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Viaggi enogastronomici

Vicenza Apre le Distillerie - Spiriti Buoni e Altre Delizie (Seconda Parte)

di Luigi Bellucci

MappaArticolo georeferenziato

La seduta “spiritica” e lo “Spirito di Giobatta”

Al suono dei Carmina Burana di Carl Orff e accompagnati da un “finto” servo zoppo, accediamo al Sancta Sanctorum per la prova degli Spiriti.

Rossella ci aspetta nella sala che sembra l’antro dell’Inferno dantesco, senza i dannati, per il momento. Dopo un minuto, il tempo di prendere posto davanti alle postazioni già pronte con sei bicchierini già riempiti con sei qualità diverse di distillati, entra in sala il medium bardato nel suo mantello nero che ci fa accomodare e cerca di evocare con noi lo spirito di Giobatta. Uniamo la mani attorno al tavolo ed ecco la voce del capostipite Poli, cupa e lenta e profonda, con tono seccato ci invita a compiere il nostro compito. Dobbiamo attribuire ad ogni bicchiere la sua etichetta, un segna-posto con la dicitura grappa giovane, grappa invecchiata, grappa aromatizzata, distillato di vino, distillato di uva, distillato di frutta. Il giochino simpatico non è poi così facile perché la fioca luce della candele rosse non consente neppure di distinguere la trasparenza dei distillati e della grappa giovane dall’ambrato delle grappe invecchiate. Il risultato è che nessuno individua la sequenza corretta, ma al massimo quattro su sei, dunque siamo “dannati” da Giobatta a vagare ancora per le sale della distilleria in cerca della giusta ispirazione.

Vedi anche Vicenza Apre le Distillerie – La qualità artigiana (Prima Parte)

Vedi anche Vicenza Apre le Distillerie – Da Villaga a Barbarano al Palazzone (Terza Parte)


Usciamo per tornare al piano superiore per una foto sulla Ducati bianca che sarà abbinata alla cerimonia di inaugurazione di Airone rosso, il nuovo aperitivo che andiamo poi ad assaggiare nel bar annesso alla sala vendite della distilleria, abbinato a noccioline e patate croccanti per un gusto lievemente amarognolo, delizioso e molto ben equilibrato, piacevolissimo.

Schiavo

Risaliamo sul piccolo bus che ci trasporta più vicino a Vicenza, da Schiavo, dove arriviamo alle diciassette in punto. Per arrivare a Costa Bissara attraversiamo Sandrigo, capitale del baccalà, dove sono ancora a decorare le strade le bandiere norvegesi alternate a quelle italiane per la celebrazione della ennesima festa del baccalà che si è appena conclusa.

La distilleria ha ancora l’aspetto della casa padronale in cui risiede dal 1887, anno della fondazione.

Marco rappresenta la quinta generazione. Ha un aspetto nobile, sembra un Manfredi, nipote di Costanza imperatrice, ricordando il canto terzo del Purgatorio dantesco:

Io mi volsi ver' lui e guardail fiso:
biondo era e bello e di gentile aspetto

Marco ci accompagna a visitare l’azienda, momentaneamente ferma per un guasto a una parte dell’impianto. Passiamo tra tecnici al lavoro sulla parte da riparare per vedere le vinacce di Merlot che aspettano di essere caricate nelle caldaiette, a minuti. Altre vinacce sono distinte, c’è il Clinto, una vera rarità, e poi quelle bianche di Garganega e quelle di Cabernet. Marco tiene molto alla sua caratteristica di piccolo artigiano della grappa, ma pieno di idee e iniziative di tipo sperimentale, anche con le università, in particolare quella di Verona.

Nella distillazione è molto importante la tempistica. Anche qui tutti i recipienti sono di rame, un metallo che conserva in modo ottimale i profumi primari delle vinacce in distillazione, rispetto ai sistemi industriali a ciclo continuo in acciaio. Il metodo di distillazione è di tipo discontinuo a bassissima pressione, in modo da estrarre lentamente gli aromi dalle vinacce e trasferirli il più possibile nel cuore della grappa. Il ciclo di distillazione dura circa un’ora.

Tipicità, Territorio e Tradizione, sono le tre T che secondo Marco rappresentano il must aziendale, che si ritrova nel piccolo museo Schiavo, vicino alla distilleria, che è ancora quella di fine ‘800, della fondazione. Nel museo sono raccolti reperti di ogni epoca, a partire dal mondo romano, passando per l’alto medioevo, poi al medioevo vero e proprio, per arrivare all’illuminismo, al risorgimento e al novecento con documenti storici sulle proprietà, sulle lavorazioni, parte della famiglia e parte della tradizione e del territorio.

È nel museo che Marco ci fa assaggiare alcune sue peculiarità, prima tra tutte la grappa di Clinto, di cui ci racconta la storia Dopo che oidio, peronospora e fillossera avevano pressoché annientato la viticoltura europea a fine ‘800, si scoprì che l’uso di vitigni ibridi, che resistevano a quelle malattie della vite, permetteva di continuare a vinificare. Il Clinto, con l’uva fragola o uva Isabella, o Clinton fu una delle uve ibride più diffuse. Se ne ricavava un vino leggero, di pronta beva, dal gusto foxi, all’ìinglese, o framboisier, alla francese. Queste uve ibride, dopo la ricostituzione dei vigneti con uve tradizionali sono state messe al bando, nel senso che non se ne può fare del vino da commercializzare, ma solo per uso familiare, o tutt’al più si può proporre come bevanda a base di uva. Delle vinacce però ne è  consentito l’utilizzo per fare acquavite.  Il vicentino è un territorio dove è ancora forte e apprezzata la coltivazione dell’uva Clinto e Marco sa estrarre il meglio da quelle vinacce. L’Istituto Sperimentale di Viticoltura di Conegliano lo sta valutando dal punto di vista scientifico per approfondimenti al fine di rivalorizzarlo.

La grappa di Clinto distillata da Marco ha una piacevole nota torbata che la caratterizza, mescolata ad un sentore erbaceo fresco che ricorda il malleolo della noce. È una grappa fatta alla vecchia maniera, con un livello alcolico di 43 gradi. Poi ci propone il suo Anno Decimo, un liquore tipico del vicentino che i locali chiamano Prugna, estratto da succo di prugna e aromi alla mandorla, un’altra squisitezza, davvero particolare e deliziosa. Un liquore di 38 gradi, fine e piacevole per la nota mandorlata e di prugna, leggermente dolce amaro, ma per nulla stucchevole. Marco l’ha ripresa da una ricetta di nonno Guido. Si tratta di un infuso da erbe di origine veneziana e austro ungarica, che in parte ricorda lo slivovitz.. Si può bere liscia o con ghiaccio, si può usare in pasticceria per profumare all’amaretto i dolci o si può usare per correggere il caffè o il gelato. Infine se ne possono fare aperitivi, come un tonic (2/3 Prugna Anno Decimo, 1/3 acqua tonica, una fetta di limone) o un ginger ale (2/3 Prugna Anno Decimo, 1/3 ginger ale, una fetta d'arancia).

Dalle parole di Marco e dal brillare dei suoi occhi quando racconta quello che fa e quello in cui crede cogli la sua passione per la qualità che cerca di trasferire nei prodotti al fine di renderli non omologati e caratteristici del territorio e della tradizione, per dare loro quella marcia in più che chi va in cerca di cose buone vuole trovare.

L’Antica Casa della Malvasia

Dopo una breve sosta all’Hotel Viest dove passeremo la notte, si va in centro a Vicenza per un aperitivo alla terrazza panoramica aperta nel 2012 proprio sul tetto della Basilica Palladiana. Un luogo magnifico da cui si gode di una vista unica sui tetti del centro di Vicenza, tra statue storiche e mura pluricentenarie. Per arrivarci si sale a piedi una scala a chiocciola di una settantina di scalini, dopo avere oltrepassato il muro dei controllori che non possono fare entrare un numero di ospiti superiore a quello per cui è garantita la sicurezza della pavimentazione su cui appoggia la terrazza.

Quando riscendiamo ci incamminiamo a piedi al numero 5 di Contra’ delle Morette, una contrada storica di Piazza dei Signori, oltre Corso Andrea Palladio, per cenare all’Antica Casa della Malvasia. Molti tavoli all’esterno già pieni di gente, rumorosa ma educata.

Noi siamo dentro. Una tavolata lunga per diciotto persone circa in una sala dedicata. Ambiente pulito, di stile rustico elegante, con molto cotto e legno. Il primo piatto è una zucca su crema di datteri con Foie gras e tartufo dei Berici, un antipasto delizioso, elegante, fine e saporito, senza stonature. Il primo vino è “La Speruja” un Bianco Colle di Bugano 2012, colli Berici DOC, di Zambon, da uva Garganega, fresco, di buona mineralità.

A seguire i Bigoli fatti a mano con sugo di anatra e trito di prezzemolo per rinfrescare. Davvero eccellenti, abbinati al Polveriera, un rosso 2012 Veneto Doc di 13,5 gradi prodotto a Toara da Piovene Porto Godi, un uvaggio di Merlot e Cabernet in parti uguali.

Molto tipico anche il successivo Bacalà alla vicentina su letto di polenta, di discreta fattura.

Una chicca il successivo Piccione con indivia, uva e zucca, ben assortito nei sapori ma purtroppo con il piccione in alcune parti ancora poco cotto.

Si sono riabilitati con il dessert, un Mascarpone con gelato e meringa al caffè e granelle di cioccolato, da urlo.

Mentre si cena il discorso va sulla storia dei grappaioli, che erano, solo nel vicentino, più di un centinaio e ora sono rimasti in pochissimi, cinque o poco più, per fortuna tutti di un elevato livello artigianale e con una lunga tradizione familiare alle spalle, attivi da almeno tre generazioni, fino a sei e oltre.

Chiudiamo la serata con l’assaggio di cinque grappe, una per produttore, la Bassano 24 carati di Poli ottenuta da vinacce miste di inizio campagna, in cui senti al naso la vaniglia e la frutta, la senti morbida e che ti scalda il palato, la OLDS di Schiavo (da Cabernet, Merlot, Garganega e Moscato) con aggiunta di miele d’acacia affinata 1 anno in barrique, pulita e morbida,  la È Riserva cinque anni di Li.Di.A. da Cabernet Franc, invecchiata cinque anni, di 43 gradi, fine, pulita, morbida, la Barrique di Dal Toso (da Cabernet e Amarone) affinata 12 mesi in acciaio e 8 mesi in barrique, la Riserva 30 mesi di Brunello, che fa due anni in acciaio e 30 mesi in legno, morbida e speziata.

A una domanda sui prezzi delle loro grappe, si sta in una forbice tra i 16 e i 24 Euro a bottiglia, prezzi da enoteca.

Ormai è domenica e Loretta ci riaccompagna in Hotel con minibus a nostra disposizione, con l’impegno a ripartire il giorno successivo alle nove per le altre tre visite.

 

Foto Credit: Composizione di Gabriella Repetto.dal sito www.schiavograppa.com 

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Sono nato in una torre malatestiana del 1350 sulle primissime colline del Montefeltro romagnolo, massi rotolati fino all'Adriatico...

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