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Formaggi d'Italia e del mondo

Spressa delle Giudicarie

di Riccardo Collu

MappaArticolo georeferenziato

La Spressa delle Giudicarie si potrebbe per assurdo definire un prodotto secondario, in passato era difatti ottenuta dal latte meticolosamente scremato per ottenere la maggior quantità possibile di burro che rappresentava moneta contante per gli scambi, il formaggio veniva utilizzato in famiglia.
In malga, invece, veniva prodotto un formaggio tendenzialmente più grasso che era ben accetto nei baratti locali.

Agli inizi del XIX secolo, l'aggregazione fra produttori agricoli diede origine ai primi caseifici per la produzione di Spressa, le cui caratteristiche peculiari sono sostanzialmente rimaste invariate fino ad oggi consentendo a questo prodotto di ottenere il riconoscimento D.o.p. con la pubblicazione del regolamento CE n°2275 del 22 dicembre 2003.

La produzione dell'antica malga di allora è praticamente scomparsa, divenendo oramai un prodotto superstite nella memoria delle poche famiglie che ancora lo realizzano per il consumo personale.
L'attuale area di produzione della Spressa è delimitata all'interno della provincia di Trento, e comprende le Valli Giudicarie, Rendena, di Lendro e del Chiese, fino alla Cima Presanella di 3358 mt. Il territorio è costituito da prato stabile con prevalenza di graminacee, il clima Alpino - Montano.
Il formaggio deve essere realizzato esclusivamente con latte proveniente da bovini della razza autoctona Rendena o Bruna, Grigio Alpina, Frisona, Pezzata rossa, alimentate col foraggio dei pascoli autorizzati.
La trasformazione del latte deve avvenire esclusivamente in caseifici all'interno della zona di produzione e nel periodo dal 10 settembre al 30 giugno : sono così escluse sia la produzione da latte di alpeggio che il formaggio di malga.

Il formaggio è realizzato da latte crudo, scremato per affioramento, la termizzazione è consentita solo per la quantità impiegata per la preparazione del latte - innesto naturale - questo verrà in seguito aggiunto al latte riscaldato per acidificarlo prima dell'introduzione del caglio.
La coagulazione si ottiene dopo 20 - 50 minuti ad una temperatura di 35 - 37°c, in seguito la cagliata viene rotta con lo spino alle dimensioni di un chicco di riso e nuovamente riscaldata alla temperatura di circa 42°c per un massimo di 30' tenendola in agitazione.
Dopo circa un ora viene effettuata l'estrazione dal siero e la posa nelle fascere che sosteranno per altre 24 ore in zona di pre-salatura, questa può essere effettuata a secco e dura da 8 a 12 gg. o in salamoia e varia da 4 a 6 gg.

La stagionatura avviene in locali a temperatura da 10 a 20°c e umidità dall' 80 al 90%. La durata della stagionatura varia da un minimo di 3 mesi per la tipologia giovane ad un minimo di 6 mesi per lo stagionato.
Il prodotto finito si presenta con forma cilindrica a facce piane di circa 30 - 35 cm di diametro, scalzo diritto leggermente convesso di 8 -11 cm di altezza e peso complessivo da 7 a 10 kg.
La crosta, di colore variabile dipendente dalla stagionatura, va dal grigio bruno all'ocra scuro, la pasta compatta di colore bianco o giallo paglierino con presenza di occhiature irregolari per dimensioni e distribuzione nella pasta, all'olfatto sentori di latte, burro, fieno maturo.
La tessitura della pasta è elastica, abbastanza adesiva al palato, abbastanza solubile, sapida con piacevole retrogusto amaro.

Nel prodotto stagionato, ritroviamo un profilo sensoriale più accentuato che rende ancor più interessante l'assaggio, consigliandone l'utilizzo in piatti della cucina locale, ai quali è in grado di conferire una marcata tipicità.

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Per approfondire la mia passione e le mie conoscenze, nei primi anni ’90 ho seguito il corso e conseguito la qualifica di Assaggiatore di Vino...

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