La Chicherina
Dalla passione di un casaro nasce questo prodotto, con un indiscusso legame territoriale.
Il nome Cicherina, deriva dal Val Cichero, sita sulle alture di Carasco procedendo da Chiavari o Lavagna in direzione della Val d’Aveto, nell’entroterra della Provincia di Genova.
Il territorio si può definire ancora incontaminato, da qui proviene il latte che viene usato per la formaggetta che abbiamo degustato.
Il latte , vaccino intero, viene pastorizzato, innestato con fermenti mesofili e aggiunto di penicillium candidum.
Viene poi di seguito aggiunto di caglio d’agnello in pasta e la coagulazione avviene in 50’.
La cagliata, dopo la rottura in due tempi e una breve maturazione in caldaia sotto siero, viene estratta manualmente, posta nelle fascere, dove drena naturalmente.
Nelle successive ore le fascere vengono rabboccate e poste in stufatura.
Questa fase è quella che conferisce al formaggio la cremosità della pasta.
Si passa nelle ore successive alla salatura a secco, alla lavatura e all’asciugatura.
Le forme così trattate vengono poste a stagionare in ambiente a temperatura controllata fino alla fioritura del penicillium.
Ormai pronto il formaggio viene fasciato singolarmente con pellicola trasparente e posto sul banco di vendita.
Le forme si presentano cilindriche irregolari con facce leggermente convesse e scalzo molto concavo.
Le dimensioni sono circa di 12 cm di diametro e 6.5 di altezza nella forma che ho esaminato e la produzione rispecchia in linea di massima questa pezzatura.
La crosta, edibile, é ricoperta del penicillium ha quindi colore bianco, abbastanza regolare, con uno spessore di circa 1 mm, la pasta è colore avorio, cremosa, con rare occhiature di media grandezza, dimensioni medie, e forma irregolare.
I sentori olfattivi sono fungini in prevalenza, sentori lattici, e altri vegetali che possono ricondurre al luppolo.
Al palato la struttura è mediamente adesiva, grassa, fondente, abbastanza solubile, di sapore sapido, dolce, di buona persistenza gusto – olfattiva.
Gli aromi ripropongono le sensazioni fungine e di sottobosco assieme ad un aspetto cremoso e ad una persistenza ed intensità davvero interessanti.
Il modo migliore di gustare questo formaggio è assieme ad un pane di segale, e un vino rosso di buona struttura che possa sgrassare e contrastare gli aromi di sottobosco quindi con una media alcolicità.
Personalmente ho trovato interessante l’abbinamento con un Barco Reale dell’ultima annata della Tenuta di Capezzana di Carmignano SI.
Se poi si vuole sperimentare come il sottoscritto, si può provare a degustare il formaggio con un whisky scozzese single malt opportunamente addizionato di acqua, la cui torbatura così alleggerita lega molto con le sensazioni di fungo e sottobosco del formaggio.
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Foto dell’autore
Il campione per la degustazione è stato fornito da “Il Caseificio” di Davide Cogorno a Carasco.
Per approfondire la mia passione e le mie conoscenze, nei primi anni ’90 ho seguito il corso e conseguito la qualifica di Assaggiatore di Vino...
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