Registrati!

hai dimenticato la password?

Inserisci il tuo indirizzo e-mail e premi invia.

ricerca avanzata

cerca in
Pubblicità
Home > Autori > Vino > Mondo Vino

Mondo Vino

Pugni, terroir e miti: c'est la France

di Riccardo Modesti

MappaArticolo georeferenziato

Qualche spigolatura e qualche tema più serio sulla nazione che, nel bene e nel male, è ancora per molti il punto di riferimento assoluto della vitivinicoltura mondiale.

Per entrare nell'argomento

La Francia è il primo produttore mondiale di vino, davanti all'Italia.
La Francia è la terra di vini che hanno fatto e fanno ancora la storia.
La Francia è la storia del vino.
La Francia è la terra natale di molti termini correntemente usati in viticoltura, enologia e degustazione.
La Francia è il luogo da cui si sono diffusi la maggior parte dei cosiddetti "vitigni internazionali".
La Francia possiede circa 340 denominazioni d'origine, chiamate AOC.
La Francia produce oltre il 50% di vino come VQPRD.


AOC, tra la confusione tra i consumatori e la filosofia del terroir

Il terroir, vocabolo intraducibile che indica la perfetta integrazione tra clima, suolo, vitigno e uomo, è come noto la pietra angolare su cui poggia tutta la cultura vitivinicola d'oltralpe. L'esasperazione di questo concetto ben si manifesta lungo i tutto sommato pochi chilometri che separano Marsannay da Maranges, in Borgogna. In poco spazio, infatti, vi si accalcano una fantasmagoria di grand cru, premier cru e AOC village, ognuno dei quali si picca di vantare caratteristiche uniche e peculiari: per i fanatici della materia si tratta di un paradiso in cui sfruculiare tra aromi di lampone e ciliegia, o compiere complicati esercizi di distinguo tra mineralità e fittezze tanniche; per i produttori, invece, e non solo quelli della fortunata Borgogna, si tratta della valorizzazione di ciò che producono e del luogo in cui si produce, su cui incardinare una proposta commerciale plausibile che, per molti di essi, rappresenta anche un nome dalla fama e dalla popolarità plurisecolare.

In realtà per il popolino, ma lo stesso discorso vale anche per l'estero (anglosassoni in primis), pare che le oltre 340 AOC d'oltralpe rappresentino un ostacolo quasi insormontabile quando se ne fronteggi un insieme anche molto ristretto sugli scaffali di enoteche e supermercati. Alcuni sondaggi hanno ben focalizzato questo disagio, facendo risaltare la richiesta di semplificazione dell'offerta da parte del consumatore: in pratica, ciò che egli reclama in etichetta non è altro che il nome di un vitigno e di un'area geografica dal nome accessibile anche a chi ha sempre avuto un cattivo rapporto con le carte geografiche.

Qualche produttore lungimirante ha recepito il messaggio, cogliendo la palla al balzo per creare prodotti che siano nel contempo adeguati, se non proprio mirati, anche per i mercati anglosassoni: si tratta di proposte commerciali semplici, accattivanti e comprensibili, all'australiana insomma, costruite cioè su nomi semplici - che sovente si ispirano a parole francesi conosciute ovunque -, etichette che catturano l'occhio e, ovviamente, nome del vitigno in etichetta.


Contrasti profondi

Come ben riportato anche in un articolo firmato Elisabetta Tosi sul numero 38/2006 del "Corriere Vinicolo", esiste una spaccatura profonda all'interno della Francia vitivinicola sul significato delle AOC: da una parte la produzione, dall'altra l'INAO, ovvero l'ente del ministero dell'agricoltura francese che regolamenta le denominazioni di origine. Il contrasto è dunque tra chi produce, che richiede l'appoggio della politica per ottenere un giusto mix di strumenti legislativi e sostegni promozionali per far fronte alla concorrenza internazionale, e chi legifera, che anche oltralpe procede con i propri tempi e le proprie logiche.

Alcune AOC gravitanti attorno a Bordeaux - e non certo indimenticabili quali Côtes de Bourg, Côte de Blaye, Côtes de Castillon, Bordeaux-Côtes de Franc and Premieres Côtes de Bordeaux, cioè un non trascurabile 16% dell'intera produzione del bordolese - hanno pensato di fare da sé, mettendo in cantiere la fusione in una più intelleggibile AOC Côtes de Bordeaux che offra il duplice vantaggio sia di essere meglio localizzabili sulla carta geografica che di sfruttare il traino del nome Bordeaux. Inoltre, un po' come da noi, sta trovando spazio sempre maggiore l'idea di creare una IGT nazionale.

Sembrerebbe quindi paradossale la recente decisione da parte dell'INAO di riconoscere tre AOC nuove di zecca più una nuova sottozona per l'AOC Coteaux de Languedoc: alzi la mano dunque chi sentiva spasmodicamente la necessità di avere sulla carta geografica enologica d'oltralpe nuove imperdibili proposte quali Orléans (pinot nero e chardonnay), Orléans-Cléry (cabernet franc) e Chaume (chenin blanc).


Crisis? What Crisis?

La necessità di semplificare è ormai un fatto assodato, e nasce per due motivi: competere sui mercati e combattere la crisi di sovrapproduzione che ha colpito alcune regioni, tra cui Bordeaux, dove le eccedenze ormai sono usuali come il succedersi delle stagioni. Restando a Bordeaux, negli ultimi mesi se ne sono viste davvero di tutti i colori: e come potrebbe essere altrimenti in una regione da 100.000 ettari basata su vitigni che ormai si producono ormai in Australia come in India, ma dove l'eccellenza è ben localizzata e, come ovunque nel mondo, limitata a una piccola frazione della quota complessiva.

Una proposta che emerse diversi mesi fa fu addirittura quella di usare le eccedenze di Bordeaux generico per ottenerne bioetanolo da usare per l'autotrazione. Per inciso, da questo mese parte la realizzazione di pompe di benzina che erogheranno l'E85, una miscela di bioetanolo (min. 85%, come in un disciplinare) e gasolio, che servirà proprio per far muovere le auto diesel: secondo i documenti ufficiali - il rapporto governativo ufficiale è stato stilato nientemeno che dall'ex campione di Formula uno Alain Prost - la fonte di bioetanolo non sarà il vino, bensì il grano, il mais e la barbabietola. Di vino, insomma, non si parla proprio, ma chissà che non se ne parli in futuro...

Altre proposte, invero poco originali: consistenti incentivi governativi all'estirpo per le regioni di Roussillon, Bordeaux - 10.000 gli ettari previsti, ma siamo fermi "solo" a quota 2.000 -, Charentes e Pays Nantais, usando sia fondi comunitari (cioè anche soldi nostri) che francesi; fissazione di prezzi minimi garantiti per arrestare la spirale in discesa dei prezzi dei vini delle AOC Bordeaux e Bordeaux Supérieur.


Accette e mattoni: quando il gioco si fa duro

I nostri cugini sono però persone con poca pazienza, e soprattutto (Zidane insegna) passano per le vie di fatto: da proteste stile "Amici miei", quando venne murato nottetempo con mattoni l'ingresso del consiglio interprofessionale dei vini di Bordeaux, l'escalation ha portato ad atti più estremi, come l'abbattimento di parte del vigneto in una delle molte proprietà di André Lurton, personaggio di spicco nel panorama vitivinicolo francese e mondiale - uno di quelli dinamici e che hanno proprietà a destra e sinistra - e per questo inviso alle frange massimaliste della protesta. In una seconda occasione, però, ci ha rimesso il proprietario di Château Smith-Haut-Lafitte, André Cathiard, il cui vigneto danneggiato risultava essere confinante con quello di Lurton. Qui, piuttosto che di "Amici miei" si potrebbe fare riferimento a Mr. Bean.
Si è fatto anche di più nel "caliente" sud della Francia, il cosiddetto Midi, altra area in forte crisi in cui la gente è scesa più volte per le strade mettendole a ferro e fuoco. Qui la situazione era e resta difficile, e difficilmente si potrà venirne a capo dall'oggi al domani perché si tratta di mettere mano a un'impostazione sia mentale che produttiva che, dalla perdita delle colonie africane in poi, è stata basata sulla produzione di vino di scarsa qualità in grandi quantità.


Un'isola felice

Esiste però una realtà di quelle da grandi volumi e ancor più grande notorietà in cui le cose stanno filando a meraviglia: la Champagne. Il mercato tira ancora infatti da matti per le bollicine più famose del mondo, e questo fattore permette di sostenere dei prezzi delle uve - in crescita costante dal 1993 fino ai 4,45 euro al kg (si, avete letto bene) con tutta soddisfazione per i viticoltori. Visto ciò non chiedetevi più come mai il prezzo base degli Champagne sia normalmente piuttosto elevato.
La prosperità della zona è anche dovuta alle sue regole militari: nonostante la domanda sia sempre sostenuta, infatti, l'offerta resta blindata, con effetti benefici sul sostegno al prezzo del prodotto finale. In pratica, nonostante le ripetute richieste di alcuni che pensano di essere degli speculatori furbi, il vigneto non si espande. Inoltre, il 90% del vigneto è nelle mani dei "vigneron", i quali detengono di fatto il coltello intero, non solo la parte del manico. In realtà il sistema Champagne ha un doppio motore, formato dalle "maison", che investono tanti soldini in promozione mantenendo l'immagine del prodotto a livelli altissimi, e i "vigneron", che fanno la loro parte producendo uva e torchiando le maison.
Forse non tutti sanno che gran parte dei marchi di Champagne che spopolano per il mondo intero hanno alle spalle una cooperativa o un unico proprietario, come per Möet & Chandon, Mercier, Ruinart, Veuve Cliquot e Krug, la cui proprietà è nelle mani della Möet Hennessy LVMH.


Continuiamo così, facciamoci del male...

C'è altro? Ce ne sarebbe molto e molto altro. Si potrebbe parlare delle misure draconiane che hanno colpito la pubblicità del vino, costringendo tutti a fare grandi sforzi di immaginazione per evocare l'immagine del prodotto senza farlo vedere; oppure dell'idea meravigliosa di progettare un'autostrada che lambirebbe alcuni vigneti dell'AOC Margaux; ma anche del turbinio di compravendite delle proprietà nel bordolese; per non parlare dei consumi interni in picchiata, complici anche delle malaccorte campagne di lotta al consumo di bevande alcoliche che hanno fatto poca distinzione tra il consumo moderato e l'alcolismo. In quest'ultimo caso la logica sfugge davvero, visto che vino e formaggio rappresentano degli autentici portabandiera della "francesità" nel mondo: a parte il paradosso relativo alla sconfessione di fatto del "Paradosso francese" (studio statunitense sulle proprietà salutistiche del consumo moderato di vino), sarebbe come se il governo Svizzero cominciasse a sottoporre i propri connazionali a una ferrea campagna di moralizzazione sul consumo di cioccolato. E sempre restando in questo argomento, fa sensazione la notizia secondo la quale il "Sottoprefetto" del Dipartimento della Mosella, fermato da un agente per farlo soffiare nel palloncino, si sia rifiutato di sottoporsi all'esame apostrofando duramente il suo sottoposto reo di fare solo il proprio dovere.
Tutto questo interseca un export in picchiata negli ultimi anni e che solo negli ultimi mesi sta riuscendo a invertire la tendenza.
Insomma, il mito continua a resistere, ma le sue fondamenta scricchiolano: e quest'anno saranno rese ancora più scricchiolanti da una vendemmia da ben 54 milioni di ettolitri.


P.S. :
Per gli amanti della Borgogna consiglio vivamente di recarsi a Beaune nel terzo fine settimana di novembre, ma non per l'asta degli Hospices e neppure per la mezza maratona: qui gli appassionati di strutture tanniche fini, mineralità e sentori di ciliegia e lampone potranno scontrarsi duramente con la realtà della Borgogna media nell'ambito della degustazione presso il Palais des Congrès. Prego vivamente chi ci andasse di contattarmi e riportarmi le proprie opinioni in merito. In fondo, come mi hanno spiegato, Digione si trova a mezza strada tra Parigi e il mare...

Letto 8265 voltePermalink[0] commenti

0 Commenti

Inserisci commento

Per inserire commenti è necessario essere registrati ed aver eseguito il login.

Se non sei ancora registrato, clicca qui.
PUBBLICITÀ

Riccardo Modesti

Riccardo Modesti

 Sito web
 e-mail

Sono nato nel 1967 a Milano e fino a qualche anno fa ho fatto il tecnico informatico: dopo una quindicina d'anni davanti a un monitor ho cominciato...

Leggi tutto...

Archivio Risorse Interagisci

 feed rss area vino

PUBBLICITÀ

Ultimi Commenti