Ritorno dopo anni a Trieste per “Teranum e i vini rossi del Carso”, il primo evento dedicato al vino Terrano, antico simbolo carsico di viticoltura. Il giovane Sandi Skerk, Presidente del Consorzio per la tutela dei Vini DOC Carso, e Aurora Endici di “Vino è”, hanno previsto una giornata, giovedì 16 dicembre, dedicata alla stampa europea (Italia, Austria, Bosnia, Croazia, Germania, Slovenia) che incontra una quindicina di produttori di questo curioso vino rosso, ricchissimo di colore e antiossidanti, fresco di acidità e con ridotta gradazione alcolica. Seguono tre giornate per il pubblico, dal 17 al 19, per degustare in autonomia o con assaggi guidati, i vini di aziende vinicole del Carso triestino, goriziano e sloveno.
Suoni, luci e colori riempiono Piazza della Borsa, riflessi in un turbinio di stelle luminose dalla grande struttura trasparente dove entra la gente ad assaggiare e comperare il Terrano “buono” di qui e poi altri prodotti di questo territorio austero ma generoso con chi sa lavorarlo bene.
Dunque non solo Terrano, ma anche altri vini e specialità gastronomiche tipiche dal prosciutto al formaggio dell’Altipiano Carsico, dal pane Kmečki al miele del Consorzio degli Apicoltori della Provincia di Trieste, all’olio extravergine presentato dal Comitato Promotore della Valorizzazione dell’Olio di Oliva Extravergine di Trieste “Tergeste Dop” e altro ancora.
La manifestazione, col supporto di Regione Friuli Venezia Giulia, Provincia, Comune e Camera di Commercio di Trieste, vuole essere una finestra sul difficile e aspro mondo agricolo “carsolino”, così ricco di grandi personaggi, vecchi ma anche molto giovani, che applicano le moderne tecnologie agli antichi metodi di lavorazione, con selezioni pesanti in vigna e lavoro costante e metodico in cantina per ottenere vini di qualità, armonici e capaci di trasmettere emozioni in chi li beve, magari accompagnati ai cibi tipici della regione.
Le visite ai produttori riguardano il territorio di Duino Aurisina con i comuni di Sales, Prepotto per Lubinc e Kante e poi si spingeranno fino alla Slovenia da Čotar per proseguire con un bel giro in discesa con il tram di Opicina sulla vettura storica del 1902, di colore marrone asburgico, che ci riporterà al centro di Trieste per un assaggio guidato di otto vini Terrano e Refosco, per finire con la cena di gala con sei piatti di ristoranti del territorio, preparati dai rispettivi cuochi e abbinati ad altrettanti vini Terrano e Refosco, insieme ai produttori e alle autorità della città.
Mercoledì 15 dicembre 2010.
Trieste secca e senza bora
Lascio Chiavari in treno poco prima di mezzogiorno. Le piogge autunnali sembrano finite da un paio di giorni e il cielo sereno rende piacevole il viaggio anche con l’aria più fresca e frizzantina.
Cambio a Milano con mezz’ora di sosta e poi a Mestre, dopo gli ultimi cento chilometri immersi in una rada nebbia e alle sette e venti di sera sono alla stazione centrale di Trieste. È già sera da un po’ ma le luci la rendono molto luminosa e dal cielo le stelle e la luna in crescita rispondono a tono.
Mi va di fare due passi fino al Savoia per queste strade larghe e poco trafficate. Non tira vento e poche persone vanno a piedi per strada. In venti minuti tranquilli arrivo alla reception del Savoia Excelsior della Starhotels, dove Sabrina mi aspetta sorridente e gentile per darmi la chiave della camera al secondo piano con vista sulla piazza. La lettera di Benvenuto sulla scrivania, in camera, mi invita a un brindisi con bollicine e cioccolato per la sera successiva, in occasione del 30° anniversario della catena Starhotels.
Esco poco dopo a passeggiare verso est lungo la Riva del Mandracchio in cerca di un luogo dove cenare. L’assenza di vento fa sembrare più mite l’aria, ma di passo in passo senti il freddo entrare pian piano nelle ossa. In tutta la zona ci sono tanti ristoranti, il sushi di moda, la pizzeria rosso pomodoro (a Trieste! Bah!) la birreria tipo Monaco che fa anche da pizzeria e ristorante, qualche trattoria, ma sono tutti anonimi, senza personalità. Assomigliano ai banchi di un supermercato con la merce ben esposta dentro alle confezioni plastificate. Potresti trovarli identici in qualsiasi città europea, a Milano come a Parigi, a Roma come a Vienna o Londra o Madrid.
Vorrei qualcosa di più tipico e il fiuto mi porta all’Osteria ai Bechi, a duecento metri dal Savoia.
Entro e sono solo, alle nove di sera sono tutti al sushi o in pizzeria o in birreria. L’ambiente è rustico, forse con troppi ammennicoli appesi alle pareti o appoggiati sopra ai tavoli ai lati della doppia sala, ma sento un’aria di genuino, di vero.
Mi siedo a un tavolo vicino alla cucina e già dalla carta capisco che sono nel posto giusto, a meno di sorprese. Zuppa di carne, zuppa di conchiglie miste, e varie cose, anche surgelate (per i clienti tipo supermercato), per antipasto.
Passo ai primi: gnocchi con goulash, gnocchi con ragù, fettuccine, lasagne, spaghetti. No, ecco la “Jota” minestra di crauti, patate e fagioli. Daniele, il figlio del titolare Alferio (Zanon), me la porta ben calda. Aggiungo un filo di olio extravergine di quello nuovo e la trovo eccellente. Poi ci metto anche una fettina di pane alle cipolle fatto da loro. In cucina due coniugi, serbi, mi dice Daniele, anziani ma bravissimi, Branco e Lepa.
Per secondo scelgo lo Stinco (mezzo) con patate, saporito e ben fatto.
Ai dolci chiedo un assaggio delle tre torte sul banco, tutte fatte in casa (si vede subito): una di castagne, una con crema e pinoli, la terza il classico strudel di mele. Daniele me le porta calde, perfette, con un ciuffo di panna a lato e una doppia spolverata di zucchero a velo e di cacao amaro in polvere. Infine caffé (ovviamente Illy in tazzina bianca, qui a Trieste).
Ho accompagnato la cena con una buona bottiglia di Terrano giovane e profumato.
Ci devo tornare per assaggiare i cevapcici di Branco e Lepa.
Un luogo tipico, sacrificato purtroppo (per chi viene a Trieste) sull’altare della cucina alla moda e dei piatti sempre uguali. Che tristezza!
Eppure sta in questi posti la vera gioia conviviale e del saziarsi in modo genuino e naturale
Alle dieci passate rientro al Savoia Excelsior e mi godo la serata vedendo un bel film con Clint Eastwood e Gene Hackman.
Metto la sveglia alle otto di domattina.
Giovedì 16 dicembre 2010.
La colazione al Savoia Excelsior Palace
Scendo alle nove nella sala ristorante a piano terra e mi siedo a un tavolo vicino alla vetrata che dà sulla strada e sul mare. Personale attento e gentile, servizio impeccabile e un ottimo assortimento di cibi salati e dolci. Prendo uova strapazzate, due fettine di salame, del pane integrale affettato da me sul tagliere di legno, uno yogurt bianco con un cucchiaio di marmellata di arance amare, una coppetta di frutta fresca con due prugne cotte, una piccola brioche al cioccolato e una tazzona di caffé d’orzo e latte caldo. Intanto guardo fuori il passaggio svelto della gente infreddolita, le auto e i bus azzurri, ecologici, che passano frequenti nei due sensi. Sullo sfondo il mare e il grande edificio che mi ricorda la stazione marittima sotto Genova Principe, tra Di Negro e Caricamento.
Torno in camera per l’ultima toilette e scendo poco prima delle dieci nel salone all’ingresso dove è già arrivata Aurora che presenta i giornalisti al presidente Sandi.
Fuori, sul marciapiedi, è in attesa il bus bianco che ci porterà a visitare i produttori e le aziende sparse a corona attorno alla città giuliana e qualcuna in territorio sloveno.
Le cantine del Terrano con Aurora
Alle dieci e un quarto si parte. Il cielo è chiaro e lungo la strada si passa attraverso file di platani quasi spogli e di bianchi palazzi d’epoca, lindi e ben tenuti, eleganti come tutta la città. La piazza che ricordavo adibita a parcheggio è diventata zona pedonale e gli abeti che la decorano ricordano l’arrivo del Natale e dell’inverno.
Attraversiamo Roiano mentre saliamo sulle prime colline verso il Carso e la Slovenia.
Nella parte alta cominciano ad apparire le macchie di verde con oleandri, magnolie, pini, tassi e poi si comincia a vedere qualche ulivo e qualche piccolo vigneto.
In alto si intravede una costruzione in cemento stile alveare, mi dicono fatta negli anni ’60 e dovrebbe essere una chiesa. È proprio brutta!
Giù in basso, a pelo d’acqua sul mare, un bel castello con la sua torre bianca che spunta tra le macchie verdi del bosco.
Aurora, con il suo look elegante e raffinato, illustra al microfono il programma della giornata, ricco e accattivante, come il suo sorriso e la sua simpatia.
Lasciamo Gabrovizza e si iniziano a vedere pietre carsiche, bianche e grigiastre, spuntare dal terreno, raro e avaro, con bassi muretti a secco biancastri, a indicare i confini tra una proprietà e l’altra.
Dopo una mezz’ora arriviamo a Sales, dove scendono alcuni giornalisti per una visita ai produttori del posto. Il bus prosegue attraversando Samatorza, Ternova fino a Prepotto, all’azienda di Carlo Zolandi che produce un ottimo formaggio di latte vaccino. Scende un altro gruppo di giornalisti.
Il territorio che stiamo visitando fa parte del Comune di Duino – Aurisina, le due cittadine sulla costa tra Monfalcone e Trieste.
Lupinc
Il terzo gruppo prosegue per la visita a Lupinc (si pronuncia lupinz), nel centro di Prepotto. Ci aspetta Matej, un giovane di profonda cultura vinicola e agricola, attento alla qualità e probabilmente il miglior produttore di vini biologici della regione. Matej ha ereditato dal padre Danilo la passione per la vite e continua il lavoro di recupero dei vitigni Vitovska e Terrano iniziato alle fine degli anni ’60 e proseguito nel tempo fino ad ottenere la DOC per la Vitovska nel 1990.
Nei quattro ettari vitati c’è anche mezzo ettaro di Malvasia. Le viti sono a pergola, con una densità di tremila piante per ettaro. Il territorio è molto piovoso (l’anno scorso si sono avuti 1800 millimetri), ma per la natura del suolo, le acque non ristagnano perciò le viti crescono bene e le uve sono sane.
Ci spiega Matej che Terrano e Refosco sono la stessa pianta. Si chiama Terrano quando cresce sulla terra rossa, quella ferrosa, che fa vini di grande acidità e profumi più ampi e complessi, altrimenti si chiama Refosco, se cresce e produce su altri tipi di terreno.
Lupinc produce in tutto circa 15.000 bottiglie e un terzo le vende ai turisti che frequentano il loro agriturismo, con quattro begli appartamentini nuovi, cui presto se ne aggiungeranno altri tre.
Il Carso è caratterizzato da vigneti rubati alla roccia viva per qualche centinaio di ettari, di cui meno di cento a denominazione di origine controllata. Tutti gli appezzamenti sono piccoli e a conduzione familiare. È proprio la dimensione ridotta che costringe i produttori a inventarsi qualche atra attività a sostegno dell’agricoltura, come l’azienda agrituristica o la lavorazione del miele o dei formaggi per chi ha gli animali da latte.
Insieme a Matej visitiamo le stanze nuove dell’agriturismo ai piani superiori dell’edificio e poi anche le cantine e la bottaia immersa e scavata nella roccia carsica.
Passiamo infine agli assaggi.
Curioso il modo di avvinare di Matej che bagna il bicchiere sia all’interno, come si fa di solito, sia all’esterno, facendo scendere una lacrima di vino dal fondo della coppa capovolta. Il motivo è banale ma intelligente: visto il freddo della giornata un velo doppio di vino aumenta le sensazioni aromatiche che altrimenti sarebbero limitate.
Si comincia con una Vitovska IGT Carso 2008 di 13,5 gradi imbottigliata nel novembre 2009. un bel colore giallo paglierino vivo e luminoso, con note minerali ben marcate, lievi sentori balsamici e ricco di sapidità e persistenza in bocca, con un piacevole retrogusto di mandorla verde.
Il secondo vino che assaggiamo è la Malvasia IGT Carso 2008 di 13,5 gradi dal colore giallo paglierino brillante e naso fruttato, pieno e caldo in bocca.
Infine un assaggio della Vitovska 2010, ancora in maturazione in botte di acciaio, spillata direttamente dal beccuccio della botte nel bicchiere, con piacevolissime note di linalolo e una bocca fresca ed estremamente fruttata con sentori di pompelmo.
Risaliamo velocemente sul bus per visitare la seconda cantina della giornata, sempre a Prepotto, dopo uno sconfinamento nel territorio di San Pelagio.
Foto Credit: Gabriella Repetto
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