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Viaggi enogastronomici

Rosati di Puglia: Astore, Palamà e Cavalieri (Quarta Parte)

di Luigi Bellucci

MappaArticolo georeferenziato

Masseria l’Astore

All’una arriviamo sull’aia della Masseria in territorio di Cutrofiano. Esiste dal 1700 e dal 1935 è di proprietà della famiglia Benegiamo. Oggi c’è anche papà Achille, in perfetta forma, che ci accompagna a visitare lo storico trappeto. È un frantoio ipogeo che risale al 1600 e ha subito un restauro conservativo quindici anni fa. Sembra veramente una cattedrale sotterranea dell’olivo e dell’olio. Dalla zona olio si passa a quella del vino, sempre camminando sotto terra. La cantina o Bottaia per l’affinamento dei vini, ha soffitti a volta, tipo cripta. La Masseria è certificata biologica da Bioagricert per le uve. È in corso la richiesta di certificazione anche per il vino.
L’azienda ha un’estensione di 100 ettari, di cui venti a vigneto con Negroamaro, Aglianico, Primitivo, Montepulciano, Malvasia Bianca, Petit Verdot e quaranta a uliveto, con le cultivar Ogliarola leccese, Cellina di Nardò, Leccino, Frantoio.
Alla fine della visita rientriamo nella masseria a piano terra per una degustazione dei loro vini e assaggi di formaggio e bruschettine con pomodoro, insieme al figlio di Achille, Stefano, che con i fratelli Paolo e Luca cura la conduzione dell’Azienda.

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Assaggiamo sette vini:

Primo vino: Krita Salento IGT bianco 2010 di 13 gradi. Un uvaggio di Malvasia bianca al 70%, Chardonnay al 25% e Minutolo al 5%. Colore giallo verde brillante, con note minerali e fruttate e persistente in bocca.

Secondo vino: Massaro rosa Salento IGT rosato 2010 di 13 gradi. Un Negroamaro in purezza. Colore rosa antico. Al naso è ancora eccessiva la solforosa e in bocca piacevole la sapidità con una nota tannica in eccesso che lo rende piuttosto ruvido.

Terzo vino: Filimei Salento IGT rosso 2009 di 13,5 gradi. Un Negroamaro in purezza. Colore rosso rubino pieno. Al naso presenta sentori di frutta matura e una buona nota speziata. In bocca ha una discreta acidità e tannini piuttosto asciutti.

Quarto vino: Jéma Salento IGT rosso 2009 di 14,5 gradi. Il nome deriva dal griko “sangue” riferito ovviamente al colore. rosso rubino vivo. Al naso si sente la frutta matura e in bocca eccedono leggermente i tannini.

Quinto vino: L’Astore Salento IGT rosso 2007 di 13,5 gradi. Un uvaggio di Aglianico e Petit Verdot. Colore rosso rubino intenso. Al naso presenta ancora note vegetali e in bocca è abbastanza equilibrato.

Sesto vino: Alberelli Salento IGP rosso 2007 di 15 gradi. Da uve Negroamaro in purezza da una vigna ad alberello di 64 anni con una resa di 25 quintali per ettaro. Colore rosso rubino caldo e luminoso. Al naso presenta sentori speziati e fruttati e in bocca è piacevolmente tanico.

Settimo vino: Argentieri Spumante Rosè Brut 2010 di 12,5 gradi dal lotto L10911. Un uvaggio di Negroamaro, Aglianico e Montepulciano ottenuto con metodo classico Martinotti.

Alla fine degli assaggi ci trasferiamo poco lontano, in tutt'altra azienda.

Cantina Palamà

Da fuori non gli daresti due lire. Poi entri e ti senti Alice nel paese delle meraviglie, perché Ninì (così chiamano Cosimo Palamà) ha veramente una marcia in più. L’ha ereditata dal padre, Arcangelo, che gli ha insegnato il mestiere di vignaiolo e che faceva il vino dal 1936. Arcangelo, come Cosimo e come il figlio, che da ottobre vivrà a Piacenza per specializzarsi in agraria e si sta già distinguendo con le sua prima creatura, era una persona intelligente. Faceva il vino ma gli piaceva farlo buono. Non gli interessava farne tanto, quindi a Cosimo, che gli chiedeva il perché di tutta quella fatica nei campi e nella vigna per raccogliere “così pochi grappoli”, rispondeva “meno uva c’è sui ceppi, più buono viene il vino”.
Già dallo sguardo vedi il poeta, l’artista. Nella stazza ti ricorda un po’ il Buazzelli di Nero Wolfe, ma se lo guardi meglio ci vedi la verve e la grandezza di un Orson Welles del Salento.
Gli hanno dato anche una medaglia per il suo vino perché era il più buono del mondo e quel giorno Ninì ha veramente capito che Arcangelo aveva ragione. Ma lui rimane con i piedi per terra, nel suo Salento, nella vigna, “aspettando il sole”.
Mentre i racconta queste cose ci fa vedere la sua cantina, dove arriva il vino, dove si conserva. È lontano mille miglia dalle tecnologie sofisticate e dai grandi volumi però i suoi vini sono sempre eccellenti e vale la pena arrivare fin qui per provarli e per conoscerlo.
L’azienda ha dodici ettari di vigneto ma molte uve le acquisisce dai contadini dei dintorni e solo quelli autoctoni sono i suoi vitigni.
Le uve bianche sono Verdeca e Malvasia bianca, quelle nere Negroamaro, Primitivo e Malvasia nera.
La produzione annua si aggira attorno al quarto di milione di bottiglie, destinate per l’80% al mercato americano e nord europeo.
Il metodo di vinificazione del rosato è ancora il classico “salasso”. Si lasciano le bucce a contatto col mosto nero per sei – otto ore, poi si estrae la metà del liquido che sarà il rosato e l’altra metà continua la sua fermentazione a contatto con le bucce per estrarre tutti gli antociani e ottenere il vino rosso.
Negli ultimi quattro anni ha ottenuto tre prestigiosi riconoscimenti internazionali.
Ninì ha preparato squisiti assaggini di pesce per i bianchi e di carne per i rossi che apre in cantina per farceli assaggiare.

Primo vino: Fregi barocchi – Salento bianco IGP 2010 di 11,5 gradi. Un uvaggio paritario di Verdeca e Malvasia bianca da vigneto ad alberello e a spalliera. Colore paglierino luminoso con not3e fruttate intense al naso e buona sapidità in bocca per una beva equilibrata e persistente.

Secondo vino: Fregi barocchi – Salento rosato IGP 2010 di 12,5 gradi. Da uve ad alberello e a spalliera di Negroamaro in purezza. Colore rosa antico brillante con un naso fresco di frutti rossi e grande freschezza in bocca con un retrogusto di mandorla amara piacevolmente stuzzicante.

Terzo vino
: Metiusco – Salento IGT rosso 2010 di 14 gradi da impianti ad alberello di uve Negroamaro al 50%, Primitivo e Malvasia nera al 25% ciascuno a vendemmia tardiva. Come i precedenti l’affinamento avviene in acciaio. Colore rosso rubino intenso, altrettanto lungo e persistente è il sentore fruttato al naso e in bocca lo senti pieno, avvolgente, intrigante e fresco allo stesso tempo. Un gran bel vino.

Quarto vino: Metiusco Oro – Salento IGT rosso passito 2009 di 15 gradi. Le uve provengono da impianto ad alberello di Negroamaro al 50% e di Primitivo al 50% e si fanno appassire sui graticci dopo la raccolta. Il colore è un rosso con note amaranto. Al naso è una sintesi di sentori di frutta appassita dal fico alla prugna alla mora, con amabili note mielose. In bocca lo senti pieno, caldo, lungo, con una gradevole nota zuccherina che lo rende estremamente piacevole ed elegante.

Quinto vino: Mavro – Salento IGT rosso 2009 di 14,5 gradi. Da uve ad alberello di Negroamaro al 90% e poi di Malvasia nera. Mavro in lingua grika vuol dire nero, come la Malvasia nera che gli dà il bel colore scuro. Si affina in botti di rovere. Il colore è un rubino intenso quasi nero.al naso mostra una bella complessità e sentori fruttati intensi e persistenti. In bocca ha una bella freschezza cui si accompagna una pienezza sorprendente e un retrogusto di confettura di prugna e ciliegia piacevolissimo.

Sesto vino: Il Vino d’Arcangelo – Salento IGT rosso 2010 di 14 gradi. Da uve ad alberello di Malvasia nera in purezza. È il vino che Ninì ha dedicato al pare Arcangelo perché era quello che lui stesso si faceva per sé. Si affina in acciaio. Il colore è un bel rosso rubino pieno. Al naso ha un fruttato pulito, ampio e persistente. In bocca è fresco, pieno e piacevole.

Il figlio di Ninì, che ha già messo le mani con successo con qualche sua idea innovativa in azienda, ci prepara un buon caffè a fine degustazione, prima di risalire sul bus per la visita a Maglie al famoso pastificio Benedetto Cavalieri.

Pastificio Benedetto Cavalieri

Il pastificio si trova al centro di Maglie. Da fuori sembra una casa qualsiasi con un negozio appena più grande di un altro. Ma come passi la porta a vetri che dà sulla strada senti un profumo di fior di farina che quasi ti stordisce, fino all’assuefazione che è abbastanza veloce.
Pulizia e profumo di cose buone sono il corredo delle parole di Benedetto, che ci dà il benvenuto e racconta come sotto i nostri piedi sta la cisterna che raccoglieva l’acqua piovana prima che fosse allacciato l’acquedotto pugliese alle case.
Presto si inaugurerà il Museo della Pasta, ancora in allestimento, dove finiranno i ricordi, le macchine più antiche e tutta la mercanzia utilizzata nei quasi cento anni di storia di questo pastificio.
Oggi la produzione è ferma perché la nuova stagione inizierà a settembre e si sta sistemando e ripulendo ogni locale prima della chiusura imminente. I dipendenti fissi sono una quindicina, oltre ai famigliari.
Nel 1918, nonno Benedetto inaugurava il “Molino e Pastificio BENEDETTO CAVALIERI” con il programma di produrre pasta di qualità con il "grano duro fino selezionato delle colline di Puglia”. Da quel giorno la parola d’ordine è stata: “ PASTA DI PRIMA QUALITÀ FIRMATA CON NOME E COGNOME”.
Il processo di lavorazione è ancora oggi quello della tradizione, detto “Metodo Delicato” perché prevede una impastatura a freddo prolungata, una lenta gramolatura pressatura e trafilatura, e infine l’essiccazione a bassa temperatura. In questo modo la pasta acquisisce una consistenza tenace ma del tutto naturale, preservando integre le proprietà nutritive del grano duro di prima qualità, cioè i carboidrati e le proteine vegetali che sono le basi della Dieta Mediterranea.
Le semole ancora oggi provengono dalla zona nord ovest della Puglia e in parte dalla Basilicata confinante.
Mentre Benedetto racconta, davanti a noi scorre un filmato che mostra il processo di lavorazione e l’intervista al figlio Andrea con sullo sfondo il logo aziendale e la scritta “la Ferrari della Pasta” riferita ovviamente alla qualità e non al prezzo, che, da quanto si vede dai listini appesi in altra parte della stanza, sono indicativi di un eccellente rapporto qualità prezzo.
L’essiccatoio attualmente usato è del 1937. Era stato messo da parte negli anni ’50 per sostituirlo con apparecchiature più moderne, che però non avevano la stessa resa. Dopo continue modifiche e ripensamenti sul ciclo di lavorazione, negli anni ’80, per la sagacia di un anziano dipendente, si decise di rimetterlo in attività e con grande soddisfazione si tornò al sapore della pasta di una volta.
Oggi molti pastifici moderni usano temperature di essiccamento sui 100 – 120 gradi e questo processo sforna più velocemente e quindi in maggior quantità il prodotto finale che però al momento della cottura rimane colloso fuori e crudo all’interno, dunque non è un prodotto di qualità.
L’essiccamento invece deve agire in maniera uniforme sul glutine e si deve distribuire in tutta la massa della pasta e per ottenere ciò bisogna lavorare con temperature attorno ai 50 gradi e non bisogna avere fretta. Anche il tempo di cottura non deve essere lo stesso per ogni tipo di pasta perché dipende dallo spessore della pasta che si vuole cuocere.
Esistono linee di essiccamento diverse per la pasta lunga e per la pasta corta.
All’arrivo della semola, per garantire la qualità costante, si fanno controlli a campione, ma non sulle cisterne, bensì sui singoli sacchi da 25 chili di semola.
L’essiccatoio storico, che saliamo a visitare al piano di sopra, ancora in funzione, è tutto di legno, esternamente, e lavora con una temperatura dell’aria a 53 gradi e della pasta a 40 gradi. In questo modo la pasta seccata esalterà, una volta rimessa nell’acqua per la cottura, le caratteristiche del grano di qualità da cui proviene.
Il pastificio lavora con due marchi, il Benedetto Cavalieri e il Terra d’Otranto.
Ha ottenuto la certificazione Demeter per la materia prima usata. Il marchio Demeter nasce nel 1927 e oggi coordina dalla Germania (Darmstadt) enti di certificazione in 78 stati. In Italia ha sede a Parma e controlla produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti biodinamici, seguendo ogni fase della filiera fino al rilascio della certificazione e all’etichettatura. Per ottenere la certificazione occorre accettare e rispettare i metodi per la produzione vegetale (uso di compost e preparati, divieto di materiali geneticamente modificati ecc.), e tutte le direttive per la panificazione. Il marchio si estende anche a lavorazione della carne, prodotti caseari, prodotti di frutta, verdure, spezie, erbe aromatiche, prodotti non alimentari come i cosmetici e i prodotti tessili.
Oggi l’azienda delega all’esterno molte attività estranee alla produzione. Ci racconta Andrea mentre visitiamo i locali di lavorazione e confezionamento dei pacchi di pasta corta e l’essiccatoio al piano superiore con i macchinari storici.
Un piccolo aperitivo serale prima della partenza e un omaggio della loro pasta prima di riprendere il viaggio verso la Fontanina.

Foto Credit: Gabriella Repetto

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