Quando parliamo di formaggi Liguri, il San Stè è sempre chiamato in causa, questo prodotto da lunga data è presente nel paniere dei prodotti d’eccellenza della regione.
Nella Val d’Aveto da sempre si produce formaggio di qualità, lo ricordano anche gli anziani che si recavano nelle Valli Sturla e Aveto per lavori stagionali di agricoltura.
Ma con il tempo, essendo la valle un passaggio obbligato per chi si recava nel Piacentino, a volte i formaggi disponibili erano quelli frutto del baratto dei viandanti e non sempre di provenienza locale. Con il tempo e l’abbandono delle campagne molte cose sono cambiate, ma alcuni ancora producono formaggio.
Ma se oggi il formaggio di Santo Stefano è famoso gran parte del merito va al Caseificio Val d’Aveto, fondato a Rezzoaglio nel 1991 e che da subito ha cercato di ridare identità al formaggio locale.
Oggi, 15 anni dopo possiamo essere testimoni del suo successo, il merito è anche di una filosofia forse discussa nei primi anni ’90 ma che oltre a recuperare una tradizione, ha consentito di creare lavoro ai residenti, un indotto di fornitori e conferitori di latte, e una conseguente salvaguardia dell’ambiente necessaria alla filiera.
Si è quindi creato uno stretto legame territoriale fra il Caseificio e il territorio testimoniato anche dal nome scelto per il prodotto di punta: San Stè
La zona di produzione del latte è quello del parco dell’Aveto: circa 10000 ettari compresi fra Santo Stefano d’Aveto, Borzonasca, Rezzoaglio, Mezzanego, Né ai quali è stata recentemente assegnata la certificazione ambientale ISO 14001.
I bovini che lo producono sono di razza Bruna alpina e alcuni di pezzata rossa.
In questa parte di Liguria possono ritenersi fortunati, possono usufruire dei pascoli che in questa regione sono rarissimi data la pendenza dei prati.
L’alimentazione è foraggio verde, erbai, fieno, locali conservati anche per l’inverno e l’integrazione con cereali per tutte le stagioni.
La tecnica di produzione prevede l’uso del latte crudo ed intero, alla temperatura di 35°c viene addizionato con caglio di vitello in pasta o in polvere e giunge a coagulazione dopo circa 30’.
La cagliata viene rotta alla grandezza del chicco di riso, assemblata con la schiumarola ed estratta mediante telo.
Di seguito viene deposta sui tavoli di lavorazione, un'ulteriore separazione dei coaguli viene eseguita manualmente poi, come da tradizione, viene aggiunto sale grosso e la cagliata schiacciata per favorire la fuoriuscita del siero.
Successivamente è posta nelle fascere che vengono torchiate e rivoltate per 48 ore dopo di che hanno una breve sosta prima della salatura.
A questo punto della lavorazione viene impressa sullo scalzo del formaggio la scritta San Stè tramite una banda di teflon punzonata.
Si procede alla salatura a bagno di salamoia per 48 ore, dopo le forme vengono estratte, asciugate e poste su assi di legno nei locali di stagionatura.
La cura per il formaggio continua con rivoltamenti, periodiche oliature con olio d’oliva e conservazione ad umidità e temperatura controllata.
I locali non sono ventilati, come insegnano le tradizioni locali che riponevano i formaggi in luogo umido della casa e le mura spesse delle costruzioni locali non consentivano sbalzi termici.
La stagionatura dura minimo 60 giorni, per protrarsi a sei e otto mesi minimo per le tipologie semi stagionato e stagionato.
Il prodotto finito si presenta con forma cilindrica facce piane scalzo dritto con impressa la scritta San Stè.
La crosta varia dal colore giallo paglierino intenso per il 4 mesi, ad un nocciola tenue per il più stagionato di 8 mesi, lo spessore di circa 2 millimetri, regolare, elastica, edibile.
La pasta, nel 4 mesi è color avorio, per divenire giallo intenso con la stagionatura, si presenta elastica, con occhiature fini, fitte, regolari come dimensioni e distribuzione.
L'elasticità presente in gioventù, con la stagionatura diminuisce sensibilmente: in prodotti di oltre 8 mesi la flessibilità e decisamente inferiore anche se non si arriva mai alla frattura netta.
Nel giovane, i profumi, sono lattici con richiami alla panna, vegetali di erba fresca e un leggero sentore di selvatico.
La struttura in bocca, è elastica, abbastanza umida, quasi fondente, mediamente solubile, grumosa.
Gli aromi riconducono alle sensazioni dirette, latte, yogurth, erba umida e il selvatico che lo caratterizza senza essere invadente.
I sapori sono davvero particolari, acido e tendenza dolce si alternano delicatamente, una lieve sapidità verso il sottocrosta.
Le sensazioni sono mediamente intense e persistenti con presenza della tipica vena amarognola che è sinonimo di originalità dei formaggi della zona.
Il San Stè giovane è un ottimo prodotto consumato da solo, particolarmente adatto a chi ama i formaggi giovani e teneri con una spiccata personalità.
Perfetto per uno spuntino pomeridiano, nei toast, come accompagnamento ad aperitivi, nelle insalate di riso.
Interessante riscaldato alla piastra come il Raclette o fuso per condire degli gnocchi, meglio se realizzati con le patate quarantine della Val Graveglia.
Le sensazioni gustative degli stagionati, sono la naturale evoluzione di alcune di queste percezioni ma le impressioni finali, sopratutto nel formaggio di oltre 8 mesi è quasi quella di trovarsi davanti ad un altro prodotto.
Le altre due stagionature sono contraddistinte in etichetta dalla fascia argento per il 6 mesi e la fascia dorata per l’8 mesi.
La pasta con la stagionatura, rende le occhiature sempre meno percettibili, nell’8 mesi hanno la grandezza a capocchia di spillo.
I profumi sono evoluti, panna, crema, fieno, frutta secca.
La struttura è flessibile non più elastica, i sapori sono sapido e appena una presenza della tendenza dolce e piccante.
La tipica vena amarognola è solo un leggero ricordo, gli aromi, amplificano la frutta secca e rivelano una punta di selvatico che impreziosisce le sensazioni generali.
Intenso e persistente con un buon equilibrio finale.
Possiamo praticamente parlare di tre formaggi diversi considerate le diversità che imprime la stagionatura, ma tutti sono ottimi componenti del plateau, insostituibili per caratterizzare la cucina locale ma dotati di spiccate caratteristiche da essere anche gustati singolarmente, l’extra in particolare, fascia dorata, è ottimo solista, magari accompagnato da un buon bicchiere di rosso del Golfo del Tigullio.
Sicuramente, con un boccone di San Stè, sarà anche più facile ricordare gli incantevoli posti dove nasce, che sono pronti ad accogliervi anche d’inverno sui rinnovati impianti sciistici.
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Fotografia gentilmente concessa dal Caseificio Val d'Aveto
Per approfondire la mia passione e le mie conoscenze, nei primi anni ’90 ho seguito il corso e conseguito la qualifica di Assaggiatore di Vino...
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