A bocca piena non si parla, ma fra un boccone e l'altro … altrimenti che senso avrebbe il "convivio"?
Quel condividere che raggiunge il suo apice nel mangiare insieme trasformando così un gesto puramente naturale (alimentarsi per vivere) in un fatto culturale, con chiara valenza sociale, economica, di appartenenza a precise identità etniche. La pasta per noi italiani è non solo un meraviglioso, versatile alimento ma l'affermazione della nostra ben precisa identità culturale, inequivocabile segno identificativo - distintivo.
E allora … pensate ad una pentola che bolle, ad un sugo che aspetta … alla pasta che sta per essere versata … fra un po’ gusterete !! … quali profonde e complesse sensazioni provate ? … non solo golosità! per molti il ricordo di madri o nonne che la domenica mattina si armavano di tanta pazienza, farina, uova e mattarello e tiravano la sfoglia - grande gesto d'amore - e poi all'ora di pranzo, meraviglia !maccheroni (magari all'anatra, d'obbligo il 25 luglio a Pistoia per S.Jacopo) o pappardelle o tagliatelle (a seconda della pezzatura) o quei gentilissimi "capelli d'angelo" serviti in brodo, per rinfrescare le gole secche dalla polvere a tempo di mietitura o i ravioli dei pastori (ripieni di ricotta ed erbette di campo come regola).
Questa è la "vocazione pastaiola pistoiese". Massaie, donne di famiglia che dedicavano faticosamente (qualcuna esiste ancora da noi e comunque c'è la certezza della pasta buona fatta come una volta) tanto tempo a quest'arte per lo più tramandata di madre in figlia. I piatti a base di pasta della tradizione, della memoria pistoiese sono legati alla pasta spianata e quindi fresca, con o senza uova (una volta ognuna adoperava le uova del proprio pollaio) con o senza latte a seconda delle finalità. Trova ovviamente spazio anche la pasta secca, basta pensare ad un altro piatto della nostra tradizione che vede in uso pasta corta (la famosa pasta e ceci e/o fagioli). Tante cose ci sarebbero da dire sulla pasta fresca e secca.
Il cammino di ambedue, nella storia dell'uomo, corre di pari passo. E tanto per riaffermare che noi mangiamo per lo più etrusco - va detto che già nel IV secolo a.C., gli etruschi preparavano la sfoglia, anche se, mai ci è dato sapere se per fare pasta o pane, ma cero è che dai bassorilievi e affreschi delle necropoli di Cerveteri si evince tale certezza: facevano la sfoglia. I romani mangiavano "laganum" (ed anche oggi questa parola identifica forme di pasta in dialetti del centro-sud d'Italia). Aristofane nel descrivere banchetti, ricorda quello che un piccolo sacco di pasta avvolge ... è l'antenato del raviolo e/o del tortellino ? Trimalcione (personaggio del Satiricon di Petronio) durante un banchetto mangia sfoglia condita a strati con il "garum" (antenato delle lasagne ?).
La sfoglia sotto forma di lasagne ebbe un successo durevole nei secoli. Fin quando verso la fine del '300 arriva il "torteleto" progenitore del tortellino. La cui paternità fu attribuita dall'ing. Ceri, di origine toscana, ad un fantomatico oste di Castelfranco Emilia, il quale avrebbe voluto così emulare l'ombelico di Venere, per mettere pace fra Bologna e Modena. La pasta sfoglia raggiunse il massimo, per quanto attiene, a creatività culinaria nel XVI secolo grazie a Messisburgo, direttore di Mensa alla Corte d'Este; dopo di lui altri: Scappi, Stefani e altri, si prodigarono in consigli e ricette circa la pasta sfoglia. La pasta secca di diverso utilizzo ed ottenuta da grano duro e senza uovo compare in Italia verso la fine del IX secolo precisamente in Sicilia, colonizzata dagli Arabi; a farla incontrare con il pomodoro, sembra siano stati per primi i facchini del porto di Trapani.
La valenza simbolica della pasta (come la maggior parte dei cibi della storia) ha trovato ampio spazio nell'ambito artistico come forma espressiva di trasformazioni sociali. La troviamo protagonista delle illustrazioni del libro "Pinocchio delle Fate"; così come nel significativo film: "Misera e Nobiltà" con Totò, che mangia un gran piatto di spaghetti con le mani, ecc. la storia racconta di re, regine, personaggi del mondo dell'arte estremamente golosi di pasta, fra le più famose Caterina di Russia (1726-1796) pare ne mangiasse 4 bei piatti al di; Caterina de' Medici, ghiottissima non solo di cibreo, ma anche di "pezzole" o fagottini, antenati dei nostri grossi ravioli a forma di mezza luna e poi ancora Goldoni, Rossini, …
Pasta fresca, pasta secca, s'incontrano e scontrano continuamente nell'uso quotidiano corrente, con due grandi significative differenze: la prima deve essere consumata subito, la seconda può aspettare. Ma per entrambe vi sono alcuni piccoli segreti per gustarle al meglio e Pistoia ancora una volta si trova nelle prime posizioni. Perché ? importante è la cottura, non solo questione organolettica ma vera e propria cultura alimentare, e una perfetta cottura inizia dall'acqua (prodotto tipico naturale per eccellenza della nostra Provincia) e ovvio dalla qualità della pasta. Così per il pane, così per le zuppe per il brodo, ecco perché da noi sono così buoni ! L'acqua contribuisce a fare la differenza.
E la pentola … la scelta della sua dimensione dipende dalla quantità di pasta, buona norma considerare 1 litro di acqua per 1 etto di pasta. Riempita per tre quarti; con il brodo occorre meno liquido - 7 dl per 100 grammi di pasta. Lo stesso per preparare le verdure ed i legumi, con il brodo più denso è necessario aggiungere qualche mestolo di acqua o brodo, il liquido dovrà essere bollente, altrimenti la pasta diventa collosa. Ecco perché sarebbe meglio usare una pentola con doppio recipiente forato con il quale si scola rapidamente la pasta. In questo modo si semplifica la scolatura, e la temperatura di cottura nella doppia camera si mantiene sotto i 100 ° C, questa minore dilatazione della pasta tende a ridurre la perdita di amidi e glutine.
E' bene sapere che la pasta lunga non deve essere mai spezzata. Il sale si aggiunge a pentola a bollore, altrimenti ritarda l'ebollizione, formando una patina biancastra. La quantità è variabile ma dipende dal condimento e dai gusti personali. Una volta aggiunto il sale si dovrà attendere, che si sciolga. E' il momento di buttare la pasta, si dovrà considerare che con l'immersione la temperatura tenderà a diminuire, pertanto si dovrà avere una riserva di fiamma da usare. Per la pasta corta la tecnica è quella di tuffarla a pioggia, quella a matassine si immerge e si mescola perché non si incolli, la pasta lunga va allargata a ventaglio. Si dovrà mescolare e scolare un po’ durettina perché il calore continuerà a cuocerla per un poco, anche fuori dall'acqua.
La pasta "al dente" è più buona e digeribile. Da ricordare che durante la cottura non deve essere aggiunta acqua fredda. Il tempo della scolatura deve essere rapido per consentire il condimento veloce. Buona norma ottenere dalla scolatura una pasta scivolosa e non troppo asciutta. La pentola di oggi è la sintesi di una evoluzione che ha seguito il cambiamento delle fonti di calore e dei materiali nel tempo. Nel '600 il matematico francese Pierre de Fermat elaborò una legge secondo la quale … il fondo della pentola è spianato per aderire alla cucina e il diametro è uguale all'altezza.
Questa formula consente minore superficie con maggior volume. I contenitori da portare in tavola variano tra zuppiere, vassoi e piatti fondi. La forchetta è bene sapere che era sulla tavola dei romani, a tre punte. Importanti sono i valori nutrizionali della pasta. Infatti è considerata fondamentale per l'amido (fornisce gran parte delle calorie) che porta il glucosio, utile al funzionamento dei muscoli e del cervello, consentendo un fantastico apporto di proteine, vitamine e fibra. Si trovano carboidrati 70-75% (amido 72%, carboidrati 2,5-3%), proteine 10-13%, grassi 1%, fibra 3-6% ceneri fino a 1%, acqua 12%.
Se consideriamo 70 grammi di pasta secca, possiamo considerare una porzione dopo la cottura di 150/200 grammi che a secondo del tipo di pasta e senza condimento forniscono circa 250 calorie.
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