È una di quelle opportunità che raramente ti càpitano nella vita. C’è nelle Marche un piccolo paese, che pochissimi conoscono. Genga è il suo nome e “génga”, con la e aperta, chiamano a San Marino un grosso masso di pietra. È un paese circondato da grossi massi di pietra, alcuni anche con aspre pareti di sesto grado e di sesto grado superiore, che se guardi in su ti sembra di essere in qualche vallata dell’Alto Adige, con tante piccole chiesine medievali sparse qua e là per la valle e con una bella basilica romanica all’imbocco della valle. A Genga c’è l’ingresso per le Grotte di Frasassi, una serie di cavità naturali di decine di chilometri con la maestosa Grotta grande del Vento che fa da anticamera.
Una bella mente di questa regione ha avuto l’intuizione di depositare in queste grotte naturali qualche centinaio di bottiglie di Verdicchio ad affinare per almeno tre anni e ha scelto il giorno di San Giovanni per riportare alla luce alcune di queste bottiglie e proporle in degustazione a una commissione ristretta di cinque tra giornalisti enogastronomici esperti ed enologi per verificare le caratteristiche del vino affinato.
Beh, quando ti capita di far parte di questa giuria ti senti davvero fortunato.
E ti viene la voglia di condividere queste emozioni e questa esperienza con chi ti legge affinché possa anche lui o lei ripetere l’esperienza dell’assaggio del Verdicchio Fresco di Grotta affinato a Frasassi.
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Ma non di solo vino si parla qui, perché vedi e condividi un territorio e i suoi protagonisti. Il Palio del Maglio di Fabriano a San Giovanni, con l’infiorata e il museo della carta e della filigrana e la cena all’Osteria del Palio. Poi fai un salto alle grotte e assaggi, se ce la fai, tutti i prodotti dell’arcipelago dei sapori della provincia di Ancona.
Se ti resta tempo (la voglia ti viene strada facendo, come quando mangi le ciliegie, che una tira l’altra) vai all’enoteca regionale di Jesi a bere le nicchie marchigiane, così rare e così coinvolgenti in piacevolezza come Passerina, Ribona, Bianchello del Metauro, l’Aleatico di Pergola o la Vernaccia e, perché no, anche un buon vino di visciole, prima della cena a Moie di Maiolati Spontini all'Osteria delle Delizie. Al ritorno in albergo festeggi con Chiara e David il loro primo giorno di nozze. hai fatto le ore piccole ma il giorno dopo ti alzi ancora presto perchè non puoi fare a meno di andare a Morro d’Alba per una passeggiata sotto il porticato del palazzo storico e un immancabile assaggio del Lacrima di Mario e Paolo Lucchetti e il suo profumo di rose e godere della vista di rocche, castelli, pievi romaniche, torri fino a Corinaldo a vedere il pozzo della polenta e il cannone di fico, e finire magari con una cena di pesce in riva al mare dopo avere visitato la rotonda di Senigallia ricordando con la tua Lei (o il tuo Lui) la Rotonda sul Mare del vecchio zio Fred.
Venerdì 24 Giugno
Arrivo a Genga
Partiamo da Chiavari con il proposito di evitare le grandi vie di traffico e prendiamo la strada di Pisa e poi verso Firenze sulla FiPiLi con deviazione dalle parti di Scandicci per l’autostrada per Siena, poi ancora direzione Bettolle, Perugia e Ancona fino a Genga.
Si passa davanti all’entrata delle Grotte e dopo due chilometri finalmente siamo sul prato dell’Hotel Le Grotte che ci ospiterà per i tre giorni del tour. Il Direttore Luciano Bardella e Stefania, una delle sue collaboratrici, ci danno il benvenuto. Una prima sistemazione nella camera ampia a piano terra e poi saliamo sul bus che ci aspetta per portarci a Fabriano.
Palio del Maglio a Fabriano
Nella sala refettorio del Museo della Carta e della Filigrana, già ex convento di San Domenico, sotto l’ampio affresco che copre tutta la parete di fondo, ci accoglie Giancarlo Sagramola, assessore all’agricoltura e vice Presidente della Provincia di Ancona. Alberto Monachesi, in sostituzione di Angelo Serri, oggi indisposto, introduce l’incontro. Giancarlo è in un certo senso, il papà del Fresco di Grotta. È una manifestazione pensata per far parlare di vino, ma anche di territorio, dunque che cosa c’è di meglio che abbinare al Verdicchio marchigiano queste uniche Grotte che il tempo e l’acqua hanno forgiato nei millenni precedenti a pochi chilometri da questa città.
Parlare di territorio significa parlare di prodotti, di lavoro nei campi, di reddito per tutta la filiera, ma in primis per gli agricoltori.
Negli ultimi due anni sono stati espiantati quasi duemila ettari di vigneto. Ormai sono pochi gli agricoltori rimasti e dunque è importante cercare di sostenere, con iniziative di marketing significative, l’agricoltura e chi vi si dedica.
A proposito di vino, Giancarlo ricorda la figura di Francesco Scacchi, medico di Fabriano, che nel 1622, almeno 50 anni prima di Dom Perignon, nel suo trattato “De Salubri Potu Dissertatio”, descrive come si producono e quali benefici terapeutici abbiano i vini rifermentati in bottiglia, antesignani dei moderni spumanti.
Fabriano è sempre stata una città a forte valenza industriale, con magli, cartiere, fabbriche di cappelli da prete, metallurgia, elettrodomestici. Oggi è il giorno della festa del Palio del Maglio (non è uno scioglilingua), una festa che coinvolge tutta la città e i dintorni, con il ricordo del fabbro, simbolo della città e rievoca il suo lavoro attraverso la simulazione della forgiatura di una chiave fatta al momento sulla forgia a carbone. La chiave aprirà una serratura e il fabbro che sarà stato più abile potrà far salire per primo il palio della propria contrada che sarà per quest’anno la vincitrice.
Intanto ci spostiamo all’interno del museo per una visita alle stanze antiche e una dimostrazione pratica di come si fabbricava la carta nel medioevo. Ogni anno sono circa quarantamila i visitatori (in media tra i cento e i duecento al giorno).
Dopo la visita del Museo torniamo sulla strada per una visita a una infiorata, un ampio stendardo fatto solo di petali di fiori, steso come tappeto all’interno della Chiesa sulla stessa strada del Museo.
Si sta avvicinando l’ora della cena e ci spostiamo nel chiostro dove è stata allestita un’Osteria con inservienti in costume medioevale che hanno preparato una cena, anch’essa medioevale, con la squisita zuppa nel pane, un ricco minestrone di verdure servito all’interno di una pagnotta in cui la calotta superiore fa da coperchio, come se fosse un tegame fatto di crosta di pane. Una delizia.
Insieme alla zuppa altre squisitezze del territorio, con salumi, formaggi, carne alla griglia e tante altre prelibatezze.
Ormai il sole è tramontato quando ci spostiamo di nuovo per raggiungere il palazzo del Comune per assistere dal balcone al primo piano, al palio del maglio che ha il punto di partenza e di arrivo nella piazza sotto il Comune, sul palco dove gruppi di ragazzi che rappresentano i quattro rioni della città, si sfidano prima nella corsa e poi nell’accensione dei fuochi dove si dovrà forgiare la sbarra di metallo che dovrà sbloccare la serratura che farà alzare il gonfalone del rione che sarà stato il più veloce nelle varie operazioni della festa.
E qui assisti al dramma umano del povero ragazzo il cui borgo la tradizione degli ultimi cinque anni vede primeggiare e stasera, nonostante la sua staffetta sia stata la più veloce ne consegnargli la barra di ferro, non riesce a forgiare in tutta la lunghezza necessaria la sua barra metallica e allora vedi che quando la punta ormai si è rotta, irreparabilmente lo prende lo sconforto. Ritorna verso la forgia ma ormai il tempo passa inesorabilmente e gli altri tre rioni hanno già portato a termine la loro impresa. E lui è impotente, ormai non può fare altro che dare le ultime martellate potenti e finalmente infilare la sbarra nella fessura e fare scattare la molla che fa salire per ultimo il suo stendardo e le lacrime coprono abbondanti le sue guance e lo senti quasi singhiozzare per la delusione che gli tormenta il cuore e l’anima. I compagni cercano di consolarlo ma la sua impresa di stasera lo ha svuotato di ogni interesse e di ogni compartecipazione.
Evviva il Palio, evviva i quattro gonfaloni.
Sabato 25 Giugno
Il Verdicchio supera l’Abisso
Alle dieci e otto minuti di sabato 25 giugno due speleologi, Graziano e Vittorio, recuperano all’imbocco dell’Abisso Ancona, nel fresco della Grotta grande del Vento, le bottiglie per la degustazione da parte della giuria selezionata da Alberto Mazzoni e da Giancarlo Sagramola, padri di questa bella iniziativa. Sono circa mille giorni che le bottiglie si stanno affinando. Paolo Notari cura il servizio per le televisioni che stanno riprendendo l’evento, presenta le autorità del Comune e della Provincia e assiste al recupero dei campioni. Sono sempre venti, per il momento, i posti assegnati alla cantine che dall’inizio hanno creduto a questa iniziativa.
Per la degustazione la giuria si sposta nella sala del Ristorante La Scaletta, vicino alla vecchia Badia di San Vittore.
Sono dieci i campioni da degustare e cinque i giurati.
Tre campioni sono del 2007, i più giovani, cinque del 2006, uno del 2005 e uno del 2001.
Superfluo dire che tutti sono risultati a un livello minimo di eccellenza.
Per quanto mi riguarda ho assegnato il punteggio minimo di 87 e il punteggio massimo di 93.
Il campione più completo è risultato il numero dieci, a cui ho attribuito 93 punti per la sua estrema piacevolezza al naso, con sentori minerali e floreali complessi, persistenti e di gran pulizia e per la freschezza dimostrata in bocca, l’armonia tra acidità, corpo e persistenza e per l’assoluta maturità dei sentori fruttati con piacevoli note balsamiche e di macchia mediterranea in retrogusto.
Al secondo posto, a pari merito con 92 punti, i campioni numero otto (in magnum), numero due e numero nove. Tutti vini estremamente fini e armonici, con note di crosta di pane, di mineralità e di lunga persistenza. Vini pieni, complessi ma anche estremamente freschi.
Al terzo posto tutti gli altri sei campioni, con punteggi da 91 a 87.
L’esperimento conferma ancora una volta, se ce ne fosse stato bisogno, che il Verdicchio, tanto nella versione Castelli di Jesi, quanto nella versione Matelica, è un grande vino bianco, che nulla ha da invidiare ai grandi bianchi francesi e che è capace di trasferire nel bicchiere di chi lo beve tutti gli aromi e i profumi della terra marchigiana, dei suoi suoli argillosi e sassosi, dei boschetti e delle rocce marine che qui discesero dall’ultima glaciazione.
Ci spostiamo nei locali vicini alla antica abbazia di San Vittore per una sintesi della degustazione.
Al tavolo delle autorità, insieme al Sindaco di Genga Giuseppe Medardoni, ci sono Sagramola e Mazzoni, ideatore e organizzatore della manifestazione, Evasio Sebastianelli, in rappresentanza della Camera di Commercio di Ancona e Marco Filipponi, Direttore del Consorzio Frasassi.
Da Fresco di Grotta si vuole spingere il visitatore a muoversi sul territorio, si vuole invogliare il turista cher viene a visitare le Marche a spostarsi da un paese all’altro per recarsi di persona nelle cantine, per assaggiare i vini e le cose buone che qui si producono, dando anche un’occhiata interessata ai capolavori artistici, culturali, storici e architettonici che arricchiscono ogni angolo di questa bellissima regione. Dare spazio alle eccellenze del territorio marchigiano come il Verdicchio e le Grotte di Frasassi è un modo intelligente per combattere la globalizzazione e per valorizzare ogni piccolo comune dove migliaia di persone vivono e lavorano per produrre vino, olio, salumi, formaggi e tante altre prelibatezze.
In conclusione possiamo dunque dire che il Verdicchio ha superato la prova dell’Abisso.
L’arcipelago dei sapori della provincia di Ancona
Il buffet a pranzo è allestito nella sala ristorante dell’hotel Le Grotte. Cinque tavoloni accostati alle pareti a vetri mettono in mostra i sapori più autentici della Provincia di Ancona: i salumi del Salumificio di Genga e quelli dei Produttori Alta Valle dell’Esino, i formaggi di latte vaccino ma anche caprino e di bufala, eccellenti le mozzarelle, del Caseificio Pian del Medico dell’Azienda Agraria Trionfi Honorati, la zuppa di cicerchia e la polenta di Marino Montalbini con il mais ottofile, qui si chiama granturco, condita con un ottimo sugo di soli funghi o di funghi e salsiccia. E ancora l’agnello dell’Azienda Agricola Farneti Luigi, cotto fritto oppure in tegame alle erbe, in umido, con un contorno di verdure grigliate, zucchine, gratinate, pomodori, peperoni e melanzane, oppure con erbette di campo passate in padella e condite con l’olio DOP marchigiano. Infine i dolci di Giovanni Mattiacci, con i calcioni (da cacioni, fatti col formaggio) e le ciambelle all’anice. Dulcis in fundo il lonzino di fichi della Cooperativa La Bona Usanza, eccellente specialità tipicamente marchigiana, buonissimo da solo o con del buon formaggio stagionato.
Da bere i vini del fresco di grotta, con l’aggiunta delle bollicine di Garofoli e, col coniglio, di qualche rosso come il Piceno di Garofoli o lo strepitoso Lacrima di Lucchetti, dal delizioso profumo speziato con piacevoli note di rosa.
Siamo un centinaio nella grande sala, attorno e tavole rotonde o a due tavolate allungate, con giornalisti, autorità, produttori, a scambiarci opinioni o ad esprimere giudizi sui vini mentre Giovanni intrattiene il suo tavolo con aneddoti sulla storia della gastronomia, con racconti più o meno antichi sulla nascita delle posate e sulla tipicità di certe ricette.
Alla fine del pranzo c’è l’opportunità di provare la “ile” dell’Hotel con la spa e la zona massaggi. La piccola piscina con idromassaggi vari per i piedi, i fianchi, il dorso, la spalle. Poi la sauna e il bagno turco, i getti d’acqua caldi e freddi per i piedi sulle pietre di fiume, le docce polverizzate calde a luce rossa e fredde a luce azzurra. E infine i lettini rilassanti con le tisane a scelta, calde o fredde. Da passarci una mezz’ora ma anche una mezza giornata, a seconda delle proprie inclinazioni, per trasferirsi poi all’esterno, al sole, ai bordi della piscina con un salto di pietre e cascata dall’alto e il prato verde attorno con pini, ulivi, faggi e piccoli boschetti. Una pausa dai lavori che ti rimette in sesto e ti fa sentire un piccolo re.
Sono nato in una torre malatestiana del 1350 sulle primissime colline del Montefeltro romagnolo, massi rotolati fino all'Adriatico...
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