Questo è un post lungo, noioso e un po’ tecnico ma forse utile. Tra i commenti relativi ai miei post sui travasi, ne ho letti alcuni molto perplessi di coloro che assaggiando il vino appena svinato lo trovavano acido, aspro e amaro. Tranquillizzatevi, di solito si tratta di ansia da prestazione! Se il vino non è amaro in modo eccessivo, o acido per acidità volatile (cioè puzza di aceto), probabilmente tutto rientra nella normalità delle cose. Il vino appena fatto contiene sostanze molto aggressive, quali polifenoli (tannini e antociani) responsabili di sensazioni amare, e acidi organici.
All’inizio della vita del vino i polifenoli sono presenti in forme a basso peso molecolare, estremamente attive e reattive. Se avete manipolato il mosto con le mani vi sarete accorti della capacità notevole di macchiare la pelle. Questo accade perché i polifenoli colorati (antociani) hanno una elevata capacità di formare legami con le proteine (in questo caso della pelle). Allo stesso modo i tannini si legano con le proteine della mucosa della bocca generando la sensazione di astringenza, di aspro e amaro. Con il tempo i polifenoli smusseranno la loro aggressività legandosi tra di loro per effetto dell’ossigeno e generando molecole più grosse e stabili, o precipitando. Eventuali residui di polifenoli aggressivi potranno eventualmente essere eliminati con una chiarifica (di cui parleremo più avanti) sfruttando proprio la loro capacità di legarsi alle proteine.
Anche gli acidi del vino appena svinato possono essere molto aggressivi. Il 90% degli acidi contenuti nell’uva è composto da acido tartarico e acido malico. L’uva è l’unico frutto europeo che contiene acido tartarico. Il contenuto di acido tartarico è piuttosto una caratteristica del vitigno. Durante il processo di maturazione una volta raggiunto il suo valore massimo la sua concentrazione tende a rimanere sostanzialmente costante. L’acido malico invece tende a ridurre la sua concentrazione con la maturazione in modo inversamente proporzionale all’accumulo di zuccheri, in funzione dei parametri agronomici (densità degli impianti, produzione della pianta, terreno) e della temperatura. Le uve che maturano in climi freschi tendono ad avere più acido malico.
Sia l’acido tartarico che l’acido malico subiscono nel corso del processo di vinificazione una serie di trasformazioni che ne riducono la concentrazione e quindi la sensazione sgradevole in bocca.
Acido Tartarico
Solo una frazione (circa il 50%) dell’acido tartarico presente nell’uva si ritrova nel vino finito. Il vino appena svinato è in una situazione intermedia dove l’acido sta cercando un equilibrio faticoso con il potassio (quello naturalmente presente e quello aggiunto da noi come metabisolfito), con l’alcol etilico e con vari composti colloidali derivati dalla fermentazione. Il contenuto di acido tartarico nel corso del tempo può diminuire in modo naturale a causa della precipitazione di bitartrato di potassio (favorita dalle basse temperature invernali) e sua rimozione mediante travaso, oppure in modo artificiale aggiungendo ad esempio tartrato neutro di potassio, un sale che sposta l’equilibrio con l’acido verso la formazione di bitartrato insolubile. Io consiglio al garagista di seguire la strada maestra e lasciar fare alla natura, mantenendo il vino al freddo nei mesi invernali, lasciando perdere le scorciatoie della chimica, a meno che l’acidità in bocca non sia davvero insopportabile.
Acido malico
Il controllo dell’acido malico è un aspetto complicato e affascinante, solo parzialmente gestibile dal garagista, per cui anche qui consiglio un approccio un po’ fatalista.
Esiste una famiglia di batteri chiamati lattici, il più noto dei quali è l’oenococcus oeni, capaci di metabolizzare l’acido malico producendo acido lattico e anidride carbonica. L’acido lattico ha in bocca una minore aggressività, e dà un senso di rotondità e una morbidezza gradita ad esempio nei vini rossi o nei vini bianchi maturati in legno. L’attività di questi batteri si chiama fermentazione malolattica (FML ) e avviene di solito dopo la fermentazione alcolica. E’ una fermentazione delicata che può essere resa difficile o impossibile da alcuni fattori.
Il mio interesse per il vino è cosa relativamente recente. Risalgono a ottobre 2001 i miei primi due post per chiedere informazioni sul...
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Inserito da Michele
il 29 ottobre 2009 alle 19:08Praticamente questa e' la situazione:
della damigiana ti ho gia' raccontato.
che odore dovrei sentire se trattasi di fioretta?
Le 3 bt da 75 cl sono invece prorio da buttare via..
appena le ho aperte hanno cominciato a ribollire, la feccia e' quasi esplosa dal fondo in cui si era depositata e ha portato a galla odori a dir poco nauseabondi..
forse ho esagerato un po' troppo a voler tirare fuori vino dalla feccia, o forse i miei coliti erano a maglie troppo larghe e hanno lasciato passare troppa feccia..
Credo che anticipero' di molto il prossimo travaso.
Per ora tengo d'occhio la damigiana.