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Home > Autori > Vino

Considerazioni a ruota libera su un vino da ridefinire, il Pigato

di Luca Risso

MappaArticolo georeferenziato

Ho letto recentemente della proposta di promuovere a DOCG la DOC del vino ligure Pigato. Ma come è possibile? Innanzitutto il Pigato non ha una DOC tutta per sé, ma è inserito come denominazione nella più vasta e generica DOC "Riviera ligure di ponente". Ma trascuriamo questo che infondo è un cavillo. La ragione vera per cui questa proposta appare francamente curiosa è che il Pigato tecnicamente non esiste. Sì, proprio così. Naturalmente bisogna giustificare tale affermazione.
Se prendiamo la DOC "Riviera ligure di ponente", troviamo le denominazioni Pigato e Vermentino. Se confrontiamo i rispettivi disciplinari possiamo verificare facilmente che essi sono identici. Se poi crediamo nelle scienze esatte ed in particolare nella genetica, possiamo anche facilmente verificare che autorevoli studi(1) hanno inequivocabilmente sancito l'identità fra i due vitigni. Quindi? Quindi abbiamo un solo vitigno (il Vermentino), un solo disciplinare, ma la possibilità per i viticultori, che notoriamente ne sanno una più del diavolo, di produrre due vini!!!!!
Ma allora? Che cosa è il Pigato oltre uno strumento per raddoppiare il catalogo dei propri vini a costo zero? Il Pigato sarebbe un grande vino, se solo esistesse, ovvero fosse definito in modo preciso e corretto.

Prima di proseguire può essere interessante riferire di alcune testimonianze rese da alcuni viticultori da me incontrati ed interrogati a proposito della sinonimia Pigato-Vermentino.
Vio (Claudio): "……il Pigato è completamente diverso dal Vermentino, è dolce come un uva da tavola……………Una volta ho dato dei tralci di Vermentino al vivaio per fare delle barbatelle. Quando le ho messe in vigna è venuto su del Pigato. Allora ho protestato con il vivaista che mi ha detto di essersi sbagliato e di avermi dato delle barbatelle innestate con il Vermentino di un altro produttore……" (Il Vermentino di un produttore diventa Pigato nella vigna di un altro).
Foresti: "……..sì, in effetti sarebbero molto simili. Però la gente si aspetta dal Vermentino un tipo di vino leggero, fresco. Quindi si lavora in cantina….."
De Andreis: "….il Vermentino è proprio diverso, quando in una vigna di Pigato si trova per caso una pianta di Vermentino si riconosce subito…..ha chioma e radici diverse….."
Sancio: "………..quando pianto del Vermentino compero le barbatelle in Sardegna, perché sono sicuro che non siano infettate dalla flavescenza dorata; quando pianto il Pigato mi faccio mandare dai vivai di Rauscedo barbatelle di Favorita (nome piemontese del Vermentino). Inoltre uso lieviti diversi in macerazione."

Dalle testimonianze sopra esposte, e con un po' di buon senso, penso che si possa ragionevolmente capire cos'è (o cosa dovrebbe essere) il vero Pigato. Non c'è dubbio che esista un unico vitigno: il Vermentino. Tale cultivar è caratterizzata "mediamente" da una bassa acidità di base che può rendere i vini prodotti piuttosto piatti. Ecco allora che in molte regioni (es. Sardegna) essa viene vendemmiata volutamente leggermente immatura per preservare la freschezza e gli aromi floreali-fruttai. Quando invece l'uva è ben matura ecco comparire le caratteristiche macchioline rugginose sulla buccia (le "pighe"), e con esse un diverso spettro aromatico con prevalenza di note muschiate, aromatiche e resinose. Naturalmente l'acidità si abbassa notevolmente.

Ma allora quando acquistiamo una bottiglia di Pigato, che cosa dobbiamo aspettarci? La risposta la danno i nostri amici viticultori testè citati. Il Pigato è associato alle "pighe", quindi deve provenire da uve Vermentino perfettamente mature (dolci), al limite anche surmatute, come certe vendemmie tardive dimostrano (cfr. Pigato Bacan di Bruna). C'è poi il fattore terroir ed il fattore clone. Evidentemente esistono vigneti particolarmente vocati dove il Vermentino raggiunge una maturazione ottimale mantenendo livelli di freschezza accettabili. Si tratta generalmente di vecchie vigne dove il corso del tempo e la mano dell'uomo hanno selezionato i cloni ed i portainnesti più adatti. Probabilmente le piante di queste vigne non avevano la stessa origine ed anche i portainensti saranno stati dei più vari con differenze evidenti sullo sviluppo vegetativo delle varie piante (differenze di chioma e di radice). C'è poi un evidente "effetto cantina" da prendere in considerazione. La possibile carenza in freschezza del Pigato, tradizionalmente era compensata dal ricorso ad altre varietà presenti in vigneto (Lumassina, Massarda, ecc.) e da una macerazione fermentativa (non criogenica) sulle bucce della durata di qualche giorno, o addirittura completa. L'apporto tannico dava (e dà ancora nei migliori Pigato) una struttura ed una conservabilità superiore al vino. Attualmente la maggior parte dei produttori ricorre ai lieviti selezionati per esaltare gli aromi caratteristici voluti e, temo, a buone dosi di acido citrico o tartarico per equilibrare l'acidità.

Come uscire allora dall'empasse creatosi? Può darsi che la proposta della DOCG sia l'occasione buona per rivalutare e ricreare un grande vino tradizionale, frutto di un uvaggio a base di uve Vermentino: il Pigato. Nel mondo dei sogni enologici il Pigato dovrebbe essere garantito da un disciplinare che preveda:

-Selezione dei cru che possano fregiarsi della denominazione Pigato. Ovviamente le vigne più vecchie dovrebbero avere un livello supriore indicato in etichetta. Infatti le vigne vecchie (età maggiore di 20 anni) garantiscono basse rese e concentrazione migliore. Per i nuovi vigneti occorrerebbe identificare ad un accoppiamento clone-portainnesto tale da garantire livelli di acidità buoni a piena maturazione.
-Definizione di una resa massima per ettaro molto bassa.
-Definizione di un contenuto zuccherino ed acido minimo stabilito.
-Definizione anno per anno da parte del consorzio di una data per la vendemmia prima della quale il vino prodotto non possa fregiarsi della denominazione "Pigato".
-Esclusione in cantina di acidificanti esogeni.
-Ammissibilità di uvaggi con vitigni autoctoni più acidi, come ad esempio il Lumassina o la Massarda, in percentuale superiore a quella prevista dal disciplinare attuale (5%).
-Definizione di una data di commercializzazione sensibilmente successiva a quella del Vermentino.


Note :
1) Roberto Botta, Aziz Akkak, "Analisi del DNA di specie frutticole in Piemonte" Pubblicazione n. 386 del Centro di Studio per il Miglioramento Genetico e la Biologia della Vite, CNR)

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