Il Piacentinu è un formaggio profondamente radicato con il suo paese d’origine Enna, il nome ha varie ipotesi sulla derivazione, proveniente da Piacenza per la tipologia della pasta soda che potrebbe essere appunto da li originaria, da Piacente ovvero che piace o da Piagentinu o pianto derivato dalla lacrima che le forme di questo formaggio essendo a pasta grassa farebbero dopo il taglio.
La zona di produzione è compresa come da tradizione nella provincia di Enna il periodo di produzione và da ottobre a giugno con delle punte di eccellenza per il prodotto da marzo a maggio con latte provenente da capi alimentati prevalentemente a veccia, un erba infestante presente i grande quantità nei pascoli.
La tecnica di caseificazione vuole che il latte ovino appena munto venga addizionato di caglio di agnello o capretto in pasta e riscaldato nelle quadare a circa 36°c.
Dopo che la massa ha coagulato viene rotta con la ruotola alle dimensioni del chicco di riso, riscaldata con aggiunta di acqua calda a 60°c in quantità del 10% in proporzione alla quantità del latte.
La lacciata, ovvero la massa riposa per circa 15’ , separata dal siero, aggiunta di pepe nero e zafferano è spurgata per circa un’ora, quindi raccolta nei cestini di giunco, introdotta nuovamente nel siero ancora tiepido e lasciata a raffreddare.
Nella nostra forma si nota dalle foto, che il pepe e la cagliata si alternano quasi a strati regolari, probabilmente perché sono stati uniti alternandoli appunto nel momento di riempire le fascere.
La maturazione avviene in circa una settimana durante la quale le forme vengono rivoltate e salate a secco.
La stagionatura può durare da 30 a 90 gg con periodici rivoltamenti e salature.
Il Piacentinu si presenta cilindrico diametro 35 – 40 cm facce leggermente concave, lo scalzo leggermente bombato di altezza 25 cm circa il peso varia da 6 a 12 kg.
La crosta è morbida, con il segno del giunco delle forme, colore giallo, la pasta è compatta di colore giallo con la presenza di chicchi di pepe nero nell’impasto.
In molte delle lavorazioni tradizionali, le fascere di giunco sono state sostituite con quelle in plastica che ne riprendono la trama, non è il nostro caso, nella crosta si notano ancora piccole pagliuzze a testimoniare il mantenimento della tradizione originale.
Il sapore prevalente è lo zafferano, ma non è stucchevole e non soffoca le sensazioni di burro e lontanamente di erbe, pepe, che danno piacevolezza al sapore inconfondibile di questo formaggio.
La pasta compatta, leggermente friabile, unta, sezionandola dopo pochi minuti compare la lacrima, il pianto che è tipico di questo formaggio come sopra detto.
Con la stagionatura il sapore diventa più deciso, una vena di piccante assieme ad una piacevolissima sapidità, oltre allla spaziatura di zafferano e pepe compaiono sentori di noce ma soprattutto acquisisce una maturità e un armonia che accorda le eventuali disarmonie gustative di gioventù.
Particolari sapori sono conferiti ai piatti che lo vedono come ingrediente essenziale, usato anche come impanatura delle carni, per insaporire paste o servito da solo.
In abbinamento a questo formaggio, per equilibrare la sua speziatura, la persistenza, l’intensità gusto olfattiva e la grassezza del latte ovino è necessario un vino che sia tannico, alcolico, con una discreta freschezza ma naturalmente di corpo per essere in equilibrio con le sensazioni del formaggio.
Ho personalmente ritrovato queste caratteristiche in un abbinamento territoriale:
Il Montenero 2006 dell’Abbazia di Sant’Anastasia, un taglio di Nero d’Avola al 60% con Merlot e Cabernet Sauvignon in parti uguali.
Le sensazioni di frutta rossa, non opacizzate dalla morbidezza del legno, assieme al corpo e alla persistenza gustativa coadiuvati dalla morbidezza e alla sensazione termica dei 14,5° del vino sono una delizia per il nostro palato.
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Fotografia dell’autore
Per approfondire la mia passione e le mie conoscenze, nei primi anni ’90 ho seguito il corso e conseguito la qualifica di Assaggiatore di Vino...
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