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Vino in garage

Un Weekend molto Garagista

di Luca Risso

Pubblichiamo volentieri questo bel resoconto di Angelo Mignosa di un lugo weekend in giro per le Langhe. 
Leggete bene e non vi sfuggirà il punto di vista garagista, e scoprirete che per fare i vini migliori del mondo basta fare..... quello che già state facendo :-)


E’ un panorama ricco e affascinante quello che ci si presenta davanti agli occhi viaggiando per le colline delle Langhe. Un paesaggio totalmente dominato da un ordinato scorrere di filari di Nebbiolo, Barbera e Dolcetto.
Il programma di visite alle cantine aveva come prima tappa la cantina di Roberto Voerzio a La Morra, poi Luciano Sandrone a Barolo, Elio Grasso e Conterno Fantino a Monforte e infine da Bruno Rocca a Barbaresco, in cima alla famosa collina Rabajà condivisa a metà con Gaja.
L’ospitalità di questi maestri vignaioli è davvero preziosa, sa d’altri tempi.
La narrazione delle loro storie, delle loro cantine, è un’affascinante avventura di pionieri della qualità che con coraggio anno sfidato logiche di produzione a favore dell’eccellenza ispirata dai bordolesi. E questo accadeva negli anni ’80 mentre il Tanaro si tingeva di rosso per i vino al metanolo.
Un elemento di particolare interesse che ha caratterizzato la narrazione tutti è la particolare attenzione alla vigna, alla gestione del terreno e soprattutto il controllo della produzione in pianta.
Le viti sono allevate a Guyot con un ceppo molto corto, circa 40 cm da terra.
La vicinanza con il suolo trasferisce alla pianta, nelle ore notturne, il caldo accumulato dalla terra durante il giorno. Il capo a frutto ha 4-6 gemme e lungo i filari sono stesi 5- 6 fili per consentire ai germogli di svilupparsi lunghi creando una spalliera molto alta fino ai 2 metri. La parte verde ben slanciata in alto va raccogliere sole e a “lavorare” di fotosintesi per i frutti.
I grappoli rimangono bassi sul primo filo in quanto il sistematico lavoro di diradamento lascia su ogni pianta una quantità minima di frutto( 300-500 gr) e solo nelle posizioni basse del germoglio nuovo.
Il diradamento viene effettuato con una prima azione all’invaiatura , eliminando tutti i grappoli superiori sul germoglio lasciando solo quelli bassi all’altezza del primo e secondo filo.
Un successivo diradamento dopo 3-4 settimane servirà ad eliminare una parte del grappolo, quella finale, riducendo la produzione a non più di 4 grappoli “smezzati” per pianta , per un’equazione pari a 1 pianta = 1 bottiglia .
Pensando ad una scala di valore qualitativo da 1 a 10, volendo correlare con un opportuno peso le diverse fasi della produzione di vino di qualità, l’attività di diradamento della produzione vale 9 .
Il restante peso 1 è rappresentato dalla sanità delle uve, il corretto apporto di nutrienti al terreno per concimazione naturale, il lavoro in cantina , la pulizia e le corrette metodologie di vinificazione naturale.
Claudio Conterno sostiene con convinzione che un vino di qualità necessita di una selezione sul frutto affinché la pianta dedichi le sue funzioni solamente per un minimo e contenuto numero di grappoli.
I vantaggi di un diradamento così spinto hanno un positivo riflesso sulla sanità delle uve, le irrobustisce contro le malattie, mentre la ridotta competizione sulla pianta ne favorisce un armonico sviluppo.
Elementi comuni a tutte le vigne visitate è l’alta densità di allevamento, con punte fino a 8.000 ceppi per ettaro, stretti sulle file e almeno 2.5 metri tra i filari per consentire il passaggio dei trattorini ed evitare ombreggiamento reciproco. Le potature e la raccolta sempre e soltanto manuali così come una defogliazione delle prime file di vegetazione in prossimità della vendemmia che lascia i grappoli ben esposti.

In cantina l’utilizzo del metabisolfito è ridotto al minimo, per alcuni produttori la solforosa sarà del tutto assente fino all’imbottigliamento . Le fermentazioni alcoliche sono sempre spontanee, nessun utilizzo di lieviti ne batteri per le malolattiche che vengono avviate trasferendo il vino, finita l’alcolica, in ambienti con temperature favorevoli ( 25°) .
La fermentazione alcolica avviene sulle bucce, e a seconda del tipo di vitigno va da un minimo di 6 fino a 25 giorni . La torchiatura non trova applicazione, alla svinatura le bucce si lasciano sgrondare naturalmente per gravità. Le follature e i rimontaggi sono sistematici e continui durante tutto il periodo di fermentazione sulle bucce, fondamentali per l’estrazione di aromi per contatto .
I rischi di ossidazione sono controllati riducendo al minimo i travasi, sebbene Elio Grasso sottolinei che un vino che non resiste a qualche travaso all’aria non ha certo un grande futuro.

Le uve più facili di Dolcetto vengono affinate solo in Inox e indirizzate ad un consumo giovane, mentre i vini più robusti da Barbera e Nebbiolo destinati all’invecchiamento passano almeno 1 anno in legno piccolo da 225 litri e il Barolo completa per due o più anni in botti di rovere da 25 ettolitri .
L’imbottigliamento di solito avviene in Luglio-Agosto .

Le visite si concludono con il momento topico degli assaggi, sovente tutta la gamma di produzione con punte di bontà infinita (assaggiati nel weekend 32 vini in totale).
Roberto Voerzio ci ha stupiti per l’eccellenza di tutta la sua gamma, e con un inatteso regalo facendoci assaggiare in anteprima il suo Barolo che sarà commercializzato solo dopo 10 anni di affinamento.
Un interessante confronto è stato fatto tra un Dolcetto del 2009 già maturo e commercializzato, con lo stesso del 2010 appena vinificato, 4 mesi di vino. La differenza più marcata era un dominante sapore di erbaceo, verde, spigoloso , immaturo. Ma se ne percepiva il potenziale perché comunque ricco al naso e lungo in bocca. E pensare che per raggiungere l’eccellenza del fratello maggiore occorrerà solo aspettare, attendere, nient’altro che giro di lancette.
Unico inconveniente della splendida tre giorni: riuscire faticosamente a trovare posto in macchina per le valige e le tante, troppe, scatole di vino che non puoi fare a meno di portare a casa !

Angelo MIgnosa


(Foto tratta da Cinquantallora.com)




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7 Commenti

Inserito da Emilio Simone

il 13 febbraio 2011 alle 22:25
#1
Angelo,

Una perfetta narrazione la tua, che ci fa rivivere la tua bella esperienza senza essere stati presenti.

Inserito da Sandro Pileri

il 14 febbraio 2011 alle 11:08
#2
Felice di averlo letto, lo ritengo un aiuto ed inoltre stimolante per chi vuole coltivarne la passione.
Grazie Angelo.
Saluti
Sandro

Inserito da Angelo Mignosa

il 14 febbraio 2011 alle 13:01
#3
@tutti,

lo dico sottovoce ma questa visita mi ha aperto una finestra per guardare in modo nuovo alla vinificazione. Alcuni miei vecchi precetti adesso traballano un po', ad esempio sull'uso dei lieviti, della solforosa, conservazione etc..

@Emilio ricorderai senz'altro gli interessanti post sul tema lieviti....

Del resto da più parti (Luk docet ) si incoraggia verso la sanità delle uve quale base di partenza per limitare gli interventi "esterni" .

Questo weekend ho iniziato a potare le mie viti, utilizzo il guyot su quasi tutti i ceppi tranne su qualche vecchissima di Colorino e Canaiolo dove il cordone speronato è ormai consolidato come allevamento.
Ho lasciato sul capo a frutto al più 5 gemme, spero che una ridotta vegetazione forse mi aiuterà a scongiurare attacchi di peronospora e allo stesso tempo voglio iniziare a razionalizzare la produzione evitando un sovraccarico produttivo per pianta a beneficio della sanità (qualità !?) delle uve.

ciao








Inserito da Luca Risso

il 14 febbraio 2011 alle 13:13
#4
@Angelo
Attento solamente che il ciliegiolo vuole potature lunghe.
Luk

Inserito da Angelo Mignosa

il 14 febbraio 2011 alle 15:10
#5
@Luk,

purtroppo faccio fatica a individuare i ceppi di ciliegiolo e/o canaiolo sui vecchi filari(sono molto simili e senza foglie è ancora più difficile) , infatti lo scorso anno alcune piante che avevo potato a cordone speronato, con speroni corti a 2 gemme, non hanno dato frutto !

Potando tutte le vecchie piante a guyot con 5-6 gemme non dovrei avere più questo problema, non trovi ?


Inserito da Luca Risso

il 14 febbraio 2011 alle 15:12
#6
@Angelo
Non ricordo il ciliegiolo da quale gemma in poi è fertile. Al limite avrai pochi grappoli che è appunto quello che vuoi, no?
Luk

Inserito da Angelo Mignosa

il 15 febbraio 2011 alle 09:25
#7
Sul Ciliegiolo le prime due-tre gemme basali non sono fertili, avendo lasciato sul capo a frutto 5-6 gemme dovrei aver garantita comunque una produzione.



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