Molte volte capita di assaggiare, apprezzare un prodotto, ma non conoscerne a pieno le sue potenzialità. Mi è capitato con il Montasio, uno dei miei formaggi preferiti fra gli stagionati, del quale ho avuto modo di capirne ulteriormente le potenzialità poche settimane fa: ho assaggiato una forma di 30 mesi…ma prima di parlare delle grandi sensazioni che un prodotto del genere può trasmettere, conosciamolo meglio. Il Montasio Dop, é un formaggio storico, le sue origini risalgono al 1200, pare che il primo a realizzarlo sia stato un monaco dell’abbazia di Moggio Udinese, perfezionando la tecnologia casearia in uso ancora oggi.
L’origine della lavorazione deriva da quella già usata nelle malghe della zona, e qui venne affinata per ottenere i migliori risultati. La diffusione di quella tecnica di lavorazione si diffuse ben presto nelle vallate del Friuli Venezia Giulia e della Carnia. I più antichi documenti ad oggi noti che riportano la dicitura Montasio, risalgono al 1775 e sono i prezziari della città di S. Daniele, che stabiliscono il prezzo, a volte anche del 50% superiore ad altri formaggi.
Da allora il nome Montasio, sinonimo di qualità, è sempre stato menzionato nei documenti mercantili dell’epoca nell’Italia del nord est, anche grazie alla sua diffusione e all’aumento dei volumi prodotti con l’avvento delle fattorie ternarie.
Attualmente la zona di produzione è così delimitata: in Veneto, parzialmente nelle province di Venezia e Padova e in tutta l’estensione delle province di Treviso e Belluno, nel Friuli Venezia Giulia, a Gorizia, Pordenone, Trieste e Udine.
La tecnica di lavorazione, come abbiamo accennato, può considerarsi praticamente immutata, il latte viene trasformato nel pieno rispetto della materia prima, cercando di conservare il corredo aromatico e batterico che la natura gli conferisce. Viene quindi utilizzato latte crudo, di due mungiture separate; la serale può subire una parziale scrematura prima di essere unita a quella del mattino seguente, che in caldaia vengono addizionate con lattoinnesto naturale autoctono.
Il latte viene rialzato alla temperatura di 33°c +/- 1, di seguito avviene tramite l’aggiunta di caglio di vitello.
La coagulazione avviene in circa 25’, la cagliata viene tagliata con la lira alla grandezza del chicco di riso e si procede al riscaldo della massa, fino al raggiungimento della temperatura massima di 46°c. La movimentazione della massa caseinica dura circa mezz’ora; questo consente una corretta sineresi anche dal chicco di cagliata che, contenendo meno umidità potrà consentire al formaggio di affrontare una stagionatura prolungata. Dopo una breve pausa, la cagliata si estrae dalla caldaia con teli e viene posta nelle fascere.
Qui, viene apposto il marchio Montasio, inclinato sullo scalzo con una scritta dritta alternata ad una capovolta, viene apposta anche la data di produzione e il casello di provenienza al fine di avere una chiara tracciabilità del prodotto. Si procede quindi a pressatura per l’eliminazione del restante siero, dopo una giornata, la formatura è completa e le forme passano alla fase di salatura che avviene in salamoia ed ha una durata di circa due giorni.
La forma di Montasio, viene quindi estratta, asciugata, e nuovamente salata a secco prima di essere posta nei locali di stagionatura, dove viene periodicamente rivoltata e curata fino al completamento della stagionatura prevista.
Il Montasio Dop si trova in commercio nelle seguenti tipologie:
Fresco con più di due mesi di stagionatura
Semistagionato con più di 4 mesi
Stagionato con più di 10 mesi
Stravecchio con più di 18 mesi
L’aspetto è con forma cilindrica, facce piane, scalzo dritto con impressa la scritta Montasio inclinata e alternata dritta – capovolta, come abbiamo già accennato.
Dop i 100 giorni di stagionatura, sulle forme che risultano prive di difetti, la commissione del Consorzio di tutela del Montasio Dop, imprime a fuoco il marchio di qualità.
La forma che ho degustato, ha una stagionatura di 30 mesi, la crosta è secca, asciutta, colore giallo paglierino intenso, con sfumature nocciola. Le facce sono lisce, lucide, il nostro campione viene rotto a scaglie. La pasta è colore giallo paglierino intenso, assoluta assenza di occhiature, compatta, con la tendenza alla rottura a scaglia, friabile. I profumi sono di burro, fiori secchi, frutta secca.
Intensità e persistenza del prodotto sono davvero uniche, gli aromi sono di noce, burro fuso, fieno, anche una leggera percezione di crema.
In bocca la struttura è compatta, leggermente friabile, abbastanza solubile, lascia una sensazione termica ed una delicata vena tendente al piccante. In alcuni punti si sente lo sviluppo dei cristalli di tirosina, sinonimo di qualità, che in questo caso si presentano finissimi. La cosa più entusiasmante è la grande ampiezza aromatica di sensazioni, e la persistenza degli stessi impossibili da riportare.
La delicatezza degli aromi, è affiancata ad un intensità a volte inusuale per prodotti che hanno uno spettro così ampio completato da un grande equilibrio.
Posso affermare senza ombra di dubbio che il Montasio Dop 30 mesi da me degustato, come i grandi vecchi, ha acquisito saggezza dall’invecchiamento.
Certamente può essere utilizzato in gastronomia, ma personalmente preferisco degustarlo singolarmente, dando libero sfogo alla sua personalità.
Ho avuto occasione di abbinarlo, a diversi tipi di Ramandolo Docg, un abbinamento territoriale di altissimo livello, dove la personalità del formaggio è sempre spiccata e ha dimostrato la sua versatilità. Gli abbinamenti più equilibrati, non solo a mio giudizio stavolta, ma anche di diversi colleghi sommelier Ais, sono risultati con i Ramandolo Docg delle aziende Favite e Feudo dei Gelsi di Nimis Ud, stimolando in entrambe i prodotti percezioni sensoriali complesse e singolari.
Note:
Campione gentilmente fornito dal Consorzio del Montasio Dop
Foto dell’autore
Per approfondire la mia passione e le mie conoscenze, nei primi anni ’90 ho seguito il corso e conseguito la qualifica di Assaggiatore di Vino...
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