Cena relais Histò
Arriviamo sulla collina del Relais Histò verso le nove di sera. Dal bus si intravvedono la sagoma di Taranto in lontananza e le acque del Mar Piccolo. Il Relais è ricavato da una struttura storica del dodicesimo secolo e copre un’estensione molto ampia in cima a una dolce collina.
Esiste dal 2007 e la Spa (Salutem per aquam) è stata aperta nel 2010 su una struttura a un piano molto spaziosa con piscina esterna, piscine interne, salette per massaggio, docce di vario tipo, palestre, saune, ecc.
È qualcosa di eccezionale, come lo è l’auditorium ricavato in una chiesa millenaria in cui sono ancora presenti pregevoli affreschi nella zona absidale interna e un camminamento sotterraneo in pietra per un’estensione di circa cinquecento metri, a quel che dice la nostra guida.
Prima di cena ci viene offerto un aperitivo nello spazio antistante il bar, un Primadonna, Chardonnay di Puglia IGT 2010 di 13 gradi di Vigne e Vini da uve Chardonnay in purezza. Peccato venga servito in bicchieri perfettamente diritti e stretti, adatti forse per un superalcolico o per l’acqua, non certo per avvertire le note aromatiche, in genere delicate ed eleganti, di un vitigno Chardonnay.
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Dopo la visita alla struttura ci accomodiamo nella zona ristorante per la cena.
Il primo piatto è una frittura di calamari con insalatina. Molta pastella fritta in olio di semi e quattro calamari anonimi. Chiedo dell’olio per l’insalatina e arrivano in tavola tre confezioni Histò di Coratina, Leccino e Frantoio. E qui ricadiamo nel vezzo di molti (purtroppo) ristoranti anche famosi o eleganti di servire oli vicini alla scadenza, testimoniata dall’etichetta, o già scaduti, tipo maggio 2011, come stasera. Oli che ormai hanno almeno 24 – 30 mesi di vita e sono decrepiti se non già ampiamente difettosi.
Quando arriva il vino, ritornano i bicchieri da “designer” astemio e amante dell’acqua minerale, già usati per l’aperitivo, quindi anche stavolta il Crè, un Salento Fiano IGT 2010 di Vetrere, un Fiano Minutolo di Puglia potenzialmente interessante, si perde nell’aria.
A seguire i paccheroni di Gragnano su pomodoro confit e cozze, sui quali stendiamo un velo pietoso per la pasta già scotta e le cozze non proprio dal sapore di mare.
I camerieri sembrano alquanto perplessi nel ritirare i piatti quasi tutti ancora pieni.
Ecco che arriva il piatto successivo, presentato come semifreddo di mandorle su tartare di frutta,
sì siamo già al dolce.
Come vino ecco che si stura lo Schiaccianoci, Negroamaro Salento IGT 2008 di 13,5 gradi dal lotto L11047.3, di Vigne e Vini. Evidentemente era quello destinato al piatto precedente, ma c’è stato un piccolo sfasamento tra cucina e cantina, cose che possono capitare in una cena con una quindicina di ospiti!
Per fortuna qualcuno si rende conto della stranezza e allora ecco arrivare un più adatto Chicca, Primitivo di Manduria DOC rosso 2007 di 19 gradi di Vigne e Vini, che si sposa abbastanza bene con il semifreddo di mandorle che sa stranamente di nocciola, chissà perché.
Infine il caffè, per chi lo desidera, con la bustina di zucchero, tipo bar, sul bordo del piattino.
Una cena da ricordare per come non dovrebbe essere.
Venerdì 29 luglio 2011
Tenute Mater Domini
Oggi si parte alle nove e si fa una strada nuova, per Francavilla Fontana, e poi verso Oria sulla SP36. Si costeggia il paese, sotto il castello, per arrivare fino a Manduria a recuperare Francesco, che viene con noi anziché con la sua Lancia azzurra. Sembra ancora stordito per la cena della sera prima, che proprio non si aspettava, ma per fortuna il capitolo è chiuso.
Proseguiamo, con Francesco a bordo, verso San Pancrazio, mentre Angela, da attenta e preparatissima guida qual è, ci racconta di tratturi e di transumanza, trasformati in piste per amanti del trekking.
Gli ulivi ultracentenari si susseguono numerosi lungo la provinciale, con tronchi robusti e nodosi e radici che escono in superficie come grosse dita di mani gigantesche, quasi a cercare l’aria e il sole.
A Manduria ampi scavi archeologici lungo le antiche mura attorno alla Basilica o Cattedrale.
Iapigi, Dauni, Messapi e altri meno noti sono le popolazioni antiche di queste terre piatte di fronte alla bassa costa dalmata e greco albanese. Nel Salento esistono diversi reperti archeologici, dalle tradizionali tombe e monili metallici o in ambra a costruzioni maestose come dolmen e menhir, o altre più misteriose come le specchie, che sono cumuli di pietra sparsi sul territorio, secondo alcuni studiosi usati anticamente come luoghi di vedetta per l'avvistamento delle navi nemiche e dei loro equipaggi. Esiste ancora il comune di Specchia, in provincia di Lecce, famoso per le pajare, tipiche costruzioni rurali e per essere stato tra le due guerre un centro della lavorazione del tabacco.
Altre costruzioni tipiche, forse precedenti ai trulli, un tempo usate come abitazioni sono oggi destinate a deposito. Passiamo vicino a San Pancrazio Salentino dove vi sono alcune spiagge famose per i bagni di mare come Punta Prosciutto o Torre Lapillo.
Alle dieci circa siamo finalmente alla prima delle masserie delle Tenute Mater Domini, Masseria Fontanelle, con circa 40 ettari vitati per vini rossi e rosati, completamente circondata da vigneti di Syrah e di Negroamaro ad alberello, in più cloni, e poi di Petit Verdot, Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon in vigneti giovani su un terreno volutamente arricchito di pietrisco. Altri vitigni aziendali sono il Primitivo, l’Aglianico e l’Aleatico.
Nel campo “carsico” mi colpisce un grande fico di almeno venti metri di diametro e dieci di altezza, così ricco di frutti che non riescono ad arrivare a piena maturazione. Apparentemente diventano secchi ancora acerbi e pieni di latte per il troppo sole. È talmente maestoso che sembra una cattedrale, a un centinaio di metri dall’altra masseria delle Tenute M. D., Casili, anch’essa di circa 40 ettari, destinata ai vini bianchi e rossi. Circa sei ettari sono destinati ad uliveto con Ogliarola, Cellina di Nardò e Frantoio, per una piccolissima produzione di circa due quintali di olio.
Ci accompagna nella passeggiata in vigna Pierandrea Semeraro, profondo conoscitore di enologia e del territorio con una cultura anche tecnica e commerciale. È un piacere ascoltarlo nelle valutazioni scambiate con Carlo sulla scelta di certi vitigni o sulle tecniche di lavorazione della vigna e delle uve, ma anche sulle considerazioni in merito alle uve più pagate oggi in Puglia che sono, udite udite, il Lambrusco, seguito dal Syrah.
È il momento di rientrare in cantina, dove con il capo cantiniere Daniele e con Laura assaggiamo quattro loro vini.
Primo vino: Marangi Salento IGT bianco 2010 di 13 gradi, da uve Sauvignon, affinato in bottiglia per circa quattro mesi.
Secondo vino: Marangi Salento IGT rosato Negroamaro 2010 di 13,5 gradi, da uve Negroamaro in purezza coltivate ad alberello e vinificate in bianco a 20 – 22 gradi, affinato in bottiglia per circa due mesi.
Terzo vino: Marangi Salento IGT rosso Negroamaro 2007 di 15 gradi, da uve Negroamaro in purezza coltivate ad alberello e cordone speronato e vinificate in acciaio con lieviti selezionati per circa 20 giorni a 22 – 28 gradi, affinato in barrique di primo e secondo livello per 5 – 7 mesi e poi in bottiglia per sei mesi.
Quarto vino: Casili Salice Salentino DOC Riserva rosso 2007 di 14,5 gradi, da uve Negroamaro al 95% e Malvasia nera di Lecce al 5% coltivate ad alberello e raccolte nella prima decade di ottobre e vinificate in acciaio con lieviti selezionati per circa 25 giorni a 22 – 28 gradi, affinato in barrique di primo livello per 12 mesi e poi in bottiglia per sei mesi.
Lasciamo Fontanelle e Andrea ci trasporta fino a Sandonaci per la prossima visita.
Paolo Leo
Alle dodici e trenta circa siamo davanti alle cantine Paolo Leo, già Azienda vinicola Vinagri dal 1989. Sotto il piccolissimo porticato davanti all’azienda un tavolino 80 per 120, con due bicchieri e un vaso di raccolta degli scarti della degustazione. Dopo qualche minuto arriva Mario, il commerciale dell’azienda, con due larghe spalle da nuotatore. Poco dopo arriva anche Nicola Leo, giovane e già esperto enologo, che ci accompagna nella visita alle cantine a ai locali di deposito e imbottigliamento.
La linea di imbottigliamento è in grado di lavorare circa 20.000 bottiglie al giorno per 250 giorni l’anno per un potenziale di cinque milioni di bottiglie.
La produzione prevede 16 etichette per il mercato italiano e 22 per il mercato estero, che del resto assorbe l’80% della produzione complessiva, prevalentemente sul mercato nord europeo, nord americano e dell’estremo oriente.
I vini rossi coprono il 70% della produzione e l’altro 30% è equamente distribuito tra bianchi e rosati.
Alla fine della visita si unisce al gruppo anche il fratello Stefano e torniamo al punto d’arrivo per la degustazione, che avviene all’esterno, in piedi, attorno al tavolino 80 per 120 che avevo visto all’inizio.
Assaggiamo quattro vini (le notizie su raccolta e fermentazione e affinamento sono state prese dal sito aziendale).
Primo vino: Fuxia Puglia IGT Rosato 2010 di 12 gradi da uve Negroamaro in purezza ad alberello, macerato per una decina di ore a bassa temperatura e poi vinificato in bianco e affinato in acciaio per circa 6 mesi.
Secondo vino: Orfeo Puglia IGT Rosso 2009 di 14,5 gradi da uve Negroamaro in purezza ad alberello, macerato per due settimane a 25 gradi in acciaio e affinato 3 mesi in acciaio, 12 mesi in barrique di rovere francese e americano e 3 mesi in bottiglia.
Terzo vino: Fiore di Vigna Salento IGT Primitivo 2009 di 14,5 gradi da uve Primitivo in purezza ad alberello, raccolte tra fine agosto e inizio settembre, dopo un leggero appassimento dell’uva, e fermentato per una decina di giorni a 25 gradi in acciaio con macerazione di 15 – 18 giorni. Si affina 12 mesi in barrique di rovere francese e americano e 6 mesi in bottiglia.
Quarto vino: Rosarose Vino Spumante rosato brut da uve Negroamaro in purezza a spalliera con potatura a cordone speronato, raccolte a inizio, metà settembre, pigiato a 12 – 14 gradi per circa sei ore in pressa pneumatica, pigiato e pulito per decantazione statica di 18 – 24 ore, fermenta in bianco per una decina di giorni a 15 gradi circa e affinato in acciaio per circa 6 mesi.
Era previsto un pranzo light in azienda ma nulla è stato preparato, così troviamo una piccola rosticceria rustica in paese dove possiamo ristorarci con qualche tipicità pugliese imprevista ma tutto sommato gratificante.
Cantina Sandonaci
Anticipiamo di un ora la visita alla Cantina Sandonaci, imperdibile per le caratteristiche storiche dei locali che occupa nella parte antica del paese, con delle bellissime grotte sotterranee che ricordano, in molto piccolo, quelle che puoi trovare nella Borgogna e nella zona dello champagne nel nord della Francia.
Meravigliose queste cantine sotterranee, ora adibite a barricaia, sia per la loro bellezza estetica, sia per l’odore di pulito e di vino fatto con le uve che sanno di ciliegia e mirtillo e mora, sia infine per la storia che ogni loro centimetro quadrato ti racconta con le sue incrostazioni rossastre e violacee.
Nicola, l’enologo, e Monica ci accompagnano nella visita.
La cantina conta circa 400 soci conferitori, su 500 ettari vitati, per un complessivo di circa tre milioni di chili di uva l’anno, con un compenso tra i 25 e i 40 euro a quintale, valutate sulla base della qualità dell’uva, il grado zuccherino e la zona di provenienza, se DOC o IGT.
Le uve prevalenti sono Negroamaro e Primitivo, poi Malvasia nera e Chardonnay.
La cantina nasce nel 1933 ed è la più antica del Salento.
Oltre al vino sfuso, venduto ai locali direttamente in cantina, si producono circa mezzo milione di bottiglie, per il 70% rossi e il resto metà bianchi e metà rosati, distribuiti su una ventina di etichette e destinate per il 70% al mercato estero
Dopo la visita, il saluto del Presidente Marco Pagano e poi l’assaggio di sette vini.
Primo vino: Anticaia Chardonnay 2010 di 12 gradi, da uve Chardonnay in purezza da impianti ad alberello e spalliera, vinificato con controllo della temperatura e affinato in acciaio.
Secondo vino: Anticaia Salice Salentino DOP Rosato 2010 di 12 gradi, da uve Negroamaro al 90% e Malvasia nera al 10% da impianti ad alberello, vinificato con sosta sulle vinacce per 18 – 20 ore e affinato in acciaio.
Terzo vino: Anticaia Salice Salentino DOP Rosso 2009 di 13,5 gradi, da uve Negroamaro al 90% e Malvasia nera al 10% da impianti ad alberello, vinificato in rosso con controllo della temperatura e affinato in barrique per dodici mesi.
Quarto vino: Fulgeo Salento IGP Negroamaro 2007 di 14 gradi, da uve Negroamaro in purezza da impianti ad alberello, vinificato in rosso con controllo della temperatura e affinato in barrique per sei mesi.
Quinto vino: Pietra Caya Salento IGP Malvasia 2010 di 13 gradi, da uve Malvasia nera in purezza da impianti ad alberello, vinificato in rosso con controllo della temperatura e affinato in acciaio.
Sesto vino: Anticaia Salice Salentino DOP Riserva 2007 di 14 gradi, da uve Negroamaro al 90% e Malvasia nera al 10% da impianti ad alberello, vinificato in rosso con controllo della temperatura e affinato in barrique per ventiquattro mesi.
Settimo vino: Pietra Caya Salento IGP Malvasia dolce naturale 2010 di 13,5 gradi, da uve Malvasia nera in purezza da impianti ad alberello, vinificato in rosso con controllo della temperatura e proposta con un livello zuccherino apprezzabile al palato.
Rientriamo al Relais per la cena, la seconda da Graziano, ma quella la lasciamo per la prossima puntata.
Foto Credit: Gabriella Repetto
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