Registrati!

hai dimenticato la password?

Inserisci il tuo indirizzo e-mail e premi invia.

ricerca avanzata

cerca in
Pubblicità
Home > Autori > Travel > Viaggi enogastronomici

Viaggi enogastronomici

Rosati di Puglia: i venti rosati, Anna Ancona e Copertino (Seconda Parte)

di Luigi Bellucci

MappaArticolo georeferenziato

In perfetto orario come scolaretti ligi alle sei siamo nella sala in fondo al Relais ad assaggiare i venti rosati serviti a tre per volta e resi anonimi nel rivestimento in carta stagnola. L’assaggio e il riassaggio, per i colleghi che hanno partecipato alla prima selezione di Verona, servono a soddisfare una certa curiosità e interesse e anche per una verifica del giudizio precedente.
Dei 20 campioni un paio non sono perfetti e si chiede la seconda bottiglia. Alla fine non si fa una sintesi dei giudizi personali, come era successo a Verona, ma solo una discussione sul rosato di Puglia, una discussione a ruota libera tra di noi per evidenziare che questo vino non ha problemi di mercato, per le quantità che il mercato richiede e che, come per magia, sono proprio quelle che i produttori mettono a disposizione.

Sembra che nessuno sia in grado di dire quale sia la produzione annua di rosato in Puglia. In maniera approssimativa si può valutare dai due ai quattro milioni di bottiglie, però è curioso che non esistano enti o strutture ufficiali, nemmeno un Consorzio di tutela, che conosca e possa rendere pubblici questi dati.

Vedi anche Rosati di Puglia: una kermesse strepitosa (Prima Parte)
Vedi anche Rosati di Puglia: Lecce, Cielo e Galatina (Terza Parte)
Vedi anche Rosati di Puglia: Astore, Palamà e Cavalieri (Quarta Parte)
Vedi anche Rosati di Puglia: Graziano e Francesco, poi Cellino San Marco (Quinta Parte)
Vedi anche Rosati di Puglia: Histò, Mater Domini poi a Sandonaci (Sesta Parte)
Vedi anche Rosati di Puglia: ancora Graziano, i rosati dei nordisti e Le Felline (Settima Parte)
Vedi anche Rosati di Puglia: Carovigno e Ceglie per grandi gourmet (Ottava Parte)
Vedi anche Rosati di Puglia: Conclusione e … viaggio con Pierferdi (Nona Parte)

Ciò detto emerge che il vino in sé abbia diversi spazi di miglioramento, ma che forse a nessuno interessi apparentemente perseguire questa strada, né attraverso una selezione in vigna dei grappoli di Negroamaro, Malvasia nera e Bombino destinati al rosato, né attraverso una maggiore cura della qualità. Il disciplinare consente una produzione di 120 – 140 quintali per ettaro, che indubbiamente sono eccessivi per una qualità ottimale e in questa direzione si potrebbero già avere notevoli miglioramenti.

Ancora troppi esemplari non brillano in pulizia al naso, si sente un po’ troppo la solforosa in altri, la gradevolezza in bocca è privilegio di non troppi esemplari. Ma quando il mercato tira e il prodotto si vende chi se ne frega se si può migliorare il prodotto. A noi va bene così, sembrano ragionare molti produttori.

È proprio in questi casi invece che bisognerebbe pensare ai momenti meno felici che potrebbero arrivare per mancanza di mercato negli anni a venire quando la moda del rosato andrà scemando oppure quando altri rosati saranno disponibili in un mercato mondiale sempre più piccolo per distanze e sempre più aggressivo per bassi prezzi.


Una prossima Disfida di Barletta. Perché no?

A questo riguardo sarebbe interessante realizzare un meeting di confronto tra rosati di Puglia e, che so, rosati di Provenza, confronto che potrebbe essere anche sorprendente in senso favorevole ai pugliesi perché anche in Provenza forse hanno qualche scheletro nell’armadio e dunque perché non scoprire tutte le carte e definire una giuria mista di una ventina di esperti e giornalisti enogastronomi che assaggino alla cieca i campioni mescolati tra loro. Una sorta di moderna Disfida di Barletta tra un numero da definire di campioni francesi (di Provenza o di tutta la Francia?) e campioni italiani (di Puglia o di tutta l’Italia?) su cui gli organizzatori di questo bel convegno potrebbero cimentarsi per il prossimo anno o per il successivo, per i 510 anni dell’antica Disfida. Magari con 255 rosati per parte. Credo che l’evento potrebbe avere un sorprendente effetto mediatico e chissà che la stessa Comunità Europea non possa contribuire con qualche significativa sovvenzione.

Per quanto mi riguarda, tornando all’assaggio, posso fornire una sintesi dei miei giudizi, che sono dunque personali e per questo valgono come giudizio di un singolo consumatore. Ho assegnato punteggi in centesimi da 75 (minimo) a 86 (massimo) cercando di valutare il colore, più o meno intenso e valutando al meglio quelli né troppo chiari, né troppo scuri. Al naso ho premiato quelli puliti, senza una eccessiva solforosa o senza sentori di feccino o ridotto o di malolattica evidente, premiando quelli con note fruttate più intense e piacevoli. In bocca ho apprezzato la freschezza, l’equilibrio e l’armonia.

A sette vini ho attribuito un punteggio di molto buono, tra 86 e 83 punti.
A otto vini ho attribuito un punteggio di buono, tra 82 e 79 punti.
Infine a cinque vini ho attribuito un punteggio di sufficiente, tra 78 e 75 punti.

Nella tabella che segue i sette vini valutati con punteggio Molto Buono:

Cantina                              Vino               Punti

Tormaresca                       Calafuria           86
Rivera                                 Pungirosa         85
Cantina Due Palme           Rosalita            84
Polvanera                   Polvanera Rosato     84
Azienda Monaci                 Girofle               83
Mottura                              Le Pitre            83
Paolo Leo                            Fuxia                83

Mentre assaggiamo scoppia un temporale sul Salento e se ne avvantaggia la temperatura dell’aria, di un fresco quasi autunnale. Si sono fatte le otto passate e ci dobbiamo preparare per la cena a Martina Franca da Anna, al Ritrovo degli Amici.


Al ritrovo degli amici

Al centro di Martina Franca questo locale aperto in un bel palazzo dell’ottocento ti cala in un’atmosfera molto romantica, specie se ci arrivi in una sera fresca, con l’aria ancora umida di pioggia ed entri in un cortiletto tra piante e vasi di fiori, una panca di pietra dove due giovani stanno amoreggiando in modo discreto e poi ti trovi in una sala doppia su due livelli, con le tavole eleganti già apparecchiate e qualche cliente già seduto. Anna ci ha distribuito su tre tavoli nella sala inferiore. Di sopra un gruppo di amici è a metà cena e i loro discorsi giungono perfettamente alle nostre orecchie mentre prendiamo posto, per la perfetta acustica del locale, grazie alle volte a tutto sesto di cui è dotato.

Ci serve un Rosato della Cantina Carpentiere con uno squisito capocollo di Martina Franca che subisce un trattamento particolare con salatura e dopo una decina di giorni viene messo a bagno nel vino cotto per circa dodici ore e poi insaccato nel budello di maiale e legato per una settimana in un panno stretto. Infine si slega, si stagiona per due giorni in un trullo, prima dell’affumicatura con corteccia di fragno e timo (il fragno è un tipo di quercia che cresce solo nel bosco Pianelle di Martina Franca) e infine si fa stagionare per tre – sei mesi al fresco di un trullo.
Ottime anche la mozzarellina, la ricottina e la mozzarella con ricotta.

A seguire un tortino di zucchine e pomodoro fresco e poi fagiolini, cicoria, cornatelli (peperoni) e l’immancabile squisita crema di fave. Peccato che l’olio in tavola sia in scadenza e con evidente riscaldo al naso.

Ci si riprende con gli “strascinaeti” con cavolfiore, capocollo e pecorino, da favola.
Proviamo due rossi per il piatto successivo. Il Selva Rossa Salice Salentino DOC 2007 di 14 gradi Rosso Riserva della Cantina Due Palme, da Negroamaro e Malvasia nera, poi il Primitivo di Manduria DOC 2007 dei Poderi Angelini, di 15,5 gradi.
Ci sta benissimo, con le costine di agnello e patate al forno.

Segue un bocconotto alla ricotta e infine un eccezionale tortino al cioccolato con il cuore all’arancio. La delicatezza dell’ultimo piatto mi accompagna piacevolmente per il viaggio di ritorno verso la Fontanina.


Martedì 26 luglio 2011


Da Stefano e Severino Garofano.

Dopo la solita colazione con proteine, carboidrati e zuccheri al caldo del Relais La Fontanina, alle otto e trenta siamo già sul bus per Copertino, per la visita all’Azienda Monaci dei Garofano. Severino, il padre, è stato ed è ancora forse il miglior enologo di Puglia e si può considerare il padre del Negroamaro e degli altri grandi vitigni pugliesi.

Oggi si parte alle otto perché ci aspettano circa cento chilometri di strada. Oleandri bianchi, rosa, rossi sull’antica Via Appia, qualche salice e boschi di ulivi ultracentenari a perdita d’occhio fino a Mesagne, da Meso, posta al centro del Salento, sulla strada tra Brindisi e Taranto. Chilometri di canneti spuntano alti dai fossi lungo la E90. A Brindisi si passa dalla SS7 alla SS16 verso Lecce e poi sulla SS613 fino all’uscita per Gallipoli lasciandosi a sinistra le guglie del Duomo di Lecce, dal greco Kalè Polis, bella città. Si prosegue sulla SS101 fino all’uscita per Galatina e Copertino, che sfocia praticamente in mezzo a un enorme vigneto nuovo a Guyot. Lungo la SP18, al chilometro 3, ecco l’azienda Monaci.

Stefano Garofano, il figlio di Severino, ci aspetta sull’aia della masseria, ampia e in fase di recupero in alcune parti. L’azienda è a conduzione familiare dal 1995, quando la famiglia la acquisì.

Si parla del leggero anticipo di questa annata. Loro raccoglieranno il Negroamaro verso metà settembre. Dei 180 ettari complessivi originari, ne rimangono oggi una trentina, di cui 16 vitati e il resto in fase di reimpianto. Altri venti ettari sono gestiti in affitto. I vini prodotti sono rosati e rossi della DOC Copertino oppure IGT Salento da uve Negroamaro.

Stefano racconta le origini irpine di papà Severino, che arrivò qui molti anni fa e non se n’è più andato. Severino ha tentato qualche esperimento con Aglianico, ma per il momento non si parla ancora di farlo arrivare sul mercato. Stefano ci accompagna nella visita alla cantina e poi nel vigneto.

Molte sono le vasche in cemento, le cosiddette fermentine, dove le uve raccolte sono messe a fermentare nella prima fase della nascita del vino. Le vasche sono state costruite nel 1945 e tuttora sono efficienti e funzionanti. Ci sono anche una ventina di vasche interrate, riconoscibili dalle botole in acciaio che stanno sul pavimento a mo’ di chiusura, che sono controllate termicamente e servono per la conservazione e l’affinamento.

I vini bianchi si fanno fermentare in acciaio a 16 gradi. Per i rossi si prevede un contatto con le bucce per un periodo che va dai 6 agli 11 giorni.
I rosati hanno ancora una lavorazione ancora diversa. Si lasciano a contatto con le bucce per il tempo necessario alla risalita del cappello, in genere 20 – 24 ore e poi si svina e si trasferisce in vasche di fermentazione sui 18 – 20 gradi, che è la stessa temperatura che ha l’uva vendemmiata di prima mattina. Di rosato si producono circa 30.000 bottiglie, che sono assorbite per l’80% dal mercato interno e per il restante 20% vanno all’estero. Per il momento non si fa vendita diretta.
La produzione complessiva è di circa un quarto di milione di bottiglie con molto Copertino DOC.

Ci spostiamo nel campo di fronte alla masseria a vedere le vigne di Negroamaro con cordone speronato a braccio incrociato, che è ottimale per un perfetto equilibrio tra maturazione delle uve e alimentazione linfatica della pianta. Lì vicino c’è una vigna di circa un ettaro di Sangiovese, che viene vinificato a parte e che proviene da cloni cresciuti a Rauscedo.

In vigna non si fa inerbimento per mantenere uniforme l’umidità del terreno e per dare meno acqua. Del resto la terra di Puglia è ricca di acque sotterranee, come testimoniano i numerosi canneti presenti nel territorio.

Ritorniamo in masseria per la degustazione nella sala attrezzata al piano superiore. Ci aspettano una piccola verticale di rosato Girofle e tre campioni degli altri vini dell’azienda.


La verticale di Girofle.

Tre le annate in assaggio: il 2010 di 12,5 gradi, da bottiglia tradizionale e poi 2009 e 2007 da magnum, entrambi di 13 gradi. Trovo eccellente il 2010 per pulizia e freschezza, così così il 2009 mentre è interessante il 2007 per evoluzione olfattiva verso la crosta di pane e ancora buona freschezza in bocca.

Gli altri vini
.

Primo Vino
: Copertino DOC rosso Eloquenzia 2007, di 13 gradi dal lotto LE073.11. Il vino non ha fatto legno. Ha un bel colore rosso rubino luminoso. Al naso lo senti pieno, ricco e complesso. In bocca è armonico, persistente e lungo, con un piacevole retrogusto di ciliegia.

Secondo Vino
: Simpotica Salento IGT 2006, di 13,5 gradi dal lotto L330.10. Simpotica fa barrique di secondo e terzo passaggio. Il colore è ancora rosso rubino con un leggero mattone sull’unghia. Al naso è pulito, di un bel fruttato delicato e persistente. In bocca è prevalentemente tannico, con note fruttate e leggermente speziate di buona persistenza.

Terzo Vino
: Le Braci, vendemmia tardiva 2003, di 14,5 gradi dal lotto LB108. Il vino fa barrique di primo passaggio. Ha un colore tra il rosso rubino e l’amaranto. Al naso avverti un sentore di prugne sotto spirito che si converte in note complesse di fiori e frutti rossi maturi, ampio e persistente. In bocca è sorprendente per la freschezza dovuta all’acidità ancora ben salda nella struttura e poi per l’armonia e l’eleganza, che ben si sposano con la presenza lievemente tannica che riscontri nel retrogusto finale.

Mi piace l’iscrizione trovata su una coppa per il consumo del vino antica di duemila anni e oltre: “Sii contento e bevi bene”.

Poco prima di mezzogiorno lasciamo Stefano e la sua bella masseria per spostarci alla successiva azienda da visitare oggi.


Cupertinum

È una cantina sociale nata nel 1935 e conta circa 350 soci conferitori. Ci accoglie il Presidente Mario Petito, l’enologo è Pizzolante Leuzzi. La cantina produce circa un milione di bottiglie, di cui, su esplicita richiesta, solo 35.000 di rosato.
Cupertinum nasce nel 1935 con 36 soci conferitori. Oggi sono diventati 350 per una superficie vitata di 400 ettari, di cui molti ad alberello.

Il Negroamaro è il vitigno principale, un po’ il simbolo del Salento, seguito da Malvasia nera, Primitivo e Malvasia bianca leccese. Non mancano varietà non autoctone ma ormai acclimatate in queste terre come il Montepulciano o le internazionali Merlot, Syrah e Chardonnay.

La qualità dei loro vini è attestata dai premi ottenuti negli ultimi anni per il Copertino DOC Rosso Riserva 2004 (a base di Negroamaro) il Copertino DOC 2007, il Negroamaro Salento IGT 2007, lo Spinello dei Falconi Rosato Salento IGT 2009.
Assaggiamo cinque vini accompagnati da alcuni campioni di formaggio dell’azienda Fratelli Resta, che sono anche con feritori di uve per la Cantina.

Primo vino
: Chardonnay Cigliano 2010. Uve Chardonnay e Malvasia bianca leccese.

Secondo vino
: Spinello dei Falconi 2010, rosato da Negroamaro.

Terzo vino
: Copertino DOC 2007 rosso base, da Negroamaro (70%) e Malvasia nera (30%).

Quarto vino
: Copertino DOC 2004 rosso riserva, dal sapore pieno e persistente.

Quinto vino
: Copertino DOC 2004 rosso riserva 75, per ricordare i 75 anni della cooperativa, dal tono elegante e armonico.
Il tempo al solito è tiranno e dobbiamo scappare per il pranzo e la visita di Lecce.


Foto Credit: Gabriella Repetto

Letto 9195 voltePermalink[0] commenti

0 Commenti

Inserisci commento

Per inserire commenti è necessario essere registrati ed aver eseguito il login.

Se non sei ancora registrato, clicca qui.
PUBBLICITÀ

Luigi Bellucci

Luigi Bellucci


 e-mail

Sono nato in una torre malatestiana del 1350 sulle primissime colline del Montefeltro romagnolo, massi rotolati fino all'Adriatico...

Leggi tutto...

Archivio Risorse Interagisci

 feed rss area travel

PUBBLICITÀ

Ultimi Commenti