La svinatura è la prima delle operazioni che portano piano piano a ottenere un vino limpido e pulito da un mosto fangoso, e consiste nella separazione dal mosto delle bucce dell'uva, possibilmente dei semi e di tutte le parti solide più grossolane. E' effettivamente una operazione piuttosto sporca, dove occorre essere abbastanza ordinati, e dove le attrezzature a disposizione impongono procedure e tecniche un po' diverse.
La prima domanda a cui bisogna rispondere è: quando bisogna svinare? Naturalmente come in tutte le cose complicate le risposte possono essere multiple. La durata della macerazione sulle bucce può variare da qualche giorno per i vini più leggeri e beverini, a più di un mese per certi grandi rossi da invecchiamento, fino ai 4-5 mesi delle ultime sperimentazioni di vinificazioni ancestrali in anfora. Il Garagista deve regolarsi un po' come crede, ma personalmente ritengo abbastanza velleitario voler puntare subito al grande vino. La teoria dice che il massimo di estrazione del colore in un vino rosso si ha dopo circa una settimana di macerazione, in quanto successivamente l'estrazione ulteriore di tannini dai vinaccioli comporta un leggero schiarimento del mosto, sempre più marcato quanto si prolunga la macerazione. Un lampante esempio di questo comportamento lo troviamo nella differenza di colore che c'è tra certi diafani baroli tradizionali macerati più di un mese, e i torvi e scuri baroli modernisti, macerati pochi giorni (a volte poche ore) con l'ausilio di tanta (forse troppa) tecnologia per riuscire comunque a estrarre abbastanza sostanze nobili.
Io ho vendemmiato il 9 Settembre e svinato il 20. La mia regola è: minimo una settimana, e poi ogni momento va bene appena si ha tempo.
Dopo un periodo di questo tipo normalmente il mosto è ancora in fermentazione, a meno di casi particolari di ambienti o periodi particolarmente caldi che possono accelerare l'attività dei lieviti.
Se potessimo fare una sezione del nostro tino in queste condizioni vedremmo sul fondo uno spesso strato di vinaccioli, poi uno strato più o meno incoerente di sostanze mucillaginose, quindi il livello del mosto torbido ma liquido, ed in cima il cappello emerso di bucce. Consiglio di effettuare la svinatura in questo stato, cioè di non fare follature immediatamente prima dell'operazione. La prima cosa da fare è a questo punto procurarsi una paletta forata o qualcosa che assomiglia a uno scolapasta con un manico, di plastica o di acciaio, ed estrarre le vinacce, cominciando da quelle più in alto e asciutte, versandole in una tinozza, secchio o altro contenitore. A mano a mano che si scende le bucce diventano via via sempre più bagnate e inzuppate di liquido, e per questo è bene che il nostro attrezzo abbia dei fori per consentire di scolarle già il più possibile. Al termine di questa operazione la superficie del mosto dovrebbe risultare pulita dalle sostanze galleggianti. Se il nostro tino è munito di rubinetto, si può posizionare sotto le damigiane e cominciare a riempirle usando un imbuto possibilmente munito di un filtro o di uno scola-vinacce per evitare di immettere nelle damigiane residui di bucce. Se invece il tino non ha il rubinetto, occorre prelevare il mosto con cui riempire le damigiane con secchi o altro genere di pentolame. La parte più noiosa comincia verso il fondo del tino, in cui lo strato mucillaginoso tende a ostruire il rubinetto o a intasare insieme ai vinaccioli il filtro dello scola-vinacce, per cui occorre un po' di pazienza per riuscire a filtrare adeguatamente questo tipo di sostanze che comunque con il tempo e con la completa conclusione della fermentazione si depositano sul fondo a formare un strato abbastanza compatto e facilmente separabile.
Una volta riempite tutte le damigiane a disposizione, occorre lavare accuratamente il tino da tutti i residui che sono rimasti appiccicati qua e là, con abbondante acqua corrente, pagliette, spugne abrasive e quant'altro. Insomma, il tino deve essere rimesso a lucido e asciugato.
A questo punto sono possibili due strade per sistemare il vino in modo che concluda tranquillamente la fermentazione e riposi qualche tempo prima del prossimo travaso.
Nel caso disponiate di un coperchio galleggiante a camera d'aria con la sua valvola di sfiato, potete rimettere il mosto nel tino prelevandolo dalle damigiane, chiudere con il galleggiante, gonfiare la camera d'aria e preoccuparvi solamente di controllare di tanto in tanto di asciugare e pulire il mosto che potrebbe sfiatare un po' dalla valvola per effetto della pressione interna.
Nel caso abbiate un coperchio galleggiante senza camera d'aria (quindi necessitante di olio enologico) conviene lasciare tutto nelle damigiane fino a quando la fermentazione non si è conclusa, e usando per la chiusura dei tappi gorgogliatori riempiti con una soluzione di acqua e metabisolfito al 10%, oppure con olio di vaselina. Anche in questo caso occorre controllare periodicamente che il mosto (soprattutto all'inizio quando per effetto della svinatura i lieviti si ringalluzziscono) non fuoriesca dai tappi per effetto della pressione di anidride carbonica. Naturalmente tutte le damigiane devono essere piene, usando per l'ottimizzazione del riempimento contenitori di volume decrescente.
Come avrete notato non ho parlato di solforosa. In questa fase non bisogna aggiungerne assolutamente per evitare di disturbare i lieviti che potrebbero altrimenti interrompere la fermentazione.
E le vinacce? Non me ne sono dimenticato. La cosa migliore da fare è torchiarle anche se evidentemente occorre un torchio. Altrimenti servendosi degli scola-vinacce bisogna lasciarle colare il più possibile e raccogliere il liquido che ne deriva, quindi inventarsi un modo qualsiasi per strizzarle e ricavarne più mosto possibile. Il mio sistema è descritto nel video....
Il liquido torchiato unitelo tranquillamente al resto del vostro vino, e lasciate che il tempo faccia il suo lavoro.
Luk
Il mio interesse per il vino è cosa relativamente recente. Risalgono a ottobre 2001 i miei primi due post per chiedere informazioni sul...
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Inserito da Michele
il 23 settembre 2009 alle 02:29Domani vado a prendere l'uva e la pigio..Volevo chiedere alcune cose:
come mai il metabisolfito nell'acqua dei gorgogliatori?
escudendo la svinatura,il metabisolfito va aggiunto ad ogni successivo travaso?in che quantita?
Ho comprato un prodotto a base di metabisolfito e sulla confezione c'e' scritto 30 grammi ogni 100 kg d'uva.. non e' troppo?
Grazie mille