Fin da bambino a Genova, in trattoria, ogni tanto capitava qualcuno che proponesse un assaggio di un salame bianco e rosso, con tanto magro buono, dolce, di puro maiale, e un grasso bianco, netto, che lo insaporiva. Dicevano che veniva da Varzi, in Lombardia, e ricordo che mi piaceva parecchio. Poi ci sono stato, a Varzi, per i salumi ma anche per i vini e oggi ci ritorno con piacere per una panoramica sulle Perle d’Oltrepo, promossa dal Comune e dai due Consorzi di Tutela del Salame di Varzi e del Vino e organizzata da Emanuele Bottiroli. È l’occasione giusta per conoscere a fondo questo prodotto DOP, per studiarne il disciplinare, vedere come e dove si produce, sentire i profumi della carne fresca e degli aromi necessari per la sua preparazione (soltanto sale, aglio e vino rosso), restare stupito dal sentore di nocciola e di cioccolata che esce dal locale di stagionatura dopo solo dieci – quindici giorni dalla preparazione, vedere le file di filzette e cuciti appesi dopo due, quattro, otto mesi di stagionatura, ma anche per visitare castelli e campagne sempre affascinanti, per gustare la cucina del territorio e infine per confrontare tra loro salami diversi dello stesso produttore o tipologie uguali di produttori diversi, in due degustazioni, una orizzontale (salami della stessa età) e una verticale (salami di diversa stagionatura, per rubare la terminologia a quelli del vino) sotto i portici antichi di una delle più belle case storiche di Varzi, la Casa Mangini del XVIII secolo, ospiti della squisita cortesia di famiglia Mazzagalanti. Un tour di due giorni che ci ha fatto conoscere la tranquillità e il relax del Park Hotel Olimpia a Pregola di Brallo, il ristorante Officina dei Sapori a Varzi, la cucina strepitosa del Ristorante Buscone a Bosmenso, il castello di Zavattarello con la merenda sull’erba, alla maniera degli impressionisti, senza la visita del fantasma, il castello di Montesegale, ma solo da fuori, con pranzo nella sala del camino. Luoghi di storia, di poesia, di bellezze naturali, dove mangi bene e bevi meglio, se ti lasci cullare dalle bellezze del territorio. Vale anche la pena fare una visita ai salumifici, per vedere come lavorano e per curiosare nella loro sala vendite, dove c’è, non solo per i salami ma anche per la carne, gli zampini o zamponi di maiale, e tante altre ghiottonerie. Vecchio Varzi, La Scaletta, Magrotti Piero ci hanno aperto le loro porte per una visita e una chiacchierata lungo la trafila dei salami e altro.
Di seguito il racconto del viaggio tra monti, valli, storie di streghe e di braccia mozzate e pranzi deliziosi.
Domenica 25 settembre 2011.
L’antica via del sale
Lascio il sole di Chiavari verso le sei del pomeriggio di domenica e mi faccio guidare dal Tom Tom fino a destinazione. Non mi chiede nemmeno se voglio scegliere tra pedaggio e non. Solo strade normali, a cominciare dalla SP225 della Val Fontanabuona, fino a Cicagna. Di qui si entra nell’interno, perpendicolare al mare, lungo la SP23. Forse questa era una delle antiche vie del sale che risalivano dal mare della Liguria fino all’interno emiliano piuttosto che lombardo o piemontese. Tocco Verzi, assomiglia alla mia meta ma la prima vocale non combacia, proseguo per Castagnelo, Favale di Malvaro. Qui si entra sulla SP56 che risale ripida le montagne e le curve frequenti fanno pensare a viandanti che si muovevano a piedi o su qualche asino o mulo per il trasporto di pochi sacchi di granaglie o castagne o poco altro. Taglio Barbagelata, Costa Finale e Pianazzo scendo su Montebruno, ristoro di tante estati negli anni ‘70 e ‘80, ai 900 metri di Zeppado. È un piacere andare su queste strade in un pomeriggio brumoso di fine estate. La nebbiolina rada fa molto romantico e le strade sono deserte. Pensieri e ricordi si rincorrono nella mente e i colori del bosco, che cominciano a virare ai rossi e gialli dell’autunno, rallegrano la serata e il viaggio. Adesso siamo in Val Trebbia, sulla SS45 verso Piacenza. Sfioro Loco, Rovegno, attraverso Ottone e Ponte Organasco dove prendo la SP24 e subito dopo la SP186 verso Rovaiolo, Pratolungo e Colleri. Ormai siamo all’arrivo e gli ultimi due chilometri sulla SP89 mi portano a Pregola, al Park Hotel Olimpia dove negli anni ’80 avevo accompagnato Andrea al suo primo corso di Tennis. Lo riconosco dal piazzale davanti all’ingresso e ricordo ancora il vociare dei ragazzini e delle ragazzine, fieri nelle loro tute bianche.
L’albergo è sempre pulito e ordinato, sembra appena rifatto. Mi fermo a cena per un delizioso piatto di costine di agnello con verdura di contorno, con limone e olio extravergine, finalmente buono.
Mi sistemo in camera ed è tutto un sonno fino alla mattina alle otto.
Lunedì 26 settembre 2011.
Park Hotel Olimpia
Alle 8.30 una buona colazione in albergo. Cerco qualche proteina nobile per la mia colazione, da aggiungere al caffè d’orzo, latte caldo, un goccio, pane, fetta di torta alle nocciole, spremuta di arance rosse. C’è del salame, ma non è quello di Varzi, purtroppo, solo un tipo Milano (o ungherese), quello con i puntini di grasso fitti e piccoli. Peccato non poter assaggiare subito del Varzi! Del resto avremo modo di assaggiarlo in tutte le forme.
Alle nove salgo in macchina e scendo lentamente verso Varzi, l’antica Varci, forse dal ligure antico che ricorda l’acqua o dal latino Varicus, passaggio o da Varcius, nome di persona. Sono diciotto chilometri di discesa dolce lungo la SP186. In mezz’ora sono sulla piazza della fiera.
Giro a piedi il paese. A quest’ora del lunedì mattina c’è in giro poca gente. Ti godi le case, i silenzi, i gatti che scivolano leggeri lungo i muri, l’odore di vernice davanti alla porta della chiesa che stanno ripulendo due operai forse dell’est.
Perle d’Oltrepo
Alle dieci ci vediamo tutti all’Angolo Bar per una eventuale seconda colazione, poi ci spostiamo in comune nella sala al primo piano dell’antico palazzo settecentesco, dove inizia l’incontro con il Sindaco di Varzi Gianfranco Alberti, il Presidente del Consorzio del Cruasè, Paolo Massone e il Direttore del Consorzio di tutela del salame di Varzi, Annibale Bigoni. Questa iniziativa, si alternano i tre relatori nella presentazione, è positiva e, nonostante la crisi che si fa sentire sempre più pesantemente e la vendemmia in corso cercheremo di dare un supporto concreto ai lavori. È importante e vitale un rilancio del territorio e dei suoi prodotti, il salame, la polenta con la cacciagione, i vini e gli spumanti. Varzi vuole anche dire storia e cultura. Ha un borgo medievale ancora vivo e di interesse architettonico, con le chiese, i palazzi, i portici, le torri antiche, le porte della città, da visitare e da godere.
L’Oltrepo Pavese è ricco di DOP e di De.Co. per i vini, i salami, i formaggi, i tartufi, i funghi, le castagne ma anche i pesci di acqua dolce. Dobbiamo e vogliamo dimostrare che qui si può vivere bene anche con meno industrie, grazie a un turismo intelligente e che va a cercare la qualità. Sono queste le vere “Perle d’Oltrepo”.
Il nostro salame gode ogni giorno l’apprezzamento del pubblico dei consumatori finali che acquistano questo prodotto per la loro tavola.
Il braccio del ladro del braccio di San Giorgio
Sono passate da poco le undici quando ridiscendiamo in piazza per una visita storico culturale che dà il via al Tour del Salame di Varzi. Ci accompagna Marco, dell’associazione “Varzi Viva”. È curioso come già dai nomi dei luoghi si capisca l’origine medievale di questa cittadina. Abbiamo la Via di Dentro, la Via del Voltone, la Via della Maiolica, la Via Porta Nuova, la chiesa dei Bianchi e la chiesa dei Rossi (stavolta non c'entra niente il vino), la Porta Soprana e la Porta Sottana, la Via del Ponte, la Via Piana, la Via del Mercato. Sembra quasi di essere in un libro per bambini. Nomi che riportano a mestieri, alla forma dei luoghi, al sopra e al sotto, concetti elementari e subito chiari a tutti. Oggi Varzi conta circa 3500 abitanti e sta a 416 metri di altitudine. Posto ideale per del buon vino. Il feudo nacque su concessione del Barbarossa nel 1167. Arrivava allora fino alla Lunigiana.
Nel 1220 la rivalità fra Milano e Pavia e le lotte per il predominio della via del sale lungo la valle Staffora videro l’insediamento dei Malaspina che ne fecero un marchesato. Domina la piazza principale, detta anche delle “Caminate” per il passeggio dei nobili, ancora oggi la Torre con i suoi imponenti 29 metri. È detta anche torre delle streghe per un episodio di stregoneria che risale al 1260.
Le due chiese dei bianchi e dei rossi prendono il nome dalle vesti delle confraternite che soccorrevano i pellegrini di passaggio: i rossi davano ospizio mentre i bianchi li sfamavano con il pane e il companatico (chissà che non fosse già del salame!). Visitiamo velocemente la chiesa dei Bianchi, una chiesina piccola, a croce greca, dedicata oggi a Maria Bambina, con una bella festa che si fa l’otto settembre.
Visitiamo anche la chiesa parrocchiale, di San Germano, tipica chiesa seicentesca, come quelle circostanti, con un magnifico organo del 1860. Dentro questa chiesa si conserva la reliquia del braccio destro di San Giorgio, patrono di Varzi, in un altare laterale di destra. Una leggenda racconta che il braccio destro di San Giorgio qui custodito venisse rubato e che l’autore del furto abbia immediatamente perso il proprio braccio destro, perciò fu costretto a lasciare “la refurtiva” al proprio posto e qualcuno raccolse poi il braccio destro del ladro che oggi sta nella sacrestia della Chiesa.
Usciamo nei vicoli antichi a vedere le mura e i portici bassi, costruiti su livelli diversi, anche di tre – quattro piani uno sull’altro. Assomigliano a quelli di Brisighella o di Morro d’Alba o di tanti altri paesini medioevali sparsi nella penisola.
Da non perdere la via del Mercato con i portici bassi del 1300 – 1400 dove si vendevano spezie, stoffe, formaggi. Sono diventati bassi nel tempo a furia di rialzamenti fatti dal popolo dopo inondazioni successive del torrente che bagna Varzi, appunto lo Staffora, che non voleva saperne di stare dentro gli argini, ma ne usciva spesso “fora”.
Facciamo una sosta in una vecchia cantina di queste antiche mura per un aperitivo di Cruasè, creme tartufate, salatini e assaggi di salame de La Scaletta e il sorriso di Giulia, prima del pranzo all’Officina dei Sapori.
Che Officina!
Siamo a pranzo nella sala grande al piano superiore dell’Officina dei Sapori, uno dei più bei ristoranti di Varzi. Anche se lo Staffora che passa qui a fianco, uscisse, potremmo continuare il nostro pranzo. Ma non succederà oggi. I vini sono raccolti nel giardinetto tra le due sale. Poiché si può scegliere tra una ventina di nomi diversi, nove Cruasè (Anteo, Bellaria, Cantine Montagna, Fiamberti, Piccolo Bacco dei Quaroni, Rebollini Bruno, Ruiz de Cardenas, Tenuta Il Bosco e Torrevilla) e undici rossi, esclusivamente Pinot nero (Anteo, Cantina Storica di Montù Beccaria, Fiamberti, Fratelli Giorgi, La Travaglina, Montenato Griffini, Piccolo Bacco dei Quaroni, Quaquarini Francesco, Tenimenti Castelrotto, Terre d’Oltrepò e Travaglino), è molto più pratico e meno dispersivo spostarsi con il bicchiere al tavolo del maitre che ci consiglia sul vino da scegliere.
Il pranzo inizia con due tipi di salame di Varzi DOP, un assaggio di torta salata di cipolle, melanzana grigliata, peperone con acciuga, champignon ripieno. Alle tipicità pavesi si accompagnano piatti liguri e piatti piemontesi, a dimostrazione che i luoghi di frontiera, come questo, godono piacevolmente delle influenze migliori delle cucine confinanti.
Veramente da urlo il Tagliolino di farina di castagna con fonduta di formaggi e burro allo scalogno.
Non è da meno il cinghiale in salmì con contorno, macerato per tutta la notte nel vino rosso e cotto a fuoco lento. Infine la torta di mandorle e un buon caffè per chiudere il pranzo.
Unica pecca l’olio extravergine, sicuramente non all’altezza del resto della cucina e sicuramente da migliorare per le prossime visite, ma anche il proprietario ne conviene e per addolcirci la pillola ci offre uno zuccherino infuso nell’alcol puro accompagnato da una dozzina di erbe digestive. Un toccasana.
Foto Credit: Gabriella Repetto
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