuvole che portano un leggero tepore in questo inverno che è freddo, anche se non rigidissimo. A metà giornata a Genova uno scroscio di temporale non preannuncia nulla di buono per il viaggio, ma si parte lo stesso sotto una pioggia sferzante. Salendo per i Giovi la temperatura comincia a scendere fino allo zero subito dopo Busalla, quando i primi fiocchi di neve cominciano a coprire anche l’autostrada. I prati ai lati sono già bianchi e il bianco ha già superato l’area verde visibile. Si va tutti più piano, 70 – 80 chilometri all’ora, non di più. Finalmente verso Tortona la nevicata si calma, la temperatura comincia a salire e si procede con prudenza ma aumentando leggermente l’andatura. Per fortuna non ci sono incidenti. La temperatura intanto sale piano piano, tre gradi a Piacenza, cinque a Brescia, sette a Desenzano e poi improvvisamente, dopo il lago di Garda, dieci e undici a Verona e più avanti. Arriviamo a Gambellara con dieci minuti di ritardo rispetto all’orario stabilito, ma siamo i primi.
Palazzo Cera sta vicino al Museo del Vino dell’Azienda Zonin, un punto di riferimento nel mondo enologico non solo veneto, ma nazionale e internazionale da almeno un lustro di lustri. È un palazzo dell’800, elegante e sobrio. Due potenti fari illuminano la facciata e il parcheggio e ti fanno sentire una star dello spettacolo quando scendi dalla macchina dopo avere oltrepassato il cancello e non vedi nulla se guardi verso la strada.
Alessandra ci aspetta e iniziamo a intervistare il vicepresidente della Strada del Recioto e dei vini Gambellara DOC, Franco Cavallon.
Si inizia con una panoramica veloce sul grado di apprezzamento del mercato nei confronti di questi vini, molto buono per la versione spumante, che è salita nell’ultimo anno del 15%, ma più che discreto anche per la versione ferma o vivace, tanto che si sta pensando di far crescere la produzione della tipologia Recioto a scapito di quella Gambellara classico, perché il territorio della DOC è ormai saturo e non sono possibili espansioni in termine di nuovi vigneti.
Da un punto di vista commerciale il livello medio dei prezzi in enoteca è soddisfacente per i produttori perché una bottiglia si posiziona nella fascia 10 – 18 Euro.
Con passione e competenza ci presenta poi i tipi di vini del disciplinare, tutti figli dell’uva Gargànega. Il disciplinare prevede anche l’eventuale aggiunta di altri vitigni “non aromatici” fino a un massimo del 20% ma la quasi totalità dei produttori utilizza il 100% di Gargànega
Il Gambellara Recioto Spumante è prodotto in circa 160.000 bottiglie e il Gambellara Recioto Classico (versione ferma oppure vivace) rispettivamente in circa 30.000 e 10.000 bottiglie. La resa va dal 30% della versione Recioto fermo, al 50% della versione spumante. Il Gambellara Recioto si fa con uve che hanno raggiunto un livello di appassimento ottimale, opportunamente selezionate e vinificate e poi affinate per un paio d’anni. In questi giorni esce in commercio la produzione del 2004, che purtroppo è sottostimata rispetto alle richieste del mercato.
Le uve per la versione Spumante restano nei fruttai appese ai picai fino al mese di Dicembre, mentre quelle per il Recioto continuano il loro appassimento almeno fino a tutto Febbraio perché il vino deve avere un residuo zuccherino più elevato.
Una terza tipologia è il Vin Santo di Gambellara, le cui uve hanno un’ulteriore fase di asciugatura nei fruttai, dove si lasciano fino alla fine di Marzo o in genere alla Pasqua, se è bassa. È l’unico Vin Santo prodotto nella regione Veneto e ha una produzione limitata a 60 – 70 ettolitri. È un vino con il più alto livello zuccherino e anche la vinificazione si fa in locali con un’elevata escursione termica, proprio allo scopo di prolungare la fermentazione che rallenta col freddo della notte e riprende poi con il caldo del giorno. Lo stesso vino ha caratteristiche di ossidazione che emergono già dal colore più ambrato rispetto al Recioto che è di un giallo solare, pieno e luminoso, ma mai aranciato.
Il tipo Spumante è quasi tutto prodotto con il metodo Charmat (in autoclave). Solo un paio di aziende, Vignato Virgilio e Bastianello, hanno tentato una sperimentazione con il metodo champenoise tradizionale, e insieme non arrivano alle 10.000 bottiglie.
Dalle 200.000 bottiglie complessive del 2004 si passerà alle 300.000 della produzione 2006 e anche 2007, che usciranno sul mercato solo a partire dal 2009.
La tipologia quantitativamente rilevante è quella del Gambellara DOC e Classico (quello che cresce in collina fino a 250 metri), che arriva a una produzione attorno ai 40.000 ettolitri (oltre cinque milioni di bottiglie), che per metà sono imbottigliati direttamente dei produttori e per metà immessi nel circuito commerciale tradizionale. Questi vini cominciano ad avere ottimi riconoscimenti sulle guide dei vini più diffuse. Franco ci racconta che di recente è stata fatta una selezione di vini Soave e Gambellara alla cieca e nella maggior parte dei casi non è stato semplice distinguere i due vini, entrambi prodotti con uva Gargànega, dal grappolo spargolo e dalla bacca dura. Il territorio è di origine vulcanica, che conferisce al vino caratteristiche di elevata mineralità e interessanti e piacevoli livelli di fruttato, con buona persistenza e pulizia.
Al Consorzio sono associate circa 25 aziende alcune molto grandi come Zonin, Cavazza, Dal Maso e la Cantina di Gambellara, che è il principale produttore di Recioto e conta circa 400 conferitori.
La DOC copre un territorio di circa mille ettari a vigneto su quattro comuni, che sono Gambellara, Zermeghedo, Montebello Vicentino e Montorso Vicentino.
È nella fase conclusiva la trafila per l’assegnazione della DOCG al Gambellara Recioto, in tutte le sue versioni.
Ormai è arrivata l’ora di visitare il museo del vino e ci spostiamo all’ingresso della Casa Vinicola Zonin SpA.

Zonin e il museo del vino

Da Palazzo Cera al cancello dei Zonin più famosi sono circa duecento metri. Continua a piovere ma si fa presto e ci accoglie Silvia Zantedeschi, con il suo sorriso e la sua figura da modella. È responsabile dell’Ufficio ospitalità e con lei iniziamo il giro del museo a piano terra e delle bottaie al piano sotterraneo. Silvia è una delle 550 persone che oggi lavorano in Italia nelle aziende di Casa Zonin, a parte gli stagionali durante il periodo della vendemmia.
All’entrata un bel torchio dei primi decenni dell’800, ovviamente in legno, appartenuto alla famiglia Zonin, che fa vino dal 1821 e un meraviglioso stemma in pietra che raffigura il Leone Alato di Venezia e Libro, del sedicesimo secolo. Poi si passa al lungo e stretto corridoio che affianca le varie sale del museo e sulle cui pareti, da entrambi i lati, sono esposti editti, proclami, tabelle e ogni sorta di cimelio storico letterario in forma di manifesto. Il museo ne possiede circa 500, di cui esposti un centinaio, e sono uno più interessante dell’altro. Nella prima sala, sul fondo verso l’entrata del museo, una gigantografia di una roccia di basalto che caratterizza la collina di Gambellara e dà al vino la sua personalità, e di fianco la foto della Chiesa principale e del paese nel secolo scorso. Tra i due un esemplare di roccia di basalto su piedistallo, a significare la concretezza di quest’azienda e del suo territorio.
Lì vicino il busto di Domenico Zonin, nato nel 1899, dunque nel diciannovesimo secolo, fondatore dell’azienda nel 1921, nominato commendatore e vissuto oltre i cento anni, fino a toccare il ventunesimo secolo. Domenico si sposò ma non ebbe figli per cui l’azienda la consegnò in vecchiaia nelle mani del nipote Gianni, figlio di suo fratello, che ha continuato il processo di espansione a livello nazionale e internazionale, migliorando costantemente la qualità dei vini prodotti e l’immagine aziendale.
Nelle sale successive si possono ammirare le acquisizioni che si sono succedute negli ultimi cinquant’anni e che hanno portato l’azienda ai livelli attuali. La politica aziendale è di acquisire aziende lasciando però che ciascuna continui a produrre i suoi vini, senza spersonalizzarle.
Il territorio deve continuare a produrre il meglio di sé, e ogni vitigno autoctono deve continuare ad esprimersi là dove da secoli sta dando i frutti migliori. In questo modo la qualità è migliorata ed è diventata eccellenza perché la mano esperta ha consentito di uniformare i metodi di lavorazione ma nello spirito delle autonomie.
Si inizia con la sala della Tenuta Ca’ Bolani, da Aquileia, Friuli, con le immagini dei vigneti di Refosco e delle bottiglie. Poi si passa al Castello di Albola di radda in Chianti, antico castello della famiglia Acciaioli, cui è dedicato uno dei vini di punta dell’azienda.
La terza è la Tenuta Rocca di Montemassi in Maremma, dove è stato allestito un museo della civiltà rurale, in onore dei minatori morti negli anni ’50 in un disastro in miniera. L’azienda qui fa prevalentemente Sangiovese e Vermentino.
La successiva è la Fattoria Abbazia Monte Oliveto, di San Gimignano, che produce la Vernaccia.
Segue la Tenuta Il Bosco, che sta nell’Oltrepo Pavese e produce lo spumante metodo classico con Pinot nero e Chardonnay.
L’azienda di punta del Piemonte è il Castello del Poggio nelle colline artigiane, per il Barbera che ha ottenuto eccellenti riconoscimenti anche di recente da Mundus Vini.
Altra azienda del gruppo è il Feudo Principi di Butera, in Sicilia, dove si producono Nero d’Avola e Inzolia.
Dalla Puglia vengono invece Negroamaro, Primitivo e Fiano prodotti nelle cantine della Masseria Altemura nel Salento, che è l’ultima acquisizione e vi sono ancora lavori di sistemazione.
Infine l’acquisizione americana, la Barboursville Vineyards della Virginia, di cui si vede una foto aerea con i resti di una villa che ricorda lo stile palladiano e che fu progettata da Thomas Jefferson, architetto oltre che politico, grande estimatore della cultura italiana e anche dei vini del nostro paese, tanto che egli chiamava la Virginia il Piemonte d’America. Dall’Azienda in Virginia oggi arrivano sul mercato prevalentemente americano vini da Cabernet, Malvasia, Chardonnay e Pinot grigio.
Dopo le sale che costituiscono la storia dell’azienda si arriva alla sala museo vera e propria dove sono esposti centinaia di pezzi più o meno antichi e più o meno voluminosi, dalle botticelle ai caratelli, e poi alcuni torchi in legno, altre macchine antiche per la lavorazione dell’uva, bottiglioni, gioghi da buoi, zappe, tini, ruote di legno, imbottigliatrici, e ancora, nelle vetrine ai lati della stanza, litri, mezzi litri, quartini, cavatappi di varie fogge e dimensioni e struttura e tanti altri oggetti raccolti in giro per le cantine a far lavorare di fantasia sulla lavorazione del vino e sulla fatica di chi usava quegli strumenti e sulla bravura per quello che riuscivano ad ottenere.
Con Silvia, che ci racconta per filo e per segno segreti e curiosità di ogni sala, scendiamo poi nelle grandi sale sotterranee dove invecchiano i vini rossi prodotti in Veneto da Zonin, 85 botti da 64 ettolitri ciascuna nella prima sala e poi altre botti, altre barrique e tonneaux e tini per il Recioto.
Nella barriqueria dove si affina il Berengario (un uvaggio di Merlot e Cabernet) una foto storica ritrae due signore sedute su sedie di paglia che intrecciano nelle corde che pendono dal soffitto i picai di Recioto e Silvia ci racconta che una delle due è Angelina, l’attuale cuoca dell’azienda, che sarà ripresa nella trasmissione di Linea Verde che dovrebbe andare in onda in questi giorni e che mostra le due donne mentre recitano la stessa scena dopo tanti anni, in una suggestiva rievocazione storica.
Nell’ultima sala, di fianco alle cataste di Amarone e Berengario che si affinano (hanno oltre una decina di anni), c’è un bancone didattico che racconta e mostra la storia del sughero e della preparazione dei tappi, che sono un altro elemento fondamentale nel processo di preparazione e realizzazione di un grande vino.
La visita al museo si è conclusa e torniamo in Enoteca per un brindisi finale con una bottiglia di Pileo della tenuta Il Bosco, di Zenevreto, da uve Pinot nero 100%, vinificato con metodo Charmat lungo con riposo sui lieviti per dodici mesi. Un vino spumante di 11,5 gradi dal Lotto LA7334. il colore è un giallo paglierino tenue con perlage abbastanza fine e continuo. Al naso è un’esplosione di frutti e di sentori floreali, persistente e molto pulito. In bocca è di buona acidità, fresco, armonico ed equilibrato, sapido con corpo pieno e un gradevole retrogusto finale di mandorla.
A seguire un assaggio del Cabernet americano, della Virginia, un esemplare della vendemmia 2001, di 13,5 gradi, assolutamente ben fatto, con un bel colore rosso rubino, un naso vegetale delicato con sentori che ricordano le spezie e in bocca sensazioni di rotondità e armonia che spaziano dalla vaniglia al cacao e un retrogusto di ciliegia. mentre assaggio mi tornano in mente le parole che Leonardo scriveva nel 1514 in una sua lettera dalla Francia e che avevo notato nella visita al museo: "... et però credo che molta felicità sia agli homini che nascono dove si trovano i vini boni" e mi sorge la certezza che avesse scelto Amboise, il cuore della Francia, per vivere la sua vecchiaia proprio perchè già allora i vini francesi dovevano essere "da vero boni".
Lasciamo Silvia e torniamo a Palazzo Cera per riprendere le macchine e spostarci all’Agriturismo Palazzetto Ardi, da Michela Cariolaro e Carlo Sitzia dove è prevista la cena.

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