Tra le forme di allevamento della vite, quella detta a spalliera è senza dubbio la più diffusa in ogni angolo del mondo. Secondo tale sistema la vite viene fatta crescere in filari più o meno lunghi, costituiti da pali di legno, cemento, acciaio o materiale plastico, su cui vengono fissati due o più fili di acciaio zincato posti in tensione attraverso pali più robusti posizionati alle estremità del filare. Su tali filari la vite può poi essere allevata attraverso diverse tecniche di potatura. Ci occuperemo qui solo del sistema denominato Guyot, dal nome di un maestro francese che lo mise a punto a partire dal 1868. La potatura a Guyot è semplice e facilmente applicabile a un piccolo vigneto familiare. Molto diffuso è anche il cordone speronato, che potete trovare ben descritto qui.
Alla base di ogni tecnica di potatura c’è la constatazione che la vite produce grappoli principalmente da tralci nati da legno dell’età di un anno. Supponiamo che in un certo momento della stagione invernale la vite si trovi nella situazione illustrata in figura. Senza domandarci ora come è arrivata in quella forma (lo capiremo dopo), osserviamo che essa presenta un fusto, che dal piede della pianta (punto del fusto a livello del terreno) arriva in modo più o meno verticale fino al primo filo della spalliera, posto più o meno a 70 cm da terra, e due rami, uno lungo ed uno corto.
Il ramo lungo è legato sul filo e si chiama “capo a frutto”. La sua lunghezza si misura in numero di gemme. Le gemme sono posizionate su nodosità del ramo poste a distanza regolare là dove l’estate precedente spiccavano le foglie. Da ogni gemma l’estate successiva cresceranno i nuovi tralci e dai tralci i grappoli. La lunghezza del capo a frutto è funzione di alcune importanti scelte agronomiche. Si definisce fertilità di un vitigno il numero medio di grappoli prodotti da un tralcio nato dalla singola gemma. La fertilità è variabile in funzione del vitigno e dei diversi cloni nell’ambito dello stesso vitigno. Siccome ogni vitigno è caratterizzato da un peso medio noto del grappolo, la lunghezza del capo a frutto in termini di numero di gemme determina la produzione/pianta richiesta all’impianto. In realtà la situazione è più complicata in quanto questo calcolo porta ad una produttività teorica massima, generalmente superiore a quella reale a causa della riduzione dovuta agli agenti atmosferici (grandine, siccità, ecc) e alle pratiche di diradamento. Inoltre non tutte le gemme del capo a frutto hanno la stessa fertilità. In alcuni vitigni come il nebbiolo, il ciliegiolo e la corvina le 2-3 gemme più vicine al fusto (gemme basali) non sono fertili e quindi producono tralci senza grappoli. Quindi la potatura dovrà essere più lunga. Per questi vitigni sono da evitare i sistemi a potatura corta (cordone speronato, alberello) Altri vitigni come il Merlot hanno una buona fertilità sia delle gemme basali sia di quelle apicali.
Il ramo più corto si chiama “sperone” o “capo a legno” e di solito porta due gemme partendo dalla gemma basale. Se il tipo di fertilità del vitigno lo consente, anche queste gemme possono produrre tralci con grappoli. Al momento della successiva potatura invernale il vecchio capo a frutto verrà completamente asportato; dei due tralci nati dalle due gemme dello sperone, quello inferiore sarà potato a due gemme per generare il nuovo sperone, mentre quello superiore sarà potato lungo e legato sul filo per generare il nuovo capo a frutto.
In questo modo la pianta si allungherebbe un pochino ogni anno, più o meno di un internodo (la distanza tra due gemme) ad ogni ciclo di potatura. Siccome l’altezza non deve superare quella del primo filo, occorre di tanto in tanto operare i così detti tagli di ritorno, ovvero tagli di legno vecchio. In pratica dal fusto della pianta nascono ogni anno da un particolare tipo di gemme dette latenti alcuni tralci che sono di solito improduttivi perché il fusto è costituito da legno più vecchio di un anno. Questi tralci si chiamano polloni e normalmente vengono eliminati nelle operazioni primaverili di cura del vigneto. Quando si ritiene che sia il momento di operare un taglio di ritorno, si lascia uno o più polloni fra quelli nati dal colletto (la cima del fusto, oltre il punto di innesto). Al momento della successiva potatura questi polloni potranno essere utilizzati per rinnovare uno sperone in un punto più basso, e tagliando l’anno successivo tutta la parte di pianta al di sopra del colletto. E’ bene che questi tagli di ritorno non siano maggiori di 10-15 cm, per non asportare troppo legno, fondamentale riserva di elementi nutritivi per la pianta, e per non correre il rischio di aprire la strada a pericolose malattie come il mal dell'esca.
Il sistema Guyot si presta a diverse varianti. Ad esempio può essere raddoppiato creando due capi a frutto legati alle due parti opposte del filo, e due speroni. In altri casi, poiché le gemme mediane del capo a frutto tendono a produrre tralci meno vigorosi, si cerca di stimolarle piegandolo ad archetto verso il basso. Quando il capo a frutto è doppio e piegato verso il basso il sistema prende il nome di Cappuccina. Queste varianti derivano in genere da antiche tradizioni dettate dall’esperienza colturale di un determinato vitigno in un determinato territorio.
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Inserito da Filippo Ronco
il 05 febbraio 2009 alle 14:18Ciao, Fil.