Dal 1943 in Puglia si imbottiglia il rosato. All’inizio non era un granché. Poi col tempo e con le tecnologie nate negli anni più vicini a noi è diventato qualcosa di valido, di interessante. Per l’Italia è un po’ come il vino di Provenza per la Francia. Un prodotto gradevole, ben fatto, di pronta beva e piacevole con qualsiasi piatto, soprattutto d’estate, servito a 10 – 13 gradi, aromatico e non troppo robusto. Quest’anno al Vinitaly di Verona, nello spazio eventi della Regione Puglia “Vino e Territorio”, una giuria internazionale di sedici giornalisti ha selezionato, in assaggi alla cieca, cioè senza conoscere le etichette, i migliori venti produttori di Puglia. Ed ecco che il vino diventa un pretesto per conoscere meglio tutta la regione, anzi tutte le Puglie, quindi i 20 produttori, uno per uno, i 28 ristoranti Buona Puglia (un’associazione regionale tra Ristoratori, Albergatori ed eccellenze agroalimentari di Puglia), le 27 enoteche da Foggia a Taranto, in una kermesse di una settimana di fine luglio per degustazioni guidate, menù creati per esaltare l’abbinamento ai rosati e assaggi di tanti ottimi prodotti del territorio, dai formaggi ai biscotti, dalle verdure alle torte di mandorle, dalle raffinate paste di semola ai pesci freschissimi dell’Adriatico e dello Ionio.
“Rosati in terra di Rosati” alla diciottesima edizione è organizzata da Buona Puglia e vuole essere un modo serio e ben organizzato per far conoscere il meglio della produzione di rosati pugliesi.
Vedi anche Rosati di Puglia: i venti rosati, Anna Ancona e Copertino (Seconda Parte)
Vedi anche Rosati di Puglia: Lecce, Cielo e Galatina (Terza Parte)
Vedi anche Rosati di Puglia: Astore, Palamà e Cavalieri (Quarta Parte)
Vedi anche Rosati di Puglia: Graziano e Francesco, poi Cellino San Marco (Quinta Parte)
Vedi anche Rosati di Puglia: Histò, Mater Domini poi a Sandonaci (Sesta Parte)
Vedi anche Rosati di Puglia: ancora Graziano, i rosati dei nordisti e Le Felline (Settima Parte)
Vedi anche Rosati di Puglia: Carovigno e Ceglie per grandi gourmet (Ottava Parte)
Vedi anche Rosati di Puglia: Conclusione e … viaggio con Pierferdi (Nona Parte)
Oltre a Buona Puglia sono della partita Ceglie è..., Movimento turismo del vino, Gambero Rosso, Le Donne del Vino, con il patrocinio della Regione Puglia, assessorato all’Agricoltura e al Turismo, Camera di Commercio e Unioncamere Puglia.
Il rosato è alla fine solo un pretesto, un pretesto per conoscere in prima persona le bellezze naturali e architettoniche di antiche città come Lecce, Taranto, Brindisi, ma anche di paesi piccoli e grandi come Ostuni, Martina Franca, Copertino, Galatina, Cutrofiano, Cellino San Marco, Campi Salentino, Tuglie, Carovigno, Ceglie Messapica, per vivere dal di dentro le comodità e l’ottima cucina di Graziano al Relais La Fontanina, per godere il mare del Villaggio Rosa Marina, per provare alcuni ristornati come Al ritrovo degli amici con la cucina di Anna, Alle quattro spezierie in un ambiente elegante, Cielo – La Sommità che è pronto per il top della cucina regionale e nazionale, Relais Histò con la sua spaziosa SPA, Mulino di Alcantara dove il pesce era freschissimo e il servizio veloce e sempre col sorriso, Già sotto l’Arco per il top dell’eleganza e della raffinatezza, e non ultimo Cibus dove vivi le emozioni più forti con Lillino e la sorella Filomena, i loro formaggi conservati nell’antica nevaia insieme agli strepitosi capocolli e alle introvabili olive nere servite calde come antipasto, il pane fatto nel forno a legna come una volta e i grandi vini che riesce a tirar fuori dalle sue cantine come quella magnum di Primitivo del 1995 fatta da “un amico di mio padre” che dà dei punti ai migliori Porto Vintage. Dunque dicevo che il rosato è un pretesto per conoscere le delizie di questa terra, ma anche per vivere qualche ora insieme ai produttori, per assaggiare tutti i loro vini e visitare le cantine di Azienda Monaci, di Cantina Cupertinum, Cantina Valle dell’Asso, Masseria l’Astore, Cantina Palamà, Cantina Due Palme, Masseria Li Veli, Tenuta Mater Domini, Paolo Leo, Cantina Sociale di Sandonaci, Michele Calò, Mottura, per visitare il pastificio Benedetto Cavalieri e, dulcis in fundo, per ammirare il paesaggio salentino, i suoi ulivi, le sue vigne, le masserie, i muretti, le strade strette, i canneti e i fichi d’India lungo le strade e vicino al mare e poi respirarlo, il mare, a destra e a sinistra, che ti dà frescura anche nei giorni più assolati. In definitiva un modo intelligente per emozionarsi assaporando fino in fondo millenni di storia, il contatto con genti operose e sincere, con la poesia di luoghi antichi ma anche nuovi e toccare con mano le delizie di un’altra bella regione italiana.
Ho cercato di trasmettere, nelle pagine successive, queste emozioni e le sensazioni vissute in chi avrà la voglia e la pazienza di leggere le mie cronache, giorno per giorno, azienda per azienda e chissà che qualcuno non decida di andare di persona a conoscere l’Orson Welles del rosato a Cutrofiano o Lillino al centro di Ceglie o Graziano e Francesco alla Fontanina o il milanesissimo Fernando con tutta la sua famiglia a Tuglie, all’estremità delle Murge, o la grazia di Teresa e Teodosio sulla piazza di Carovigno, magari arrivandoci come noi nel giorno della Festa degli sbandieratori.
Tornando al rosato ci sono da dire alcune cose che a molti di noi sono sembrate un po’ diciamo “strane”.
Anzitutto nessuno riesce a dire quanto rosato si fa in Puglia ogni anno, non ci sono statistiche, non ci sono numeri certi. Non esiste un Consorzio di tutela del vino pugliese. Secondo www.italianbestwine.it in Puglia esistono 25 DOC e due soli Consorzi, il Consorzio di Promozione del Vino D.O.C. Rosso Canosa e il Consorzio di Tutela Primitivo di Manduria. I produttori preferiscono, quasi tutti, coltivare il proprio orticello. Sono pochissimi quelli interessati a unire le proprie forze, a presentarsi al mercato con un obiettivo comune, con una immagine comune, di qualità. Peccato per il rosato e per gli ottimi vini di Puglia. Peccato perché si perdono occasioni di business, non si cresce e non si lavora per il domani, per i propri figli. Il mondo sempre più piccolo favorisce le realtà che sanno unirsi, consorziarsi, fare squadra. Davvero peccato!
Domenica 24 luglio 2011
La Fontanina e Rosa Marina
“Wine Tour 2011” c’è scritto sul cartello che tiene in mano l’autista con occhiali alla Blues Brother all’uscita dell’aeroporto di Brindisi. Sull’aereo nella prima tratta da Genova a Roma il primo contatto con la terra di Puglia: i taralli salati al pomodoro secco. Con un chilo di pomodori salati ne fanno quaranta chili, di taralli, che vuol dire circa 13.500 taralli, dunque dosi omeopatiche, ma conservati con un estratto naturale al rosmarino. Viaggio perfetto, tutto sincronizzato al minuto fino al Relais La Fontanina di Ostuni, una struttura deliziosa in cui rilassarsi, ai bordi della piscina, tra olivi, palme, qualche fico e molta macchia mediterranea.
I nomi delle dodici camere “superior” sono dedicati alle cantine di Puglia: Tenute Rubino, Torre Vento, Monaci, Due Palme, Tormaresca e altre sette. Noi siamo nella Botrugno.
Alle 20.30 ci aspetta un piccolo bus per andare al Villaggio Rosa Marina, sotto Ostuni, verso la spiaggia. C’è la presentazione di “Rosati in terra di Rosati”.
Sul palco, davanti alle duecento sedie preparate per accogliere pubblico e giornalisti, il Commissario dell’AAPT di Brindisi Francesco Nacci, con Carlo Macchi, organizzatore dell’evento di Verona e Pasquale Porcelli, giornalista enogastronomo pugliese, che fa il padrone di casa.
Due parole di saluto dell’Avvocato Tartaro, presidente del Consorzio Rosamarina, che per l’emozione trasforma Vinitaly in Vinality, o forse per una forma inconscia che dà più concretezza ai nomi delle manifestazioni: la “vinalità” non ci sta niente male quando si tratta di vino.
Francesco racconta gli avvii di questa festa che giusto quest’anno, compiendo i 18 anni, diventa maggiorenne. Promuove il vino che in realtà è piuttosto un pretesto per promuovere il territorio coinvolgendo produttori e ristoratori attraverso il rosato. Per premiare gli sforzi fatti in questi anni si è voluto selezionare i migliori tra tutti i rosati di Puglia.
È Carlo a raccontare l’esperienza della selezione organizzata da lui al Vinitaly di Verona 2011 con il coinvolgimento di sedici giornalisti nazionali e internazionali attraverso assaggi alla cieca e premiazione dei migliori venti come somma dei punteggi ottenuti da tutti i giurati.
Pasquale, che è figlio di questa terra, racconta un po’ la storia del rosato in Puglia, partito con enormi problemi nelle uve e in cantina e arrivato pian piano, con grossi progressi negli ultimi anni, a livelli di eccellenza e oggi anche di gran moda almeno in Italia.
Il collega inglese che scrive su Decanter, Richard Baudains, nota che al di là delle Alpi, Provenza a parte, non è così alto l’interesse per il vino rosato, considerato piuttosto un’anomalia, non essendo né bianco né rosso. I rosati sono poco conosciuti e quindi poco apprezzati dal consumatore finale.
In compenso un altro collega piemontese ricorda che i rosati sono facili da bere ma non facili da fare e quelli di Puglia sono senz’altro i migliori d’Italia.
Qualcuno chiede qual è la temperatura ottimale per berlo, dai 10 ai 13 gradi circa, e con quali cibi si accompagna meglio. Qui la risposta è più facile perché il rosato va benissimo a tutto pasto, sia con gli antipasti e i primi, sia con il pesce anche ben cucinato, con torte salate di verdure e formaggi e non sfigura neppure con piatti di carne non troppo elaborati.
Pasquale ricorda che da giovane diceva “va bene con tutto, è un po’ democristiano”.
A qualche altro interessano i vitigni e qui Carlo ricorda che qualsiasi vitigno a bacca rossa può andar bene per fare un rosato, ma i migliori, quelli di Puglia, sono fatti con Negroamaro, Malvasia nera e Bombino nero.
Dopo la chiacchierata un giro tra i banchi della fiera ad assaggiare minestre, fritti di carne, pesci crudi, formaggi fantastici come la ricotta e le mozzarelle, polpette di verdure, deliziose, pizze e focacce salate, torte dolci, torte alla crema, biscotti alle mandorle, morbidi e saporiti, frutta fresca e tutti i venti rosati vincitori a bagnare i bocconi assaggiati.
Infine un ottimo caffè e poi il ritorno al Relais per la prima notte in Puglia.
Lunedì 25 luglio 2011
Ostuni – la città bianca
Si fa colazione attorno a un grande ripiano di legno sorretto da due vecchie botti dipinte di bianco. Sul tavolone tutti gli ingredienti per una colazione completa: affettati, formaggi, frutta, yoghurt, marmellate fresche, biologiche e tradizionali, spremute, brioches, pane. Per le bevande ti rivolgi al cameriere che provvede a prepararti dal bar a fianco quello che più ti piace.
Finita la colazione si va nel giardino davanti all’ingresso per salire sul bus che ci porta alla visita della città bianca, Ostuni, nome messapico che significa città nuova. Andrea è al volante del bus e Angela, da Putignano, sarà la nostra guida. Siamo stati fortunati ad avere questa bella ragazza mora dai lunghi capelli lisci, che ricadono fino a mezza spalla su una maglietta bianca attillata che ben accompagna i pantaloni neri che le stringono i fianchi.
Le previsioni ceffate del giorno prima ci fanno godere questa bella giornata di sole che fa risaltare le case linde della città quando ci arriviamo e la vediamo splendente su questa prima collina meridionale delle Murge, dal latino murex, roccia, detta anche la pietra del Salento. I primi abitanti Messapi sono stati sostituiti via via nel tempo da Greci, Romani, Ostrogoti, Longobardi, Normanni che nel decimo secolo vi costruirono un castello, Svevi, Angioini, Aragonesi che ne fecero un centro economicamente importante e florido. Dal 1650 al primo 1800 Ostuni conobbe il periodo più buio della sua storia, con il duca spagnolo Bartolomeo Zevallos e i suoi seguaci e successori che tiranneggiarono gli abitanti e impoverirono il territorio sfruttandone tutte le risorse.
Già prima di entrare nelle viuzze strette e per le salite che ti portano fino alla cima dove sta la cattedrale, ti accorgi che è un po’ arabeggiante, una sorta di casbah. Le case del popolo sono tutte bianche, quelle dei nobili e del clero hanno il colore bruno della pietra nuda, sono più decorate e si esalta lo stile romanico gotico che trasuda dalle facciate, nelle bifore, nei portali, nei rosoni della cattedrale con i dodici apostoli, il Cristo Redentore e nei bassorilievi e altorilievi con la Madonna, il bambino, gli angeli e le figure oranti che le stanno attorno.
È un piacere salire a piedi lungo le stradine, sentire parlare il dialetto pugliese, vedere una donna che sta ridipingendo di bianco il muro esterno forse appena imbrattato da un monello di passaggio.
Scorci di panorama dai muretti laterali, lungo e sotto le mura antiche della città, ti fanno ammirare la piana coltivata che sta nei sei chilometri che separano Ostuni dall’azzurro dell’Adriatico, che sembra a un tiro di sasso. Ti pare di vedere quasi l’andare e il tornare della risacca nella sottile linea bianca tra la campagna e la distesa d’acqua.
Al centro della piazza davanti al Comune, su una colonna barocca settecentesca, la statua di Sant’Oronzo, protettore della città, opera dell’ostunese Giuseppe Greco. Il santo ha la mano destra alzata semiaperta, in atto benedicente, ma qualcuno insinua che sta ordinando due caffè al bar che sta proprio lì di fronte e siccome aspetta da trecento anni ha l’espressione del viso sempre più triste. Il giorno migliore per godere della festa dedicata al protettore è il 26 agosto quando si svolge la Cavalcata di Sant’Oronzo, con cavalieri vestiti di casacche rosse e pantaloni bianchi, come i Figli della libertà dell’esercito meridionale, di ottocentesca memoria, tra il garibaldino e l’arabeggiante.
Nei ridiscendere al parcheggio mi fermo in un negozietto dell’Enoteca Vini di Puglia De Laurentiis ad assaggiare l’extravergine e il DOP Brindisi che trovo di buona qualità, con un eccellente rapporto qualità prezzo per il secondo.
Torniamo alla base per il pranzo quando scocca mezzogiorno in Piazza Libertà.
Pranzo light al Relais la Fontanina
Pranziamo sullo stesso ripiano di legno due per cinque nell’atrio del Relais. Un buffet ricco ci aspetta.
Graziano il cuoco ha superato sé stesso nella crema di fave servita nella tazza a nord est della postazione. Una crema di fave (75%) e patate di Polignano che è da urlo, sia per la cremosità e pastositàin bocca, sia per l’eccellente olio crudo che appena la ricopre. Dal buffet di salumi, formaggi, verdure cotte e crude di tutti i tipi, mi servo un mix di verdure cotte, due fette di bresaola e una di prosciutto crudo e una cucchiaiata di minestra d’orzo, condisco con un saporito olio di coratina che sta divinamente sulle zucchine e sui finocchi bolliti e sbocconcello il pane alle olive e quello al sesamo ancora tiepidi che stanno nel cesto a bordo del tavolo.
Accompagno con un bianco IGT Locorotondo, pieno, armonico, fresco per la giusta acidità.
Faccio un secondo giro per i formaggi con il caciocavallo, il formaggio fresco senza sale, la caciotta di media stagionatura e la favolosa burrata su un letto di insalatina.
In attesa della frutta che stanno preparando in cucina con albicocche (anonime) ananas, melone bianco, melone verde e anguria già pulita (dolcissima) Carlo decide di mettere fine al vassoio di “Luisone” travestite da mela rosso scuro di Biancaneve che sta proprio davanti a lui, invitantissimo ma di ampia delusione.
Chiudiamo con un buon caffè dal bar.
Poi tutti in piscina fino alle sei, per la verifica dei rosati selezionati ad Aprile al Vinitaly di Verona dalla commissione internazionale presieduta da Carlo Macchi.
Foto Credit: Gabriella Repetto
Sono nato in una torre malatestiana del 1350 sulle primissime colline del Montefeltro romagnolo, massi rotolati fino all'Adriatico...
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