Soprattutto dai primi decenni del '500 presso le Corti italiane il mestiere di scalco, cuoco, trinciante s'investirono di sempre maggiore nobiltà; poiché il banchetto era l'attesa occasione per dimostrare ricchezza e potere del Principe. Tutto era proteso ad osannare la "sua" potenza politica - economica, tanto che scalchi, coppieri, trincianti erano scelti usualmente fra persone di rango.
Per l'enorme valore di rappresentanza rivestito dalla "tavola"; principi, laici ed ecclesiastici vezzeggiano i loro scalchi e pagano profumatamente i loro cuochi, fino ad arrivare a premiarli con il riconoscimento della "porpora". Scalco, coppiere, trinciante non si suol dar se non a persone molto nobili.
Fra tutti i manuali gastronomici del '500, il più completo sul tramandarci l'immagine di questo mondo banchettante e fastoso (con annotazioni non solo gastronomiche) è certamente i " Banchetti" (1549) opera di Cristoforo da Messisbugo, conte palatino, il quale prestò opera di amministratore e scalco alla corte Estense di Ferrara. Dalla lettura dei suoi "Banchetti" traspare evidente come anche il cuoco, uomo del rinascimento, si senta inquietamente nuovo, pronto a recepire e/o creare una cucina moderna che si adatta alla rinnovata domanda dei commensali.
E così nemmeno il cuoco preso dalla cultura umanista, sfugge alle suggestione del mondo antico. Dalla descrizione dei banchetti offertaci da Messisbugo appare inoltre evidente il particolare galateo della tavola cinquecentesca. Così ad esempio i "vecchi sapori" - zuccherini ecc. prendono forme di Bacco, Venere, ecc. All'epoca così vasto era l'interesse per l'arte culinaria con eccelsi nomi quali: Tiziano, Raffaello, il Veronese, ecc., rallegravano spesso i convivi con cibi di loro ricette.
La professione di cuoco ricevette una particolare illustrazione come scrive lo Speroni: "…il coco vuol essere temperato per non mangiare quel dei patroni, né del tutto lasciarlo intatto ma gustarlo: forte nell'aver animo in tagliar carne e pesci senza paura, e sostenere il fuoco della cucina: giusto non solamente in dividere ai conviventi le parti, ma i sapori alle carni che lor convengano e rostir quelle che sono da rostire, e lessare quelle che son da lessare. Prudente in metterle a tempo al fuoco, e non glie ne dare né troppo né poco; così lessare con acqua bastante, e secondo che disma il patrone e i compagni, far la cena diversa, con donne dilicata, con uomini robusta, con molti abbondante, con pochi sufficiente, Liberale, non avaro, né prodigo di spezie, di zuccaro di sale, di olio, d'aceto, d'agresto. Gagliardo nel saltare per tor giuso dalla scafa i piatti, e nel correre per torre alle gatte e ai cani la carne , nel lottere per contrastare coi famigli che non lo rubino, giocare di scrimia per manovrare le cazze, li schidoni, i lavezzi con grazia, le frissure, i osti, i dusi, e per guardarsi di non si tagiare le mani acconciando le carni. Attillando per non spiacere ai convitati vedndolo sporco, ne guardar con lo sporchezzo la carne bona da sé. Eloquente per difendersi se fosse accusato di mangiare i boni bocconi e di non cocere bene le vivande. Poeta per non cantar versi, e fuggire il fastidio e la fatica del cucinare. Geometra per eleggere li tondi e quadri più o men cupi secondo le vivande, e le torte, e altre gelatine e sapori. Aritmetico per numerare le sue pentole ed olle. Dipintore per ben colorire gli arrosti, e salse, e sapori … Il coco sa tutto quello che sannole donne del cucinare, il che è lor professione e di bellettarsi: chè egli belletta le minestre, le salse, i geli, i pasticci. E l'acconciare; quelle s'acconciano agli occhi, e basta acconciarsi alla superficie. Io acconcio al gusto; chè è bisogno acconciar il profondo del corpo della carne e del pesce: quelle la testa, io tutto il corpo; quelle a danno degli uomini, io ad utile: quelle per far lor gola di servirle, i io per trar loro la fame: e perciò mi odiano. E così vegno ad aver la virtù del cortigiano e della donna di palazzo".
L'opera di Messisbugo si colloca idealmente a metà strada fra i testi dell'inizio secolo, esempio Maestro Giovane, del Colle ecc. e il maturo magistero dello Scappi, Rossetti … Da un alto infatti le sue ricette risentono di echi talvolta medievali e dall'altro anticipa le tematiche dei grandi maestri della scuola romana che troveranno conferma negli anni avvenire se non addirittura nel secolo successivo.
Proviamo a gustarne alcune a cena, nell'età del Rinascimento:
La ricetta delle frittelle alla maresina è tipico piatto dolce-amaro delle alte valli vicentine, in particolare di Chiampo, Arzignano, e Valdagno.
1) Frittelle magre di erbe amare
Prendere una scodella e mezza di farina bianca, un bicchiere di vino bianco, 60 grammi di olio di oliva, acqua sufficiente a impastare la farina, un poco di zafferano, 100 grammi di uva passa, un pugno di erba amara (erba maresima, o Chrysanthemum parthenium, tritata minutamente. Incorporare ogni cosa assieme e mescolare bene. In una padella con abbondante olio bollente, gettare le frittelle ottenute con una cucchiaiata di impasto. Una volta ben cotte coprirle o di miele o di zucchero.
E' la cosiddetta "peverina" delle sagre venete, una ciambella piccante che invoglia a bere vino generoso. Con l'aggiunta del cumino è confezionata anche nel Tirolo.
2) Ciambelle di latte e zucchero
Prendere 500 grammi di farina bianca, 2 bicchieri di latte, 200 grammi di zucchero, 6 uova, 150 grammi di burro, sale. Mescolare il tutto molto bene. Formare con questo impasto abbastanza consistente delle ciambelline, della grandezza che vorrete, e lasciarle riposare per 2 ore. Far bollire dell'acqua e gettarvi a cuocere le ciambelle. Come verranno in superficie, togliere dall'acqua bollente e porle in acqua fredda. Metterle a cuocere in forno, non troppo caldo, fino a biscottare le chiare. Nell'impasto, si possono aggiungere semi di anice, oppure pepe macinato fino.
3) Riso alla turchesca
Prendere 450 grammi di riso bello bianco, metterlo in una pentola con mezzo litro di latte grasso, 150 grammi di zucchero 150 grammi di burro fresco, sale, acqua di rosa e far cuocere a fuoco lento per 40 minuti. Unire due tuorli d'uovo mescolando bene. Ritirare dal fuoco e mettere in uno stampo a ciambella debitamente unto. Porre in forno caldo a brustolare leggermente. Coprire di zucchero, cannella, servire caldo, oppure anche tiepido o freddo.
Tutti i diversi dolci popolari a base di pane, come il "maccafame", l' "onto bisonto", la "torta nicolotta", ed altri, pur con qualche variante aggiuntiva, provengono da questa antica ricetta.
4) Torta di pane
Prendere 4 pani, biscottarli bianchi e grattugiarli, porli ad ammorbidire in buon brodo. Separatamente, sciogliere 150 grammi di burro, 150 grammi di miele, facendoli billire assieme. Versare questo composto sul pane ammorbidito, lasciare raffreddare e passare al setaccio. Aggiungere zucchero, 150 grammi di ricotta sfusa, cannella, poco pepe, tre uova. Incorporare mescolando molto bene. Porre il composto sul fondo di una pentola, e stendere del burro ben fuso su tutto lo strato. Completare con l'impasto. Porre a cuocere in forno o sul fuoco. Poco prima di estrarre, cospargere ancora di zucchero. Terminare la cottura. Consumare bollente, tiepido o freddo.
La diffusione delle minestre d'orzo caratterizza la cucina mitteleuropea fino ai nostri giorni.
5) Minestra d'orzo passato
Prendere dell'orzo pilato, farlo cuocere in brodo grasso fino a che sia ben tenero. Metà dell'orzo bollito, passarlo al setaccio. Preparare un petto o due di cappone bollito e ben pestato nel mortaio. Unire il tutto assieme aggiungendo zucchero, spezie, erbe aromatiche, acqua di rosa, cuocere mescolando. Servire nelle terrine su fette di pane fritto nel grasso (olio, burro o strutto).
6) Pastello sfogliato
Con circa 500 grammi di farina bianca, sei tuorli d'uovo, 60 grammi di zucchero, 90 grammi di burro fuso, un bicchierino di acqua di rosa, fare un impasto ben amalgamato. Tirarlo sottile con le mani e tagliarlo con la rotellina dentata in tondo. Ripetere l'operazione con il resto dell'impasto, per sei volte, così da ottenere sei sfoglie tonde. Porre in una padella una sfoglia un po’ più grande della padella, ungerla, cospargerla di zucchero e cannella e poi aggiungervi sopra un'altra sfoglia. Da due piccioni, arrostiti ben lardellati, disossati, prendere la carne resa minuta e formare uno strato sopra la sfoglia. Cospargere leggermente ancora di zucchero e cannella. Dopo aver posto le quattro sfoglie in una padella una sull'altra e averle ricoperte una da una di formaggio grasso in fettine sottili, cospargere ancora leggermente di zucchero e cannella e grasso per cuocere. Porre nel forno e come sarà quasi cotto, estrarre il pastello, fare un buco nella parte superiore, introducendo 90 grammi di mandorle schiacciate impastate con due tuorli d'uovo e qualche goccia di agresto. Riporre nel forno, dopo aver coperto il buco con la crosta tolta, e cucinare per almeno altri 15 minuti.
E dal '600 un assaggio di:
Lasagne ai formaggi e cannella
Ingredienti: 3 uova, farina e acqua, 50 grammi di parmigiano grattugiato, 50 grammi di provolone dolce a fettine, una mozzarella di 100 grammi a fette, 50 grammi di caciocavallo piccante stagionato, 75 grammi di burro, 1 cucchiaio di zucchero mescolato ad un pizzico di cannella.
Lavorare la pasta e tagliarla a pezzi di 4 dita per lato, farla cuocere al dente in acqua salata e stenderla su una tovaglia perché asciughi, ma non completamente. In una teglia da forno unta di burro disporre un primo strato con fiocchi di burro e un poco di zucchero e cannella. Continuare fino ad esaurimento; sull'ultimo strato di pasta piccoli pezzetti di burro. Cuocere fino a gratinatura leggera.
Oca al coppo
Ingredienti: Un'oca, 150 grammi di pancetta o prosciutto grasso a fette, 1 mazzetto di erbe odorose, sale, pepe, noce moscata, 3 chiodi di garofano, zafferano, 500 grammi di farina, poco olio.
Impastare la farina col sale e poca acqua, ottenendo un'impasto molto duro. Ungere uno stampo e foderarlo con quasi tutto l'impasto e le erbe. Tagliare l'oca in tanti pezzi, eliminando testa, collo, zampe e pelle. mescolare le spezie e lo zafferano in un piatto e passarci i pezzi d'oca. Fasciare ogni pezzo con il prosciutto e collocarli uno accanto all'altro e poi sopra nella scatola di pasta, cospargendo il tutto con le spezie avanzate ed i 3 chiodi di garofano. Coprire con la pasta e cuocere in forno finché l'involucro esterno non diventi duro, le erbe odorose possono essere sostituite con fette di arancio e limone.
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