Nel mondo caseario esistono molti prodotti che non sono formaggi “puri”, ma possono essere considerati quasi come l’unione di diverse tipologie di latticini; è il caso del Cacioricotta, prodotto diffuso in Campania, Puglia e regioni confinanti. Già il nome, spiega parzialmente cosa può essere questo prodotto; sia cacio che ricotta. Chi conosce le tecniche di caseificazione, sa che la ricotta si ricava dal siero ottenuto dalla lavorazione del formaggio. Verrebbe da pensare, che semplicemente, dopo il formaggio, si ottiene la ricotta, si mischiano i due impasti e si crea così il cacioricotta. Nulla di più errato. La differenza di impasto non legherebbe, non si riuscirebbe a creare una forma e il prodotto andrebbe perso.
Non avrebbe senso spurgare la cagliata e reintrodurre parte del siero sotto forma di ricotta. Da ciò si deduce che la tecnologia casearia, ha qualcosa del quale fino ad oggi non abbiamo parlato.
Riflettiamo ed applichiamo la logica: un cacio, coagula a 37°c circa, dopo viene rotta la cagliata e il massimo del riscaldo arriva a 57° per le paste cotte. Per la ricotta, si acidifica il siero e riscalda fino a 90° quindi viene a galla il prodotto. La soluzione che spontaneamente viene da pensare è di ricavare il formaggio, far acidificare il siero e riscaldare per produrre la ricotta. Di seguito, svuotare la caldaia e trasferire il prodotto nelle forme.
Teoricamente è fattibile, ma se avviene il riscaldo della massa dopo la rottura della cagliata e l’acidificazione del siero avviene in caldaia, automaticamente si acidifica anche la pasta. Esistono pertanto tutti i presupposti per creare un formaggio a pasta filata. Questo metodo quindi non è corretto. Verrà usata una diversa tecnologia.
Il latte, appena posto nella caldaia, viene innalzato alla temperatura di 90° e tenuto per alcuni minuti.
Viene abbassata velocemente la temperatura, fino a circa 38 – 40° tenendolo in agitazione e in questo momento della lavorazione è possibile aggiungere il caglio. Dopo 35 – 45 minuti il latte è coagulato.
La rottura della cagliata avviene con lo spino alla grandezza del chicco di grano. Dopo una breve sosta nel siero, si esegue una parziale sgrondatura e di seguito si riempono le fuscelle per immersione.
Nelle ore successive, vengono eseguiti vari rivoltamenti nelle fuscelle, con frequenza sempre minore.
Dopo circa due giorni si possono estrarre e salare a secco, dopo la salatura le forme vengono coperte e trasferite in luogo areato, la cura per il prodotto deve essere quotidiana. Passati almeno 10 giorni da questo momento il cacioricotta è pronto per il consumo. Questa tecnologia casearia è denominata coagulazione termico – presamica.
Il campione in degustazione è da latte misto vaccino e caprino, forma cilindrica facce piane scalzo dritto, privo di crosta. Si notano le pieghe e le piccole deformazioni dovute al confezionamento sotto vuoto.
Il colore è bianco panna, omogeneo, privo di crosta, pasta compatta, uniforme senza presenza di occhiature. I profumi ricordano il latte, lo yogurth, e si percepisce una leggerissima nota di selvatico data dal latte caprino.
In bocca è leggermente salato, friabile, asciutto, diventa granoso ed è comunque facilmente ingeribile.
gli aromi sono primari: latte yogurth burro una leggera nota erbacea e la punta di ircino appena percettibile. Abbastanza intenso e abbastanza persistente, equilibrato ma con poca complessità.
Un prodotto interessante, personale, da consumare con vino bianco e grissini in uno spuntino pomeridiano o come piatto di apertura in un fresco menù estivo.
Per approfondire la mia passione e le mie conoscenze, nei primi anni ’90 ho seguito il corso e conseguito la qualifica di Assaggiatore di Vino...
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