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Vini dal centro sud

Incursioni in Puglia (Prima parte)

di Ugo Baldassarre

MappaArticolo georeferenziato

La Puglia del vino nell’immaginario comune è il grande serbatoio di vino dell’italica landa del Sud, con le vigne assolate ricolme di alberelli a frutto, i vini scuri e spessi traboccanti dai calici. E la Puglia, nell’economia del vino, per molti, per troppi ancora rappresenta la regione dai tanti zero e dalle rare etichette di qualità, in ogni caso inadatta a rappresentare il prodotto di punta nazionale, a riassumere le caratteristiche del vino del Belpaese. Eppure, ai consumatori distratti o casuali del vino pugliese basterebbe dare uno sguardo alle statistiche, che parlano di un trend in continua crescita di esportazioni del vino pugliese proprio verso quei Paesi d’Oriente e ancor più d’Oltralpe – primo fra tutti la Germania – che si sono ormai attestati come consumatori abituali di qualità, come intenditori sicuri del buon vino made in Italy. Sarebbe ora che anche il mercato interno presti più attenzione, che nelle carte dei vini dei ristoranti ci possa essere uno spazio adeguato per le bottiglie di questa regione, peraltro con tutto il vantaggio che può conseguirne grazie all’ampiezza della gamma in offerta, alla duttilità negli abbinamenti che il vino pugliese sa avere.

Oppure, al consumatore distratto basterebbe fare una capatina, una volta l’anno, nello stand della regione al Vinitaly, come non tralascio di fare io, per imbattersi in un mondo di gusti e profumi di rara eccellenza. Quale occasione migliore per poter testare lo stato di salute del vino pugliese, a partire dalle novità sulla lavorazione dei cosiddetti vitigni minori, una strada oramai intrapresa da molti, o per mettere a confronto le diverse scelte nell’elaborazione del rosato, un segmento in cui la Puglia detiene il primato assoluto, e non solo per la quantità, che oramai si attesta sul 40 per cento dell’intera produzione nazionale, ma soprattutto per l’invidiabile qualità raggiunta. In estrema sintesi una regione – ed anzi, tre regioni in una, la Daunia, le Murge e il Salento – incredibilmente vocata per la viticoltura in senso ampio, una terra in cui ogni lembo può prestarsi a realizzare perfette simbiosi naturali tra terroir e vitigno, sia esso autoctono che internazionale.


Azienda Vinicola Apollonio

Alla quarta generazione, è un’azienda che riesce a coniugare mirabilmente i numeri – oggi si attesta sul milione e mezzo di bottiglie – alla qualità assoluta, raggiungendo veri picchi di eccellenza in alcuni prodotti della propria linea d’elite. Qui non si perde mai di vista ogni aspetto basilare della moderna enologia, a partire dal rispetto del territorio e della sua vocazione naturale, dalla cura in vigna, alla selezione su pianta, all’uso dei materiali migliori e delle tecnologie più moderne, alla sperimentazione ed alla ricerca continue. Voglio iniziare citando il lavoro svolto con il Susumaniello, il vitigno minore generalmente utilizzato come complementare, prodotto in questo caso in purezza dall’azienda nella Igt Salento 2011. I vigneti a spalliera sono giovani, di 5/6 anni, siamo ai primi lavori e il vino risente di questa gioventù. Al buon impatto olfattivo, con frutta giovane e sentori minerali, fanno seguito alla beva acidità e sapidità a gogò, cui però non corrispondono alcol e struttura. La franchezza del frutto e la discreta tensione fanno pensare ad un vino sicuramente migliorabile, anche se di pronta beva. Il Copertino Doc 2007 è prodotto con base Negroamaro al 70%, Montepulciano al 20% e Malvasia 10%.

Il vino proviene da un discreto invecchiamento, 8 mesi in barriques, 6 mesi in botte grande più un lungo affinamento in bottiglia, è essenzialmente fruttato l’olfatto, con molti frutti di bosco, confettura di amarene. In bocca è compatto, quasi verticale, ma ben sorretto dalla forte spinta acida, caldo e di buona persistenza. Il Valle Cupa Igt Salento 2007 è caratterizzato dall’uvaggio paritario di Negroamaro e Primitivo. Solita coltivazione ad alberello, ma con vendemmia tardiva e lunga macerazione delle bucce, spinta fino a 35 giorni; lavorazione separata dei vitigni, con il Primitivo nei legni americani ed il Negroamaro a maturare nelle barriques rosa francesi. In tutto 24 mesi di legno piccolo, poi ancora 6 mesi nei grandi tini e 6 mesi in bottiglia. Il colore vira ad un granato intenso con ampia unghia aranciata; un affascinante gioco di lacrime ed archetti fa presumere una spiccata morbidezza.

In bocca il contrasto tra le note morbide, caratterizzate da notevole potenza e grassezza, l’acidità e le note tanniche sta a sottolineare un equilibrio non comune; la grande materia è compensata da note tostate e balsamiche, fine ed eleganti. Nel finale, potente dolce e suadente, il Primitivo recita tutta la sua parte. Con il Divoto 2004, Riserva di Copertino Doc, Apollonio sceglie di prolungare l’invecchiamento di ulteriori due anni senza Malvasia in uvaggio. Il risultato è un’eccellente combinazione della forza tannica del Negroamaro con l’espressività degli antociani del Montepulciano. Il ventaglio di aromi è amplissimo e i profumi sono sontuosi, dalla mora selvaggia al mirtillo, dalla quercia al carrubo, alla liquirizia, alle spezie, alla china e balsamo d’henné. La bocca è grassa, potente ma anche acida e sapida, i tannini dolci e croccanti. Anche se bevuto per primo, da ultimo, e contro ogni logica di successione, voglio raccontare quello che ritengo il vino aziendale più riuscito: il 18 Fanali Igt Salento 2010. Questo rosato rappresenta l’ennesima conferma, se mai ce ne fosse ancora bisogno, dell’attitudine naturale del Negroamaro per la vinificazione in rosa.

Dopo la macerazione di 10-12 ore delle bucce, la variante, in questo caso, è rappresentate dall’uso del legno, le barriques d’acacia in cui il vino viene riposto dopo 7 giorni dall’inizio della fermentazione, in cui viene sottoposto a batonnage e dove resterà ancora per circa 1 anno. La massa viene quindi ricomposta in grandi tini, per finire segue un affinamento di 6 mesi in bottiglia. Il risultato è un vino dal colore buccia di cipolla, dal corredo aromatico tipico di fragoline di bosco, ciliegie e petali di rosa appassita, arricchito da note dolci tostate e di burro fragrante. In bocca la tensione gustativa è altissima, tornano gustosi sapori di frutta carnosa, le note salmastre si rincorrono con quelle morbide, in grande armonia. Con questi tannini delicati, vellutati ma al tempo stesso vivi e presenti, anche il finale, in cui quasi per gioco si contrappongono o si ricompongono il dolce e l’amaro, è di rara persistenza e piacevolezza. Una curiosità: il nome di fantasia di questo rosato prodotto in soli 5mila esemplari, 18 Fanali, come forse è intuibile dall’etichetta, viene dai 18 lampioni storici del paese leccese di S. Pietro in Lama, in cui ha sede l’azienda.


Azienda Vinicola Polvanera

La sede aziendale è a Gioia del Colle, come dire il blocco di partenza della Murgia barese da cui il Primitivo ha tratto le proprie origini per poi diffondersi anche nel tarantino. Ed è quindi consequenziale che il Primitivo rappresenti per l'azienda un motivo di vanto, oltre che la parte più cospicua delle 200mila bottiglie prodotte. Ma, prima di analizzare i campioni di Primitivo degustati, voglio soffermarmi sul Minutolo Igt Puglia 2011, una delle migliori espressioni dell'aromatico autoctono pugliese, recentemente tornato sugli scudi grazie a Lino Carparelli e al suo Rampone, mirabile lavoro de I Pastini. La bottiglia di Polvanera ha un'eleganza fuori dal comune, il bagaglio aromatico eccelle per l'ampiezza dei profumi, con tutti i marcatori delle uve imparentate al Moscato, cui si uniscono riconoscimenti di fieno verde, foglia di pomodoro e quel qualcosa in più che lo fa somigliare anche ad un Sauvignon Blanc...In bocca è un'esplosione di sensazioni gustative, grande materia, in continua tensione; il contrasto naturale tra le note dolci, morbide e suadenti, con quelle sapide e acide crea un gran movimento.

Non vi sono tuttavia salti o vuoti di beva e l'equilibrio trova una naturale chiusura nelle lunghissime sensazioni retrolfattive, nel finale caldo e avvolgente. Circa la linea di produzione del Primitivo, realizzato nella Doc Gioia del Colle, Polvanera ha operato la scelta di dare alle proprie etichette non un nome ma una cifra che possa richiamare immediatamente il grado alcolico del vino: cominciamo quindi dal...meno caldo, il “14”, annata 2009. Il vino proviene dai vigneti dell'areale più interno di Contrada Marchesana, con suoli per lo più sabbiosi e scarichi, lavorati a cordone speronato e senza irrigazione di soccorso. Lavorazione relativamente breve – se paragonata agli altri vini aziendali da Primitivo -, con 15 giorni di macerazione sulle bucce, 12 mesi in acciaio e affinamento di 6 mesi in bottiglia. Aspetto olfattivo sorprendente, con tante variazioni sul tema dei frutti di bosco cui si uniscono intriganti note minerali e vegetali, anche di menta e di salvia. Carico e gustoso alla bocca, con buona distribuzione delle note fresche e di quelle più dolci e calde; retrogusto decisamente in linea con la natura del vino, bel ritorno del frutto e dell'alcol. Il “16” proviene da un altro vigneto, Contrada San Benedetto, più vicino al mare, allevato con vecchi alberelli. Si presenta subito con grande impatto al naso: frutti di rovo maturi e carnosi, more soprattutto, si accompagnano ad aspetti terrosi e vegetali, corteccia d'acacia, menta e foglie di salvia.

In bocca, seppur grasso e caldo, ha buona acidità e grande pulizia, coerente nel riproporre il frutto in fin di beva, elegante e potente al tempo stesso. Nel “17”, Doc Gioia del Colle Primitivo 2007, il titolo alcolometrico in realtà non supera i sedici gradi e mezzo ma Filippo Cassano, il patron aziendale, tiene a porre in bella evidenza la cifra in etichetta, vuoi per incuriosire, vuoi per sottolineare la naturale esplosività del Primitivo. Il 17 proviene dal vigneto di Montevella, coltivato con il classico sistema ad alberelli, ma di oltre 60 anni d'età. In questo caso le macerazioni vengono spinte oltre le 4 settimane e l'invecchiamento, anzi l'affinamento, dal momento che l'azienda non adopera legno, tra acciaio e bottiglia arriva fino ai 3 anni. Impressionante il movimento di questo calice rosso puprureo, sembra quasi quello di un vino passito o liquoroso. Nel bouquet la spinta eterea, seppur di tutta evidenza, non sovrasta gli aromi di frutti di bosco, la confettura di prugna, le belle note vegetali di radici di liquirizia e corteccia di china, i sentori caldi balsamici, le diffuse note minerali. Alla bocca le note dolci si ricompongono piacevolmente con quelle fresche che sorreggono ancora egregiamente il sorso, sorprendentemente piacevole e snello. Grande persistenza del frutto e dell'alcol nel fin di beva.


Pirro Varone

Siamo a Manduria, la patria del Primitivo dolce naturale, ma l'azienda non tralascia di riservare attenzione per Il Negroamaro, per il Minutolo ed anche per altri antichi vitigni. Nella gamma aziendale non manca, ovviamente, neanche il rosato, anzi ben due rosati, uno in versione ferma ed uno frizzante. Il primo, dal nome Scirocco per rimarcare il tipico refolo caldo estivo della zona, si presenta con un bell'abito cerasuolo particolarmente luminoso, aroma tipico-varietale di rosa canina e ciliegie mature, ha ingresso dolce, buona sapidità discreta tensione e retrogusto piacevolmente amaricante. Il secondo, Artù, si presenta invece nell'insolita veste buccia di cipolla, aromi minerali e floreali, e restituisce al gusto notevole sensazione di pungenza, ed infatti la conseguente salivazione ci conferma tutte le tre atmosfere di sovrappressione; la buona struttura e l'ottima pulizia di fondo caratterizzano questo sorso rosa. Le Vigne Rare – Fiano Minutolo Igt Salento 2011 rappresenta un'inconsueta interpretazione del bianco vitigno pugliese.

L'uva, colta con sensibile anticipo sulla piena maturazione, da un lato ha conservato una grande vena acida assumendo molto poco, dall'altro, il solito corredo fortemente aromatico caratteristico del Minutolo. Particolarmente minerale al naso, alla bocca è prevalentemente fresco e salino, con delicate sensazioni gustative di mela verde e oliva salmastra. Il Pirro Varone Primitivo Doc Manduria 2008 rappresenta la versione aziendale del potente vitigno pugliese: dal colore rosso cupo, ha sentori di amarene mature e confetture di more, con belle sfumature vegetali improntate a profumi di tamarindo e bacche di ginepro. Al gusto te l'aspetteresti più muscoloso, mentre invece si mostra lineare e persistente con il suo frutto maturo e i tannini ben levigati, di buon equilibrio e con ottimo controllo dell'alcol, ben distribuito per tutto il finale. Due le versioni di vini dolci naturali proposte dall'azienda, entrambe etichettate con il termine Tocy, un'anglicizzazione del vernacolare 'ddoce. Il Tocy bianco è ottenuto dalla vinificazione del Fiano Minutolo, lavorato con vendemmia tardiva protratta fino a 20 giorni: qui i caratteri varietali sono ben presenti, con richiami al muschio ed al fieno, ma anche agli agrumi dolci, pompelmo rosa e fiori d'arancio.

Ottima l'acidità alla bocca, caratterizzata da buona struttura e da coerenza nello sviluppo del gusto, senza salti di beva, bel ritorno di agrumi e frutta secca. Il Tocy rosso, Primitivo dolce naturale, anch'esso segnato da un residuo zuccherino di 4 gradi alcol, è sicuramente tra le migliori espressioni della nuova Docg. Dal colore rubino scuro, si presenta all'olfatto con intensi profumi di viola, di mirtillo e frutta candita. Alla bocca non è mai monotematico o banale – aspetti pur frequenti, nella tipologia – ma anzi ha anche buona freschezza e sapidità. Il sorso è carnoso, opulento, i tanni vellutati ed il finale lunghissimo e potente.


Masseria Li Veli

Una bella, giovane e moderna realtà aziendale, capitanata dall’esperta equipe della famiglia Falvo, attuale proprietaria del marchio Avignonesi, che con la sua produzione pugliese mette in mostra tutta la sua attitudine alla ricerca ed alla sperimentazione, coniugate attentamente con la tradizione e il rispetto del territorio. La linea Askos sta proprio ad indicare la ricerca effettuata con i vitigni autoctoni e ’Igt Valle d’Itria Askos Verdeca 2011 trae le uve dall’omonima zona , posta più a nord della sede aziendale di Cellino San Marco, dove probabilmente i bianchi esprimono maggior freschezza e vivacità. L’uvaggio è arricchito da una piccola percentuale di Minutolo, che sicuramente recita la sua parte all’olfatto, in cui prevalgono sentori floreali eleganti, fiori di acacia e zagare. Alla degustazione il vino è snello e assai fresco, agile nello sviluppo del gusto, soprattutto fruttato e con qualche lieve nota minerale. Con il Susumaniello Askos Igt Salento 2010 Li Veli mette in produzione per il secondo anno il piccolo autoctono in purezza. Grazie alle caratteristiche morfologiche dell’acino del vitigno, dagli acini piccoli e spargoli dotati di spessa buccia, l’ideale è assecondare la sua naturale vocazione lasciandolo maturare più a lungo sulla pianta, fino alla seconda settimana di ottobre.

Molto interessante il sistema di allevamento degli alberelli “a settonce”, che può garantire un grande sfruttamento del terreno da parte dell’apparato radicale della pianta, unitamente all’ottimale esposizione al sole ed il miglior deflusso possibile delle correnti d’aria. A giudicare dall’esame gustativo, che racconta di un vino profumato e lievemente sapido, dal sorso equamente bilanciato tra frutto dolce e delicati tannini, il lavoro svolto dall’azienda, con maturazione di 8 mesi in barriques scariche, rappresenta un gran bell’esempio dell’autoctono pugliese. Il Montecoco Igt Salento 2010 rappresenta la selezione aziendale di Primitivo, prodotto in sole 13mila bottiglie. Si presenta con un ampio bagaglio olfattivo, pregno di note dolci di frutta rossa di sottobosco, aromi vegetali di felce e terra bagnata, cuoio e spezie. Alla beva sorprende la discrezione, l’assenza di quegli aspetti “irruenti” spesso frequenti nel Primitivo. L’ingresso è delicato, quasi in sordina; si sviluppa sensibilmente durante la beva e solo nel finale è caldo e di grande persistenza. L’Igt Salento 2008 segnato in etichetta con l’acronimo MLV, incarna una delle migliori rappresentazioni di uvaggio tra vitigno autctono, nella fattispecie il Negroamaro al 60%, e l’internazionale Cabernet Sauvignon per il restante quaranta.

Le note varietali dei vitigni, allevati entrambe col sistema dell’alberello a settonce, si fondono e si sommano in un armonico ampio bouquet aromatico, arricchito ancor più dai segni dei 18 mesi trascorsi in barriques: vaniglia, spezie e tabacco assieme a sfumature balsamiche, frutti di rovo e liquirizia. Struttura imponente e grande tensione al gusto, solcato da tannini dolci e croccanti. Di grandissimo interesse, seppur da rivedere sotto certi aspetti, il MLV Aleatico Passito Igt Salento 2007, prodotto in pochissimi esemplari ma ancora non commercializzato, praticamente ancora in piena fase di sperimentazione. Il lunghissimo lavoro sulle uve prevede una procedura di appassimento complessa, in cui la maggior parte delle uve viene portata in celle termoregolate, per una settimana a 15 gradi e poi per altre 6 settimane a 11 gradi, mentre la parte restante viene lasciata appassire al sole. Segue la diraspatura, compiuta rigorosamente a mano, e la fermentazione, ossidativa, in tonneaux privi di copertura, per almeno 25 giorni. A fine fermentazione segue la pigiatura, a mano, in sacchi di iuta; il vino sgrondato naturalmente viene quindi lasciato a maturare in cigars, carati della capacità di mezza barrique, circa 112 litri.

Tutto questo lavoro ha davvero dell’incredibile, soprattutto se si pensa alla materia prima, ad un vitigno come l’Aleatico che sembrerebbe non richiedere tante attenzioni, che quasi ha un’intrinseca vocazione naturale all’appassimento. Eppure, il risultato è stupefacente, ci troviamo al cospetto di un vino che all’approccio visivo neanche sembra esser vino: il color ambra scurissimo vira al caramello con unghia color prugna cotta-arancio, il reticolo disegnato sui bordi del bicchiere sembra quello di un elisir di erbe o di liquore nocino. Affascinante, anzi ammaliante, delizioso, quel che esce dal calice…! Questo vino è un susseguirsi di sfumature ossidative e note calde ed eteree, è una fusione elegante di spezie, come coriandolo e cannella, con frutta secca, albicocca fichi secchi e mandorle dolci; perfetto è l’intreccio tra uva passa, miele e balsamo d’ambra. Gli aspetti da rivedere, invece, concernono il gusto, imbavagliato dalla nota dolce, un po’ appiattito sia per assenza di spinta acida sia per carenza di un sufficiente sostegno dell’alcol.


Vetrere

La sede aziendale è a Montemesola, giusto alle spalle di Taranto, un po’ più a sud della Murgia tarantina, ma anche più a nord del Salento, geograficamente parlando. Qui, dove il clima oscilla tra miti inverni ed estate calde e assolate e dove la terra sembrerebbe destinata più ad altre colture che non alla vite, le sorelle Annamaria e Francesca Bruni, dopo anni di assenza sono volute tornare per ristrutturare l’azienda di famiglia e piantare nuovamente la vite. E la loro tenacia, una passione più forte del comune sentire, perché tipicamente al femminile, oggi sta dando risultati davvero incoraggianti. A cominciare dal Laureato, un Igt Salento bianco, interessante uvaggio di Chardonnay al 70 %, con Malvasia e Fiano Minutolo. Lo Chardonnay, fermentato separatamente in legno, conferisce al vino note ammiccanti, di pera williams matura, vaniglia e frutta candita, ma anche sentori freschi erbacei e floreali. All’assaggio ha buona acidità e presenta anche una piacevole nota salmastra; il fin di beva è molto profumato e sorprendentemente caldo. Crè, Igt Salento 2011, la vendemmia tardiva di Fiano Minutolo rappresenta l’ennesima conferma delle tante diverse sfaccettature che il vitigno aromatico è capace di assumere. Nulla dei tanti sentori muschiati e speziati che ho avuto modo di provare negli altri Minutolo, qui prevale la banana candita, la salvia e il fiore di vaniglia.

Con grande coerenza alla beva, dalla trama fitta e generosa, c’è un bel ritorno di frutta gialla carnosa; il finale, piacevolmente amaricante, è compatto e ben composto, con buona distribuzione della nota alcolica. L’Igt Salento 2011 Taranta, dal nome suggestivo dell’antica pizzica leccese, come la danza è allegro e ritmato, sin dal colore cerasuolo vivido e luminoso. Ottenuto dal classico uvaggio di Negroamaro all’80 % con la Malvasia Nera a far da complemento, ha spiccati sentori floreali di petali di rosa canina, con dolci sfumature di ciliegia matura. L’assaggio è prevalentemente fresco e sapido, sorretto da una buona e spessa trama, equilibrata anche dalla presenza di piacevoli note morbide. Il Barone Pazzo 2011, il Primitivo aziendale prodotto nella Igt Salento – Montemesola si trova a nord dall’areale della Doc manduriana – è una nuova prova delle potenzialità del vitigno autoctono non solo in chiave “forza o potenza”, ma anzi nell’ottica di una ricomposizione elegante dell’alcol e degli estratti. Ed infatti questo vino rubino scuro e dagli aromi di ciliegia e prugna matura, vagamente eterei, alla beva è dotato di un’agilità insospettata, con fresca presenza di tutte le note dure ben distribuite a sostegno di un sorso decisamente caldo e morbido; sul finire si riaffacciano anche i tannini, ben distribuiti e levigati.

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Ugo Baldassarre

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Napoletano, 48 anni nel 2007, studi scientifici prima, di giurisprudenza poi. Il lavoro, ormai quasi trentennale, di funzionario amministrativo e...

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