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Il Conte Gallesio e il Rossese Bianco

di Luca Risso

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VITIS VINIFERA MONTIS-ROSEI, racemo parco, oblungo irregolari, racemulis exiguis, acinis pumilis, rotundis rarioribus, inequalibus, cortice partim albescente partim roseo, pulpa gratissima, succo albo spiritoso duraturo. Vulgo, Uva Rossese.

Nei miei vagabondaggi virtuali, alla ricerca di notizie ed informazioni sull'enologia ligure, ho avuto la fortuna di incontrare un genio. Sissignori, un genio, vissuto duecento anni fa, ma il cui pensiero lucido ed attuale penso possa fare scuola oggi, ed ancora per molto tempo a venire. Questo genio di nome Giorgio Gallesio, nacque a Finale Ligure nel 1772 e morì a Firenze dove fu sepolto nel 1839. Laureato in giurisprudenza nel 1793 a Pavia, ricoprì altissimi incarichi pubblici nelle amministrazioni locali liguri di Savona, Genova e Pontremoli, durante gli ultimi anni della Repubblica Genovese, durante la Repubblica Ligure Napoleonica ed infine durante il Regno Sabaudo. La sua vera autentica passione fu però la botanica e l'agronomia cui dedicò moltissimi scritti, ed in particolare la monumentale "Pomona Italiana", consultabile on line al sito www.pomonaitaliana.it.


Una bella e completa biografia del Gallesio può essere consultata al sito www.francobampi.it.

La "Pomona Italiana" è dedicata alle specie da frutto coltivate in Italia (soprattutto mele), ma ovviamente si parla anche di uve da vino, in particolare di quelle coltivate nel genovesato. Tra le uve bianche particolare risalto viene dato alla Bianchetta o Albarola, considerata in verità non una grande uva da vino, al Vermentino e al Rossese Bianco.

Il capitolo dedicato al vermentino è un godimento per l'enoappassionato. Si descrive la sua duplice attitudine di uva da tavola e da vino e se ne descrive dettagliatamente la diffusione e l'ampelografia, (cit. "..Ha il fusto grosso e vigoroso, i tralci sfumati di un poco di rosso, le foglie grandi, col pezziolo rossiccio, per lo più trilobate, col lembo dentellato, colla pagina superiore liscia e di un verde vivo, e coll'inferiore vellutata e bianchiccia. I grappoli sono grossi, lunghi, appuntati, ora alati e piramidali, ora quasi cilindrici ad acini grossi, rotondi, nè serrati nè spargoli, di buccia sottile, biancognola, macchiata di un ruggineo giallo, più o meno carico in proporzione della maturità o dell'esposizione ai raggi del Sole."

Infine si descrivono le caratteristiche del vino ottenuto, con la tipica mineralità che lo fa assomigliare ai grandi bianchi tedeschi, e le tecniche agronomiche necessarie per ottenere i migliori risultati, basate su basse rese e su terroir vocati (cit. "Tale è il Vermentino in istato di frutto fresco. Le sue qualità come uva da vino sono ancora più pregevoli. Il suo mosto è dolce e spumoso, e si mantiene in questo stato anche dopo la prima fermentazione nel tino, a meno che non sia molto prolungata. Tenuto nelle botti per alcuni mesi, il dolce sparisce, e prende un secco morbido, maturo e generoso, che lo somiglia ai vini del Reno. Posto in bottiglie si conserva in questo stato anche alcuni anni. Si intende che il vino di cui parlo è quello che proviene da viti coltivate in luoghi aprichi, tenute basse, e potate a pochi occhj.
Il Vermentino è fecondissimo: quindi con esso si può conciliare la qualità colla quantità: ma in tutto vi vuole una misura: io ho stabilito in principio che la prima condizione per avere un buon vino è la qualità dell'uva: ho dimostrato, e dimostrerò meglio in seguito che le località, i climi, i modi di coltura, e i processi della vinificazione non intervengono che come secondarii; ma non intendo che sieno indifferenti: è l'insieme di tutte queste cose che forma il buon vino, e l'Italia può averle tutte. "

Il capitolo più interessante però è probabilmente quello dedicato al Rossese Bianco, che viene descritto come una varietà enormemente diffusa in tutta la Liguria e capace di dare vini eccellenti. Tra l'altro risulta che in combinazione con vermentino ed albarola faceva parte del tipico uvagio delle 5 terre prima dell'uva bosco. Anche in questo caso se ne descrive dettagliatamente l'aspetto ampelografico (cit. "Il ROSSESE è la vite classica della Liguria orientale: è un vitigno vigoroso che produce bene in qualunque modo si tenga: Ha i tralci di color di marrone, divisi in nodi spessi e rilevati, le foglie picciole, leggiermente laciniate in tutto il loro giro, bianchiccie al di sotto ma senza lanugine, e tinte al di sopra di un verde così chiaro che le fa distinguere a colpo d'occhio da quelle di tutte le altre varietà. I grappoli sono piccioli, lunghi, spargoli, a racemoli eguali e regolari.

Gli acini sono minuti, tondi, di grossezza ineguale, spesso falliti, e la loro buccia, che è bianca, si tinge nella maturità di un rosso sfumato che ha dato il nome al vitigno. "), e si sottolinea la qualità e la finezza del vino ottenuto (cit. "Il vino è bianco, sottile, secco, spiritoso e di serbo, e se la vite è in luogo aprico, somiglia ai vini del Reno. Quando se ne limita la fermentazione prende un pizzico che piace a molti, e quando è concentrato acquista uno spirito che lo avicina al vino di Madera. …………. Nè le sue qualità hanno cangiato col variar dei secoli: esso è ancora al presente un vino squisito; e potrebbe stare al confronto dei migliori vini di Europa, se i nostri agricoltori, più solleciti della qualità che della quantità, coltivassero la vite con più riserva, e dassero alla fattura del vino le cure e le diligenze che vi impiegano gli oltramontani".).

Giorgio Gallesio descrive anche i due motivi che porteranno secoli successivi il rossese bianco quasi a scomparire a vantaggio di altri vitigni quali bosco e vermentino: la tendenza all'aborto floreale ed il precocissimo germogliamento. Se infatti da un lato il vitigno temeva il vento umido di mare durante la fioritura, dall'altra non poteva essere coltivato troppo nell'entroterra per timore delle gelate (cit. "Il Rossese è un vitigno che tiene le nebbie di mare; e, se queste lo colgono quando è in fioritura, i fiori falliscono. È perciò che i suoi grappoli restano per lo più radi e spargoli, e che gli acini si trovano quasi sempre frammezzati di peduncoletti a grano abbortito…….. Quantunque il Rossese possa considerarsi come una uva precoce è però preceduta dalla maturità non solo dal Dolcetto di Monferrato, ma ancora dal Vermentino dal Trebbiano Fiorentino, dal Rossano di Nizza, e da molte altre uve: le precede però tutte nella vegetazione di primavera, e non ne conosco alcuna che metta così presto."). D'altra parte si intuiva anche che il naturale contenimento delle rese dell'uva poteva essere motivo di pregio per i vini da essa ottenuti (cit."… il Rossese è un'uva fallosa e non è di tanto redito come molte altre. La picciolezza dei suoi grappoli, la rarezza degli acini ne rende il prodotto minore di quello che si aspetta, ma questo difetto è compensato dalle sue qualità, e non vi è coltivatore agiato che non voglia averne nei suoi vigneti.")

Oggi il rossese bianco è quasi scomparso, anche se se ne sta tentando una reintroduzione massiccia nelle 5 terre. Un unico produttore di un vino da tavola "Ruzzese" è ancora presente nell'area dei Colli di Luni (http://www.picedibenettini.it/ruzzese.html) mentre a ponente non sono rari filari allevati per consumo personale.

Per concludere, siamo in presenza di un vero e nobile vitigno autoctono, che ha apparentemente tutte le carte in regola per diventare uno dei protagonisti dell'enologia ligure.

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