Ci spostiamo nella sala del camino con un bel mascherone a parete di cui la canna fumaria costituisce la bocca enorme, costruito probabilmente da Bartolomeo Ridolfi, oggi acceso con ceppi di legna ben stagionata e matura. Qui Marilisa ha organizzato il pranzo, attorno a una grande tavola con ospiti e amici.
Prima del pranzo non posso fare a meno di assaggiare l’olio di Franco, da olive Leccino. Un olio di colore verde giallo, nuovo, con riflessi dorati accentuati dai raggi di sole che attraversano il piccolo bicchiere di vetro che lo contiene. Al naso è pulito, del tutto privo di difetti, con un fruttato verde di grado medio in cui senti la mela e un leggero carciofo. In bocca è armonico, con un amaro e un piccante tra il due e il tre (in decimi), assolutamente gradevole e un dolce attorno agli otto decimi. Eccellente il sentore di mandorla che senti in bocca come eccellente è l’olio nel suo complesso.
Fossimo in un panel di assaggio non esiterei a dargli un voto di 8,8 decimi.
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Il primo piatto in tavola sono le fettuccine con tartufo bianco, che rendo migliori di quanto già non siano, aggiungendo il poco olio che mi è rimasto nel bicchiere.
Mentre il fuoco brucia nel camino, si parla di Valpolicella e si parla di Hemingway, che di sé stesso diceva “sono un vecchio fanatico del Veneto … e qui lascerò il mio cuore” e si parla di Fernanda Pivano e di Cipriani, veneziano il cui padre veniva da Verona. Chi ne racconta imprese e aneddoti e storie più o meno conosciute è il Professor Gianni Moriani, amico di famiglia degli Allegrini e docente all’Università Ca’ Foscari.
Intanto si serve il vino, la Poja 2007 di 14,5 gradi dal lotto L2038.
Il Professore racconta che questo territorio fa parte del percorso della via della seta e che un’equipe di studiosi sta interessandosi alla ricomposizione del Milione di Marco Polo, per ripulirlo dalle tante contaminazioni che sembra avere.
La sala in cui stiamo pranzando fa parte dell’ala più antica della villa, quella del 1300 – 1400 mentre l’ala dalla parte opposta è cinquecentesca, e pare che ci sia la mano di Giulio Romano.
Ecco un buon arrosto con funghi porcini cosparso di scaglie di tartufo bianco a impreziosirlo.
I Della Torre comprarono la proprietà dopo i Maffei, che a loro volta l’avevano avuta dai Della Scala. La casa è l’unica in tutto il Nord Italia ancora in piedi a impianto romano, cioè con il peristilio interno, il portico che nella domus romana circonda il cortile interno al centro della casa.
Per gli amanti del gossip la Villa in cui siamo è la casa di Romeo (Douglas Booth) nel prossimo film Romeo and Juliet di Carlo Carlei che uscirà a inizio 2013.
Marilisa ci racconta la leggenda della Grola. In dialetto veneto la grola è il corvo. Si racconta che un contadino, di nome Beniamino, produceva solo vino bianco. Un giorno trovò un corvo ferito, ne ebbe compassione, lo curò e lo guarì. L’animale riconoscente volle premiarlo volando sulla vigna e le gocce del suo sangue trasformarono l’uva bianca in uva nera.
Arriva in tavola il panettone e una scodella di crema pasticcera da versare sulla fetta di dolce.
A questa delizia del palato si abbina il fantastico Recioto della Valpolicella Classico DOC Giovanni Allegrini 2009, di 14 gradi dal lotto L2210 e fascetta AAA00296210, eccellente nel colore, al naso e strepitoso in bocca, quasi denso e lunghissimo in persistenza, armonico, elegante, pieno.
È presente al tavolo la Signora Ivancich, che ha portato in visione il libro del padre Gianfranco “Da una felice Cuba a Ketchum” sottotitolo – I miei giorni con Ernest Hemingway – corredato da bellissime fotografie e un testo toccante. Il libretto è edito (2008) da Edizioni della Laguna nella collana Le Alzavole e costa 12 Euro.
Sono ormai le quattro e mezzo e si torna al Victoria per una pausa, prima della serata di festa dedicata alla Galzèga.
Lessinia e Baldo
Nei pomeriggi novembrini il calar del sole porta un calar del caldo e uscire dalla calda stanza del Victoria per rituffarsi nell’aria quasi gelida del centro di Verona non è il massimo della piacevolezza. Ma bando alla pigrizia e via con la piccola navetta Mercedes per Villa della Torre. Alle sei e mezza siamo nella sala interna, tutti seduti, ad ascoltare Marilisa che presenta la festa della Galzèga, la festa che si fa in Veneto alla fine della vendemmia, celebrata oggi con uno spettacolo di musica e recitazione da parte di Alessandro, Raffaella e Tommaso: “La leggenda di Lessinia e Monte Baldo”.
Sopra la Lessinia si vede il profilo del Carega mentre l’altro monte che guarda la Lessinia da Ovest è Monte Baldo.
Una musica di xilofono accompagna le parole di Alessandro e ricorda un tintinnio di bicchieri. Una voce femminile calda e delicata, quasi bucolica, interviene come in un madrigale. Una voce maschile racconta la leggenda che narra di latte di cardo e di acqua di fonte filtrata dal muschio.
Intanto la musica prosegue con zufoli, campanellini, suoni di bordo di bicchieri, versi di animali, suoni di tamburelli, mutare di stagioni, soffiare di bottiglie.
Lessinia è una giovinetta aggraziata e deliziosa, che ha molte rivali, Paganella, Civetta, Marmolada, le Tofane, che sono tre sorelle piuttosto acidine e invidiose.
Il giovane Monte Baldo, dall’aspetto principesco, dai lineamenti rocciosi, ha anche lui validi rivali con cui confrontarsi, Adamello, Antelao, Sella, Pelmo e altri ancora.
L’amore reciproco di Lessinia e Monte Baldo ha la meglio sui rivali di lui e di lei e infine arrivano alle nozze.
Valpolicella, Valpantena e Valdillasi sono le loro figlie. La primogenita, Valpolicella, fin dalla nascita è destinata a diventare regina. Proprio lei inventa il vino quando deve fare un dono per festeggiare i tremila anni di matrimonio di mamma Lessinia e papà Monte Baldo.
Dalle suggestioni bucoliche della favola si passa agli assaggi di aperitivo con Valpolicella, Soave e anche Vermentino, sotto i portici interni del peristilio della casa. Dalle cucine arrivano uno dopo l’altro decine di vassoi con tanti stuzzichini caldi e deliziosi, fritti, ripieni e altro ancora.
La temperatura è piuttosto rigida, ma ci si può scaldare sia mangiando, sia bevendo, sia passeggiando e accostandosi ai due o tre funghi a gas che stanno sotto il porticato.
Alle nove inizia la cena, nelle quattro stanze interne. Al tavolo centrale della sala del Leone, con la sua enorme bocca aperta che raccoglie il fuoco di legna, Marilisa e alcuni ospiti si godono la serata in piacevole compagnia.
Sono una cinquantina gli ospiti in questa stanza, distribuiti su cinque ampi tavoli rotondi. Un altro centinaio di ospiti è distribuito nelle altre tre stanze della Villa.
Marilisa ha un’anima bucolica e ama leggere qualche riga dai libretti che raccontano la vendemmia nelle loro azienda, quella in Valpolicella a Villa della Torre, quella a Bolgheri e la terza a Montalcino.
Dopo il ricco aperitivo era inutile iniziare la cena con gli antipasti e dunque ecco un piatto delizioso e opportuno per la temperatura della serata, i tortellini in brodo, per assaggiare antichi sapori di campagna e per riscaldarsi al fuoco del camino. Per chi ha appetito si propone anche la versione al burro, non meno gustosa della precedente.
Il primo vino è Palazzo della Torre, Veronese IGT 2009 da un uvaggio di Corvina, Rondinella e Sangiovese, giovane e di ottima beva.
Ad allegrare la serata con musiche e canti il trio I Sisoni. Roberto suona la chitarra, Mary accompagna con il tamburello e Daniele ti ubriaca con i suoi assoli di fisarmonica, che mi ricordano le evoluzioni di Wolmer Beltrami ma anche di Peppino Principe, i grandi maestri della fisarmonica del secolo scorso.
Ed ecco in tavola lo stracotto di manzo su letto di polenta e ciuffo di rosmarino profumato, accompagnati da spinaci passati in padella. Stavolta il vino è il superbo Amarone della Valpolicella Classico DOC 2008, da Corvina Veronese, Rondinella e Oseleta.
I Sisoni continuano la loro esibizione passando da una sala all’altra e trovano un buon feeling con gli ospiti che vengono dalla Germania, come sempre allegri e di compagnia, con un repertorio internazionale, ma prevalentemente italo spagnolo.
Dedicato a Walter è il terzo vino rosso della serata. È l’annata 2008 di questo Toscana IGT che viene dalla tenuta Poggio al Tesoro di Bolgheri ed è tutto Cabernet Franc. Essenziale l’etichetta, con una grossa W rossa disegnata a mano come un grande VIVA perché per tutti gli Allegrini, in particolare per Franco e Marilisa il loro amato fratello, scomparso prematuramente, sia sempre tra loro ogni giorno della loro vita.
Ormai il sabato sta per finire, ma la serata continua con vassoi di buonissimo gelato, di sei, sette gusti diversi, da gustare nelle ciotole accompagnato dal loro Recioto della Valpolicella DOC 2009, da Corvina Veronese e Rondinella.
Intanto che il gelato scorre a fiumi e i canti riempiono l’aria e i Sisoni ci stupiscono con le loro musiche piacevolissime, ecco arrivare in tavola le paste secche e le crostate, giusto per andare a posizionarsi in quei piccoli posticini che in serate come questa restano sempre, non si sa come, nello stomaco in attesa appunto di essere riempiti.
Ormai è la prima ora della domenica successiva e per concludere degnamente la festa ecco apparire bottiglie di Champagne Pierre Peters, proprietaire recoltant in quel di Le Mesnil sur Oger. Il primo tipo è l’Extra Brut Grand cru de Chardonnay Blanc de blancs, di 12 gradi. Per stapparlo si offre Ivano, campione nazionale dei sommeliers nel 2008. Prende in mano la sciabola Cercle di Dom Perignon, si sposta nel salone vuoto accanto alla stanza del leone in cui si cena, impugna con la sinistra il corpo della bottiglia e con la destra, alla maniera di Sandokan, eroe della Malesia, stacca con un colpo netto di sciabola il, collo di questo extra brut. Il tappo con il suo rivestimento di vetro vola nell’angolo opposto sotto a un mobile e dal collo aperto escono i primi flutti schiumosi di questo nettare, che velocemente viene posizionato sopra alle flutes allineate su un tavolo e versato in ciascuna di esse per deliziare il palato dei fortunati che possono degustarlo. È un giallo paglierino chiaro con note di crosta di pane e fiori bianchi che in bocca è armonico, pieno, sapido, estremamente gradevole e ti lascia un bel ricordo di lieviti, di crosta di pane e di mandorla fresca.
Per finire, e stavolta per davvero, il secondo tipo di Champagne Pierre Peters, il Cuvée de Reserve Brut, di 12 gradi. Qui il naso è più complesso, ci senti il floreale, la crosta di pane, ma anche una nota di miele e di frutti bianchi. In bocca è armonico, pieno, pulito, persistente ed estremamente elegante, con una bella sapidità e una piacevolissima mandorla verde in retrogusto.
Si risale sulla navetta che ci riporta in mezz’ora al Victoria di Verona con ancora negli occhi la fiamma del camino, con ancora nelle orecchie le musiche dei Sisoni, con ancora in bocca le delizie dei piatti e dei vini, con nella testa il ricordo di una serata di festa con persone simpatiche, gradevoli e piacevolissime.
Un ricordo di emozioni e di nuove amicizie che mi accompagna nel viaggio in treno di ritorno fino a Chiavari il giorno dopo.
Foto Credit: Gabriella Repetto.
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